In pochi mesi le pagine dei giornali sono passate dalla sigla della conferenza sul cambiamento climatico a quella del nuovo Coronavirus. Apparentemente il virus e il surriscaldamento terrestre hanno ben poco in comune, forse solo la forma alfanumerica del codice che li contraddistingue, eppure condividono caratteristiche, fenomeni sociologici e tratti comportamentali molto simili. Le sfide di natura mondiale devono essere affrontate necessariamente fin da subito in modo globale e coordinato.
Cambiamento climatico e Coronavirus sono entrambi fenomeni connaturati da un’intrinseca dimensione globale che rende complicata (o addirittura impossibile?) la mitigazione o il contenimento degli stessi senza una forte coesione sovranazionale che si estenda oltre l’accordo tra un manipolo di paesi. Come il virus si sta diffondendo indipendentemente da confini terrestri o marittimi, il problema del global warming non conosce limiti territoriali.
Similmente, contro la diffusione del virus vengono varate (in modo disomogeneo) soluzioni di portata nazionale che non possono rivelarsi efficaci. Nel caso del climate change la situazione è quantomai disomogenea, con aree del Pianeta che negano l’esistenza del problema, altre che antepongono alla questione climatica obiettivi di policy di altra natura e altre ancora che vorrebbero essere i capofila nella transizione tecnologica. Eppure, è quanto mai evidente che l’economia e la società sono ormai talmente interconnesse da non potersi permettere soluzioni di respiro nazionale o poco più.
Coronavirus e cambiamenti climatici sono accomunati dalla portata globale del problema, ma entrambi vengono affrontati con soluzioni nazionali che non possono rivelarsi efficaci
Ad esempio, se anche l’ambizioso piano europeo si rivelasse efficace nel contrastare il cambiamento climatico, poco potrà comunque fare se, contestualmente, dall’altra parte del mondo il Giappone sostituirà la propria generazione elettronucleare con 22 centrali a carbone o la Cina continuerà a investire in modo importante nella generazione a carbone. Questo è un dato di fatto, e la soluzione del problema globale richiede una strategia globale, calata sulle specificità di ciascuna area, ma con le risorse, la forza e il sostegno di tutto il Pianeta. La non cooperazione tra le varie parti in gioco porterà necessariamente a esiti subottimali, anzi ben lontani dall’ottimalità.
Veniamo poi ai comportamenti dei singoli individui. Elemento importante tanto per limitare la diffusione di un contagio quanto per promuovere abitudini di consumo più rispettose delle risorse naturali e più sensibili al tema del risparmio energetico. Per quanto sia importante come fattore a supporto delle soluzioni da individuare, il comportamento individuale non sarà il vero game changer, anzitutto perché gli individui si muovono in modo scoordinato, non sempre razionale e potenzialmente incoerente tra un periodo di tempo e quello successivo. Inoltre, incidere sulle abitudini individuali, poggiate su usi e costumi diversi tra un’area e l’altra del Pianeta, è estremamente complesso. Quella comportamentale rimane una leva importante e necessaria da attivare, ma non potrà rappresentare la soluzione che permetterà di risolvere il problema del climate change.
La tecnologia è il vero game changer per i problemi di natura globale e verso la ricerca devono essere indirizzati gli sforzi di tutta la comunità internazionale
Le soluzioni dovranno quindi necessariamente provenire dalla ricerca in campo biomedico, in un caso, e dalla ricerca in campo tecnologico (energia, materiali, …) nell’altro caso. La tecnologia è il vero game changer per i problemi di natura globale e verso la ricerca devono essere indirizzati gli sforzi di tutta la comunità internazionale. Nel caso del cambiamento climatico, solo per fornire un esempio concreto, le soluzioni per un’efficace cattura e stoccaggio della CO2 permetterebbero alla transizione energetica di essere più facile da perseguire, potendo infatti sfruttare anche le fonti fossili su cui finora si è fondato lo sviluppo economico e che tuttora forniscono la grande maggioranza di energia su scala globale. Il superamento delle fonti fossili è ancora lontano da venire, la neutralità carbonica delle stesse renderebbe invece il progetto di decarbonizzazione più facilmente applicabile ad ogni latitudine del Pianeta.
In cosa i due fenomeni dell’epidemia e del surriscaldamento globale sono invece molto diversi? Nel tempo in cui si manifestano i loro effetti e nel livello di attenzione ingenerato nella popolazione. Tempi brevissimi e attenzione massima in un caso, evoluzioni di medio-lungo termine e attenzione bassa (ma in aumento) nel caso del tema climatico. La psicologia degli individui porta ad applicare una sorta di “tasso di sconto” molto elevato alla pericolosità delle minacce nel lungo termine, ed ecco che il “valore attuale” del rischio climatico pare comunemente come qualcosa di infinitesimale, mentre nel caso del Coronavirus, il rischio è ben percepito e la minaccia è riconosciuta come cogente. Eppure, in termini di danni all’economia, alla società e all’incolumità degli individui il cambiamento climatico potrà colpire in modo ancora più duro senza interventi adeguati e coordinati.
Coronavirus e cambiamento climatico si differenziano per le tempistiche con cui si manifestano – il primo molto rapido, il secondo più graduale – e la conseguente attenzione mediatica che sollevano
Possiamo quindi guardare all’attuale minaccia epidemica su scala globale per trarre insegnamenti da applicare anche alle altre sfide planetarie con cui dovremo confrontarci. Le sfide di natura mondiale devono essere affrontate necessariamente fin da subito in modo globale e coordinato: sono sfide che interessano la salute, la sicurezza e la libertà di tutti, incluse di diritto nel novero più elevato della concezione di res publica. Continuare a pensare che invece siano un problema di alcuni o di nessuno (res nullius) è un enorme errore, possiamo dire fatale.
La speranza è che presto i fatti possano confermare anche il secondo insegnamento che ci piacerebbe portare a casa dall’epidemia di Coronavirus: per le dimensioni che hanno, tali sfide si affrontano facendo ricorso alla scienza e alla tecnologia, con l’imprescindibile collaborazione da parte di tutta la comunità scientifica, con il sostegno economico di ogni area del Pianeta e la condivisione di dati e informazioni per permettere di trovare soluzioni concrete nel più breve tempo possibile. Del resto, nell’era dei big data e della digitalizzazione anche la velocità con cui sono individuate nuove soluzioni può seguire un andamento esponenziale.
Così, con la nuova consapevolezza della propria fragilità di fronte al COVID-19 è auspicabile che il mondo si presenti in modo finalmente diverso alla COP-26.
Sul tema Coronavirus leggi anche:
Se il Coronavirus infetta anche i mercati energetici, di Alberto Clò, 26 Febbraio 2020
Foto: Pixabay
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