Come si è evoluto il sistema energetico italiano nell’ultimo decennio? Le strategie messe in atto dai governi nel 2013 e 2017 sono servite a indirizzare l’andamento verso gli obiettivi disiderati? Su Energia 1.20, i ricercatori ENEA Francesco Gracceva, Bruno Baldissara, Alessandro Zini e Daniela Palma propongono un confronto fra l’evoluzione reale nel decennio e quella programmatica, utile per capire la capacità delle strategie di incidere sulle traiettorie inerziali del sistema e trarre indicazioni circa la complessità e fattibilità degli obiettivi futuri, come quelli fissati nel PNIEC.
Riuscirà il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) a modificare la traiettoria di decarbonizzazione del nostro Paese al 2030? Per valutare la complessità di una simile sfida, Francesco Gracceva, Bruno Baldissara, Alessandro Zini e Daniela Palma (ENEA) propongono su Energia 1.20 una duplice analisi: valutano come si colloca il sistema energetico italiano rispetto agli obiettivi sulla base dei dati più aggiornati (fine 2019) e confrontano l’evoluzione recente del sistema energetico italiano con quella delineata nei documenti strategici succedutisi nel decennio: le SEN 2013 e 2017 e il PNIEC.
L’articolo anticipa alcuni contenuti della prima Analisi trimestrale del sistema energetico italiano elaborata da ENEA nel 2020 e si concentra su alcune delle più importanti variabili per cui è possibile una valutazione quantitativa, limitatamente alle dimensioni decarbonizzazione, efficienza energetica, mercato interno e ricerca, innovazione, competitività.
L’analisi della dimensione decarbonizzazione (par. 1) mostra come l’andamento reale risulti migliore di quello programmatico sia per le emissioni totali di CO2 del sistema energetico italiano (par. 1.1.) – -30% vs un target del -21% rispetto al 2005 – che per le fonti rinnovabili(par. 1.2.), la cui quota sui consumi finali di energia (circa il 18%) risulta superiore al target europeo 2020 (17%).
Entrambi ottimi risultati, con dei “ma”. Nel primo caso, il risultato è riconducibile in buona parte alla contrazione della domanda di energia, legata a sua volta alla crisi economica, come viene approfondito nel par. 2. L’analisi entra inoltre nel dettaglio del diverso andamento dei settori ETS (industria energivora e energetica) e non-ETS (trasporti, edifici, industria non energivora) e le relative cause.
A fine 2019 le emissioni settoriali sono calate più di quanto previsto dal PNIEC per il 2020, che non ha colto appieno l’accelerazione legata al phase-out del carbone
Nel caso delle FER si nota come “La valutazione diviene meno lusinghiera se si tiene conto della visione delineata nella SEN 2013, che fissava un «risultato atteso» del 19-20% dei consumi finali lordi”. La ragione è riconducibile in primo luogo “alla forte crescita prima e alla brusca frenata poi degli incentivi alle rinnovabili elettriche”. Si sottolinea anche come un ruolo di rilievo per il superamento del target l’ha avuto la revisione del dato relativo al consumo di biomasse solide nel settore civile, come ebbe modo di constatare anche GB Zorzoli in un articolo su Energia 4.18.
Anche per le rinnovabili lo scenario delineato nel PNIEC rischia di risultare già al 2020 più «ottimista» dell’evoluzione effettiva
Alquanto sfidante risulta la traiettoria di crescita delle FER elettriche delineata dal PNIEC verso il 2030: quasi 30 TWh in più entro il 2025, quasi 40 TWh entro il 2030, fino a raggiungere quota 55% dei consumi elettrici. In particolare, la sfida maggiore riguarda solare ed eolico, “per i quali i dati sia di produzione che di nuova capacità installata mostrano nell’ultimo quinquennio un trend decisamente inferiore a quanto prospettato per il prossimo decennio”.
Non sembra andare meglio per le FER termiche e nei trasporti: la quota delle prime “è rimasta dal 2013 sostanzialmente ferma sul 18%” a fronte di un ambizioso target 2030 del 40%, mentre per le seconde (8% nel 2019) “Lo scenario PNIEC fissa al 2030 un target decisamente più sfidante, pari al 22%, mentre negli ultimi sette anni si è registrato un aumento inferiore al 3%”.
Riguardo alla dimensione dell’efficienza energetica (par. 2), per ovviare alle difficoltà di una stima quantitativa del suo incremento per ragioni metodologiche, gli autori propongono una proiezione ex-post che mostra l’evoluzione dei consumi finali che si sarebbe verificata se le assunzioni di crescita del PIL (“oltre il doppio”) e quelle sulle temperature fossero procedute di concerto con le condizioni economiche e climatiche del sistema.
I consumi finali nel 2019 dovrebbero risultare molto migliori dell’obiettivo fissato dalla SEN, ma “anche in questo caso confrontare il dato storico con gli obiettivi è però fuorviante”
Ne risulta “una traiettoria di consumi decisamente più contenuta” e un allargamento della forbice tra la curva della proiezione ex-post e quella dei dati effettivi che nel 2019 è pari a circa 15 mil. tep. Distanza che “Lungi dall’essere interpretabile come un ampio superamento degli obiettivi, (…) sembrerebbe essere dovuta in primis alla sovrastima della domanda di energia dello Scenario Base della SEN 2013 (…) e non a un disaccoppiamento strutturale tra driver del sistema e consumi energetici”.
