Il potenziale delle fonti rinnovabili è in linea di massima inesauribile, ma nella pratica soggetto a disponibilità tecnologica e natura intermittente. Per il loro impiego sono necessari diversi elementi della Tavola Periodica, le cui riserve e distribuzione geografica hanno implicazioni – in primis geopolitiche ed economiche – non dissimili a quelle cui siamo già familiari nell’ambito delle fonti fossili.
Lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, si sente spesso dire, è potenzialmente inesauribile. “Il Sole irradia ogni anno sulla Terra una quantità di energia pari a circa 10.000 volte il consumo mondiale di energia primaria” si legge nelle prime righe della voce tecnologie fotovoltaiche della Treccani. Un’affermazione veritiera, ma che rischia di portare a conclusioni affrettate se non opportunamente contestualizzata.
Fonti rinnovabili come sole, vento, biomasse, geotermia, moto ondoso, idroelettrico, offrono un potenziale che è sì, in linea di massima, inesauribile, ma nella pratica è fortemente limitato da due fattori: disponibilità tecnologica e natura intermittente che, nel caso delle due fonti principali (sole e vento), non consente una generazione elettrica costante e programmata come avviene invece con le fonti fossili. Per superare questa difficoltà sono necessari accumuli importanti sia di natura idroelettrica (impianti di pompaggio) che elettrochimica (batterie). Ovvero, altra tecnologia.
Se le fonti rinnovabili sono potenzialmente inesauribili, lo stesso non può dirsi degli elementi necessari al loro sfruttamento
Quando si parla di limiti delle rinnovabili non si parla quindi del loro potenziale energetico, ma, tra le altre cose, dello stato di avanzamento tecnologico e della disponibilità degli elementi necessari al loro impiego, che ritroviamo nella famosa Tavola Periodica, che riproponiamo qui sotto in due versioni.
Nella prima tavola sono riportati sia gli elementi di origine minerale che i gas rari (quali Xeno, Neon, Argon, Kripton) utilizzati in relazione alle tecnologie energetiche: batterie, efficienza energetica, pile a combustibile, generazione e trasporto di energia elettrica, industria nucleare, fotovoltaico, TAV, veicoli elettrici, eolico, illuminazione, superconduttori. Nella seconda tavola si riporta invece il tasso di riciclaggio degli stessi in base al loro “ciclo di vita”: estrazione, trattamento, produzione, trasformazione, fabbricazione, riciclaggio e eliminazione.
Se le fonti rinnovabili sono potenzialmente inesauribili, lo stesso non può dirsi degli elementi necessari al loro sfruttamento, le cui riserve e distribuzione geografica hanno implicazioni non dissimili a quelle cui siamo già familiari nell’ambito delle fonti fossili.
Vale la pena ricordare che:
- Le riserve mondiali di carbone ammontano oggi a 1,1 trilioni di tonnellate; sono concentrate per il 74% in 5 paesi (USA, Russia, Australia, Cina e India); secondo il rapporto tra riserve e consumo, ai livelli correnti di impiego (generazione elettrica, acciaio e altri scopi) possono durare altri 132 anni (Fonte World Coal Association).
- Il petrolio può durare altri 50 anni mentre il gas naturale 52 (Fonte Oil&Gas Review ENI, 2018), sebbene vada osservato come il primo tenda a divenire sempre più marginale nella generazione elettrica.
- Tra le fonti fossili annoveriamo anche il nucleare, la cui generazione elettrica non provoca emissioni di CO2. L’uranio ha una produzione che nel 2014 ammontava a 56.300 tonnellate e risorse accertate per 5,4 milioni di tonnellate che portano a un tasso rimanente di consumo di circa 104 anni (Fonte WEC 2018).
Anche nell’ambito della Nuova Transizione Energetica è opportuno calcolare la durata di vita delle riserve redditizie dei principali metalli necessari per realizzare la transizione energetica e l’evoluzione della loro produzione primaria a livello mondiale. Senza trascurare che la sola attività di estrazione e raffinazione dei metalli copre di per sé circa il 10% del totale dei consumi mondiali di energia.
Come osservabile dalle due figure, gli elementi necessari alla Nuova Transizione Energetica sono numerosi e riportano durate di vita molto diverse tra loro. Criticità emergono per molte tipologie di metalli, ma allo stato dell’arte le maggiori sono ascrivibili alle cosiddette “terre rare”, nome col quale si designa un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica comprendente la serie dei Lantanoidi, lo scandio e l’ittrio.
