Con una storica sentenza, la Corte Suprema ha imposto al governo dell’Olanda di ridurre entro fine anno le emissioni del 25% per contrastare i cambiamenti climatici. Al Paese, che rientra tra i più emissivi in Europa (quinto per emissioni pro capite di CO2 e con un quota da fonti rinnovabili di appena il 7%), serve una brusca accelerazione per centrare l’obiettivo.
La pronuncia dello scorso 20 dicembre 2019 segna la fine di una saga giudiziaria avviata nel 2013, quando la fondazione ambientalista Urgenda, in nome proprio e per conto di 886 cittadini olandesi, ha citato in giudizio il Governo nazionale per non aver adottato misure sufficienti a minimizzare gli effetti negativi prodotti dai cambiamenti climatici sulla salute dei cittadini.
Già nel 2015, la Corte Distrettuale dell’Aja si era pronunciata a favore della parte attrice, condannando l’esecutivo al taglio delle emissioni di gas serra. Nello stesso solco si era collocata la Corte d’Appello, che il 9 ottobre 2018 aveva confermato la decisione di primo grado, non lasciando al Governo altra via che il ricorso alla Corte Suprema.
Il governo non ha posto in essere tutte le tutele necessarie per proteggere i propri cittadini dagli effetti pericolosi del cambiamento climatico
L’8 gennaio 2019, infatti, il Climate Case approdava dinanzi alla Corte Suprema. In estrema sintesi, le doglianze del Governo circa l’asserita illegittimità delle sentenze di merito vertevano attorno all’impossibilità per un tribunale di ordinare all’esecutivo la riduzione delle emissioni, pena la sostituzione del potere giudiziario al potere esecutivo nel fissare gli obiettivi da perseguire attraverso politiche energetiche.
Nonostante l’asserito conflitto tra poteri, il decisum è stato favorevole alla fondazione.
Le motivazioni della Suprema Corte trovano la propria radice nei principi generali in tema di diritti umani, come positivizzati nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In particolare, la Corte richiama il diritto alla vita (articolo 2 CEDU) e il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8 CEDU) e ne fornisce un’interpretazione orientata al riconoscimento del diritto “a un ricorso effettivo”, sancito all’articolo 13 della CEDU (“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali”). Alla luce di tale principio, dunque, ogni ordinamento è obbligato a fornire un rimedio legale effettivo ed efficace contro ogni violazione, perpetrata o anche solo potenziale, dei diritti tutelati dalla CEDU. Pertanto, spetta al potere giudiziario fornire adeguata ed effettiva tutela legale.
In particolare, come si legge nelle argomentazione della Corte, il governo non ha posto in essere tutte le tutele necessarie per proteggere i propri cittadini dagli effetti pericolosi del cambiamento climatico, che “minacciano la loro vita e la loro salute”.
Il caso olandese potrebbe segnare un precedente storico
La sentenza sul Climate Case appare rivoluzionaria per due ragioni: oltre a confermare nel merito le ragioni dei ricorrenti, stabilisce il principio legale secondo cui ogni Governo ha l’obbligo di proteggere i propri cittadini dai rischi che derivano dai cambiamenti climatici e che, contrariamente a quanto sostenuto dall’esecutivo dell’Olanda, un tribunale ha autorità a pronunciarsi in materia.
Il caso olandese potrebbe segnare altresì un precedente storico. Dal 2015, infatti, sulla scia del Climate Case sono già state intraprese azioni giudiziali contro i governi nazionali in Belgio, Canada, Colombia, Germania, Irlanda, Francia, Nuova Zelanda e Svizzera. Inoltre, dieci famiglie europee, tra cui una italiana, hanno seguito l’esempio olandese citando in giudizio l’Unione europea, asseritamente poco ambiziosa nella definizione del target delle emissioni al 2030.
L’Olanda è tra i primi paesi europei per emissioni: 5° per emissioni pro capite di CO2 e con un quota da fonti rinnovabili di appena il 7%
Ai Paesi Bassi, dunque, resta a disposizione solo un anno per ridurre le emissioni di gas serra del 25% rispetto al 1990. Al momento, l’Olanda è tra i Paesi maggiormente emissivi d’Europa: è quinta per emissioni pro capite di CO2 e genera da fonti rinnovabili solo il 7% della propria energia.
Già prima della decisione della Corte Suprema, il governo aveva annunciato numerose iniziative per ridurre le emissioni inquinanti tra il 43% e il 49% entro il 2030 le emissioni. Tuttavia, la scadenza del 2020 rischia di essere troppo ravvicinata. Nel 2019, il taglio rispetto al 1990 è stato di appena il 15% e, secondo le stime dell’Ufficio di pianificazione ambientale (l’ente nazionale olandese per le politiche ambientali), nell’anno è verosimile una riduzione del 23%. Un passo avanti certamente notevole, tuttavia distante dall’obiettivo stabilito dalla Corte Suprema, per ottemperare al quale il Governo olandese potrebbe essere costretto a fermare le centrali elettriche a carbone aperte tra il 2015 e il 2016.
Lorenzo Parola è partner presso Herbert Smith Freehills
Vanessa Nobile è trainee presso Herbert Smith Freehills
Foto: Pixabay
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