Il diffondersi dell’epidemia di Coronavirus continua a mettere sotto pressione non solo i nervi e la salute delle persone ma anche i mercati, le industrie. Tra queste, il petrolchimico, previsto diventare sempre più cruciale sulla domanda petrolifera a fronte del progressivo calo del consumi di carburanti. Un recente studio dell’Oxford Institute for Energy Studies mette a fuoco la tempesta perfetta che si sta scatenando su questo settore a partire dal ruolo della Cina.
Il diffondersi dell’epidemia di Coronavirus continua a mettere sotto pressione non solo i nervi e la salute delle persone ma anche i mercati. Uno dei fronti riguarda senz’altro la crescita economica della Cina, sebbene sembra essere uscita dall’occhio del ciclone, e la domanda di materie prime. La Cina è al centro delle supply chain manifatturiere globali, che a loro volta alimentano la domanda di prodotti petrolchimici, prevista diventare vieppiù rilevante sulla domanda petrolifera globale per il previsto calo del consumo di benzina e diesel .
I prodotti petrolchimici sono “ovunque e parte integrante delle società moderne”: plastica, fertilizzanti, imballaggi, abbigliamento, detergenti, pneumatici, ecc.
L’esplodere del Coronavirus e il conseguente crollo dell’attività economica cinese stanno pesando su un Paese che è al contempo sia un grande importatore che un esportatore di polimeri. Il blocco delle attività messi in atto in Cina per contrastare la diffusione del virus hanno ridotto, da una parte, la domanda di prodotti petrolchimici, dall’altra, la disponibilità di materie prime (come GPL, nafta e benzina da reforming).
La Cina che è l’epicentro dell’industria petrolchimica e la più grande area di consumo
I produttori di prodotti petrolchimici stanno ora lottando per accertare quando e in che misura adeguare la produzione: se producono troppo, rischiano di esacerbare un eccesso di offerta in un contesto di prezzi in calo; se accelerano troppo lentamente, potrebbero perdere l’opportunità di capitalizzare in un mercato corto una volta che la domanda si è ripresa.
I produttori di prodotti petrolchimici hanno investito puntando sul forte aumento delle importazioni dalla Cina e ora sono particolarmente destabilizzati e non sanno che strategia adottare
Queste incertezze si ripercuotono a livello globale. Si stima che la Cina nel 2020 rappresenterà rispettivamente il 61% e il 41% delle importazioni nette globali di polietilene e polipropilene. I produttori di tutto il mondo hanno investito in steam crackers e capacità di esportazione per alimentare la domanda apparentemente insaziabile della Cina. Quel che rischia di lasciarli con abbondanti forniture qualora la crescita della domanda cinese dovesse rivelarsi più debole del previsto, pesando su etilene e nafta.

Allo stesso tempo, la Cina è un grande esportatore di alcuni polimeri, tra cui pellicole PET e resine per bottiglie (realizzate in paraxilene che si basa su xileni raffinati). Pertanto, la riduzione delle esportazioni dalla Cina sta spingendo gli acquirenti a cercare forniture alternative dal Medio Oriente e dall’Asia meridionale, ma queste potrebbero non essere sufficienti, aumentando il prezzo per tonnellata della resina.
Il coronavirus offre ai mercati “una panoramica di come uno scenario ribassista in Cina possa essere dirompente”
E l’incertezza futura rimane enorme: il crollo della domanda sarà compensato da interruzioni dell’offerta? Un potenziale stimolo in Cina porterà a una forte ripresa della domanda? Poiché i produttori di prodotti chimici devono adattarsi alle incertezze in atto, una cosa è chiara: nessun altro mercato può soppiantare la domanda cinese. Sebbene uno stimolo all’economia cinese nella seconda metà del 2020 può offrire un po’ di sollievo, sempre che il virus abbia effettivamente raggiunto il picco, il coronavirus sta nondimeno offrendo ai mercati un assaggio di quanto possa essere dirompente uno scenario negativo in Cina.
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Foto: Pexels
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