La loro nomenclatura non deve trarre in inganno: le terre rare sono relativamente abbondanti nella crosta terrestre e si trovano mescolati a metalli abbondanti, ma in proporzioni spesso esigue. La loro estrazione da notevoli quantità di roccia richiede l’applicazione di processi chimici di raffinazione non immuni da impatti ecologici devastanti. Non è un caso che non si citano mai i siti dove avvengono le produzioni di questi minerali, che pagano un duro contributo in termini di inquinamento e mortalità, come ben riportato nel recente libro di Guillaume Pitron, La guerra dei metalli rari. Il lato oscuro della transizione energetica e digitale.
Basti pensare che occorre purificare:
- 8,5 tonnellate di roccia per produrre 1 kg. di vanadio
- 16 tonn. per 1 kg. di cerio
- 50 tonn. per 1 kg. di gallio
- ben 200 tonn. per 1 kg. di lutezio.
Quel che non può non tradursi in costi elevati: un kg. di gallio quota circa 150 dollari mentre 1 kg di germanio 1500 dollari (a fronte di appena 1 centesimo di dollaro per un kg. di ferro).
Va sottolineato come alcuni di questi elementi (neodimio, praseodimio, disprosio e terbio) per le proprietà chimico fisiche sono indispensabili per i magneti permanenti che trovano largo impiego nei motori elettrici sia delle pale eoliche che delle automobili elettriche e i cui tassi di crescita sono rilevanti in tutti gli scenari ipotizzati per la transizione.
Anche la Nuova Transizione Energetica non sarà esente da implicazioni rilevanti sul fronte della geopolitica dell’energia
Anche lo sviluppo di impianti di trasmissione in corrente continua in Alta Tensione – necessari per collegare bacini di produzione rinnovabile a centri di consumo lontani – e a Media Tensione – per interconnettere aree marine di generazione eolica tra loro e con la terraferma – non faranno che incrementarne la loro criticità.
La tabella che segue, tratta da Critical Materials Strategy del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, riporta in sintesi dove le terre rare trovano impiego e nelle due matrici le criticità di fornitura a breve e medio termine e la loro importanza per la generazione di energia pulita.
Ne deriva che questa Nuova Transizione Energetica non sarà esente da implicazioni rilevanti sul fronte della geopolitica dell’energia. La produzione e le riserve di questi metalli rari sono possedute per il 36% dalla Cina, per il 18% in Brasile e in Vietnam, per il 15% in Russia, mentre il restante 12% è suddiviso tra USA, Australia, India, Canada, Sudafrica, Malesia e Tailandia.
Negli ultimi anni sono cresciute le pubblicazioni e le ricerche sulla criticità di questi materiali e sulla loro distribuzione nel territorio, specie negli Stati Uniti e in Cina, mentre la Francia ha definito per i metalli rari una propria strategia di utilizzo delle risorse del proprio sottosuolo per la transizione energetica francese che ha coinvolto l’Accademia delle Scienze e l’Accademia delle tecnologie francesi nel luglio 2018 (link in fondo al testo).
In conclusione, possiamo dire che mentre tra l’Antichità e il Rinascimento i minerali utilizzati erano 7 (oro, rame, piombo, argento, stagno, mercurio e ferro) e che progressivamente sono aumentati sino ad una ventina negli anni ’70, oggi l’umanità è arrivata a sfruttare la quasi totalità degli 86 metalli della Tavola Periodica.
Ciononostante per una transizione energetica priva di fossili questo sembrerebbe non bastare e richiederebbe un modello dinamico delle interazioni industria-materie prime-energia-economia-società-ambiente che riporti ad uno scenario ottimale per la cadenza della transizione energetica in funzione dei vincoli tecnico-economici e di approvvigionamento in materiali ed energia.
Esiste poi un altro fattore che dovrebbe essere tenuto in conto: l’innovazione e la ricerca e come questo influisca sulla transizione energetica, ma questo apre un altro capitolo che merita una ulteriore illustrazione.
Rapport commun de l’Académie des sciences et de l’Académie des technologies – Juillet 2018
Massimo Rebolini è presidente Consiglio Tecnico del CN CIGRE Italia
Sul tema transizione energetica e metalli leggi anche:
Transizione, investimenti e nuove dipendenze energetiche, di Alberto Clò, 29 Luglio 2019
La transizione porta verso una geopolitica dell’energia più complessa, di Redazione, 20 Giugno 2019
I metalli nelle nostre tasche, di Redazione, 3 Ottobre 2018
Dall’oro nero all’oro bianco, è caccia alle nuove risorse, di Redazione, 28 Giugno 2018
L’auto elettrica tira… anche i prezzi dei materiali, di Alberto Clò, 22 Gennaio 2018
I metalli critici per il successo dei veicoli elettrici, di Redazione, 2 Gennaio 2018
Foto: Tom Fisk / Pexels
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