Come stimato su Energia 4.19 infatti “nel decennio 2007-2017 il calo della domanda di energia dell’industria (2/3 del calo dei consumi totali di energia) (è) spiegabile solo per meno di 1/4 con effettivi miglioramenti di efficienza dei processi industriali (…), mentre la parte preponderante è da ricondurre alla contrazione delle attività (calo della produzione) e a mutamenti della struttura dell’industria (verso settori meno energivori).”
Per una valutazione complessiva della traiettoria del sistema energetico italiano nell’ultimo decennio, nel confronto con quella prevista nelle strategie nazionali, gli autori ricorrono anche alla cosiddetta identità di Kaya (par. 3. Un’interpretazione della traiettoria recente e auspicata), “un’espressione matematica che scompone la variazione delle emissioni di CO2 di un sistema energetico nella somma delle variazioni di un insieme di variabili: prodotto interno lordo, popolazione, intensità energetica dell’economia, intensità carbonica dell’energia”.
Tutti gli scenari sono risultati ottimisti sull’andamento della popolazione, il cui calo ha invece contribuito a ridurre i consumi di energia
Le dimensioni del mercato interno e della competitività vengono affrontate nel paragrafo 4. Per il Mercato interno (par. 4.1.) si osserva il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica, la cui riduzione è “motivabile (…) con la sempre maggiore interconnessione transfrontaliera e con l’emergere delle istanze di decarbonizzazione che inducono un sempre maggiore allineamento del mix di generazione nei diversi paesi”, e il prezzo al dettaglio per le famiglie italiane, “per il quale è notevole come nel caso delle utenze con consumi più ridotti (…) il differenziale a favore dell’Italia si sia ridotto fin quasi ad annullarsi, mentre nel caso delle utenze con consumi più elevati si sia ridotto il differenziale a sfavore dell’Italia”.
Il differenziale tra il PUN italiano e il prezzo all’ingrosso tedesco continua a mantenersi su livelli elevati, intorno a +39% nel 2019
La quinta dimensione dell’Unione dell’Energia – Ricerca, innovazione e competitività (par. 4.2.) – “si caratterizza ancor più per il disallineamento con le aspettative”. Si osservano il differenziale del costo dell’elettricità per le imprese italiane (che in termini di parità di potere d’acquisto risulta nel primo semestre 2019 del +34%, lontano dall’obiettivo del 25% fissato sette anni fa nella SEN 2013) e il prezzo del gas (dove la situazione è invece migliore).
Sempre maggiore risulta la dipendenza dalle importazione “Relativamente alla competitività dell’Italia negli scambi internazionali delle tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio (fotovoltaico, veicoli elettrici e ibridi, accumulatori, solare termico, eolico) e “Particolarmente critico appare il posizionamento nella mobilità a basse emissioni (…), con un saldo negativo di 1,53 miliardi di dollari, un valore tale da incidere anche sulla bilancia commerciale del Paese”.
Sia nel caso dell’efficienza energetica che in quello delle fonti rinnovabili la spesa pubblica dell’Italia si colloca fortemente al di sotto di quella di Francia e Germania, tanto in termini assoluti quanto in rapporto al PIL
La “scarsa entità della complessiva spesa in Ricerca & Sviluppo (R&S) nel campo dell’energia (in rapporto al PIL) e (la) non meno rilevante debolezza rilevata attraverso le domande di brevetto” minano la valutazione della capacità di innovazione dell’Italia nel settore delle tecnologie a bassa emissione di carbonio, mentre “risultano stabilmente e significativamente inferiori a quelle rilevate per il totale dei brevetti” le quote italiane nelle tecnologie energetiche per la mitigazione climatica. Non va meglio nel caso delle tecnologie relative alla mobilità sostenibile, dove “le domande italiane di brevetto si attestano su appena l’1% del totale mondiale, a fronte di un valore superiore al 14% per la Germania”.
Nelle conclusioni (par. 5), gli autori ribadiscono che “la domanda di energia ha seguito una traiettoria molto al di sotto di quella delineata dallo scenario di policy della SEN 2013, ma la ragione di ciò va cercata non solo nell’evoluzione strutturale del sistema ma anche nell’evoluzione di fattori contingenti (…) La domanda di energia reale del 2020 sarà comunque inferiore a questa domanda inerziale (…) una dato certamente positivo (…) che solo (in) parte (…) è ascrivibile a una «virtuosa» evoluzione strutturale del sistema (…) Discorso in parte simile si può fare per l’evoluzione del mix energetico”.
Il post presenta l’articolo di Francesco Gracceva, Bruno Baldissara, Alessandro Zini, Daniela Palma Dinamiche del sistema energetico italiano e strategie nazionali (pp. 26-34) pubblicato su Energia 1.20
Francesco Gracceva, Bruno Baldissara, Alessandro Zini e Daniela Palma sono ricercatori ENEA
Foto: Pexels
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