I dati sul consumo globale di energia mostrano una tendenza alla sommatoria di fonti di energia primaria, ma anche una parziale sostituzione tra le diverse fonti. Quali implicazioni per la transizione energetica? In un mondo in cui si vanno sommando fonti energetiche, la geopolitica dell’energia risulta molto più complessa di quella legata unicamente agli idrocarburi.
“Una delle caratteristiche comuni di queste transizioni energetiche è quella di aver riprodotto uno schema additivo in cui nuove fonti primarie si aggiungono a quelle già esistenti, senza sostituirle”. Lo sostengono Christian De Perthuis e Boris Solier (Chaire Économie du Climat) in uno studio storico sulle passate transizioni energetiche.
I dati sul consumo globale di energia mostrano come questi siano passati da 9.256 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (mil. tep) a 13.511 mil. tep tra il 2000 e il 2017. Se la tendenza dominante riflette la sommatoria di fonti di energia primaria, si osserva invero anche una parziale sostituzione tra le diverse fonti.
Il processo di parziale sostituzione si osserva in termini relativi; la tendenza all’addizione invece in termini assoluti
Quest’ultima è ben osservabile in termini relativi. Il petrolio, che alla vigilia della prima crisi petrolifera rappresentava quasi il 50% dei consumi primari di energia, si è attestato infatti su circa il 34% nel 2017. Tale tendenza è stata parzialmente compensata dall’aumento della quota del gas naturale (23,36% nel 2017 rispetto a 17,2 % nel 1973), energie rinnovabili (3,6% nel 2017 rispetto allo 0,13% nel 1973) e nucleare (4,4% nel 2017 rispetto allo 0,8% nel 1973).
La tendenza all’addizione delle fonti energetiche è invece evidente in termini assoluti. Tutte le fonti di energia primaria hanno infatti registrato un forte aumento:
– petrolio: +102%
– gas naturale: +276%
– carbone: +154%
– nucleare: +3.269%
– energia idroelettrica: +246%
– energie rinnovabili: +8.293%

Quali implicazioni per la transizione energetica? La questione è affrontata in un articolo pubblicato su Energia 2.19 dai ricercatori Emmanuel Hache, Samuel Carcanague, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën:
“Questa dinamica si riflette sulla comprensione delle questioni geopolitiche sollevate dalla transizione energetica. Di fatto, in un mondo in cui si vanno sommando fonti energetiche, anche le questioni correlate dovrebbero sommarsi e reagire l’una con l’altra per formare una geopolitica dell’energia molto più complessa di quella legata unicamente agli idrocarburi (Fig. 7).”
In un mondo in cui si vanno sommando fonti energetiche, la geopolitica dell’energia risulta molto più complessa di quella legata unicamente agli idrocarburi
“Il campo di riflessione aperto dalla transizione energetica è quindi vasto e mette in discussione i nostri modelli di consumo e la nostra comprensione della tecnologia, in particolare per quanto riguarda la questione delle tecnologie cosiddette «low tech». Più in generale, viene messo in discussione il nostro modello di società, la nostra visione dello sviluppo e il modo in cui l’umanità si approccia alla lotta al cambiamento climatico.”
“All’interno di questo quadro globale, il dispiegamento delle FER crea più problemi geopolitici di quanti non ne risolva. La questione dei diritti di proprietà intellettuale sulle tecnologie low carbon e la concorrenza tra Stati, i modelli di diversificazione dei paesi produttori di petrolio, la sicurezza energetica, le nuove forme di dipendenza e come superarle (riciclo e miniere urbane) costituiscono parte del problema globale cui si deve far fronte.”

Il post è tratto dall’articolo Alcune questioni geopolitiche della transizione energetica (pp.14-20) scritto da Emmanuel Hache, Samuel Carcanague, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën e pubblicato su Energia 2.19
Emmanuel
Hache, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën sono ricercatori
presso IFP Energies Nouvelles
Samuel Carcanague è ricercatore presso
l’Institut de Relations Internationales et Stratégiques – IRIS
Foto: MaxPixels
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