5 Marzo 2020

Recensione – Le trappole del clima. E come evitarle

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“Rinnovabili e senso del limite per salvare il Pianeta”, la recensione di Enzo Di Giulio del nuovo libro di Gianni Silvestrini e G.B. Zorzoli.

Ho letto il libro di Gianni Silvestrini e G.B. Zorzoli “Le trappole del clima. E come evitarle” il primo marzo. Era domenica e fuori piovigginava, e c’era pure il virus. Era perciò bello starsene stesi sul divano, al caldo e al riparo da tutto, con un buon libro in mano. In realtà, devo essere onesto, non volevo leggerlo per intero ma concentrarmi solo sulle parti essenziali, farmi un’idea circa la posizione degli autori. Come spesso accade agli addetti ai lavori, pensavo di trovare contenuti già noti. Di qui l’obiettivo primario di farmi un’idea. Cosa propongono Silvestrini e Zorzoli? Dove si collocano? Ottimisti? Pessimisti? Vicini a degrowth o più vicini alle soluzioni tecnologiche? E che dicono della carbon tax? Sì? No? Alta subito, oppure graduale? Così, con queste domande in testa ho cominciato a leggere il libro e man mano che procedevo rimandavo il salto della pagina: “interessante questo capitolo!”; “no, questo non si può saltare, troppo importante”. “ah questo non lo sapevo, andiamo avanti”. Alla fine mi sono perso nella rete di parole, dati e riflessione che è questo libro e l’ho letto per intero.

La scrittura è limpida e agile, e la lettura scorre veloce e piacevole. La parola è quasi sempre mescolata al dato, e questo è un pregio del libro che àncora il ragionamento al numero e non all’emozione. Vi sono innumerevoli riferimenti alla letteratura scientifico-economica recente o anche classica – John Stuart Mill o Keynes – ma anche qualche volo letterario, ad esempio riferimenti ad Aldous Huxley o ad Amitav Gosh. Se mi volessi azzardare a descrivere in breve la linea di argomentazione del volume, lo farei nel modo che segue:

il cambiamento climatico è problema immenso e la scienza lo ha dimostrato in lungo e in largo. Il problema è urgente e richiede azioni rapide perché il tempo per agire è scarso. Riuscire nell’impresa non è semplice ma è comunque fattibile. Le rinnovabili hanno ampio spazio di crescita, anche a ragione dei costi fortemente decrescenti, e possono fare molto per decarbonizzare l’economia. L’efficienza energetica può contribuire a contenere consumi energetici ma non è cruciale a ragione dei perversi effetti rebound. Silvestrini e Zorzoli escludono il nucleare, la carbon capture e la geoingegneria quali opzioni adottabili poiché nel complesso troppo rischiose, soprattutto nel lungo periodo. Il nucleare per le note ragioni, la CCS perché nulla assicura che il carbonio messo sottoterra oggi non possa essere rilasciato in massa domani per cause accidentali, la geoingegneria perché se ne sa ancora troppo poco e gli esiti ecologici sono imprevedibili. Al contrario, le foreste possono fare molto per assorbire la CO2 presente nell’atmosfera.

Le rinnovabili hanno ampio spazio di crescita, le foreste possono fare molto, l’efficienza energetica può contribuire, mentre nucleare, carbon capture e geoingegneria sono nel complesso troppo rischiose

Ecco, rinnovabili, tecnologia (efficienza) e foreste sono i cardini di un nuovo mondo green che gli autori intravedono e propongono. E tuttavia non sono sufficienti senza un cambiamento profondo degli stili di vita che mitighi consumi opulenti e disutili. La riflessione sui limiti dell’attuale paradigma economico, basato su un consumismo fine a se stesso e in ultimo degradante per il genere umano, rappresenta una parte essenziale del volume e ne amplia considerevolmente l’orizzonte. Facciamo parlare gli autori:

“Il mantra della crescita potrebbe essere contrastato da una rivoluzione culturale, realizzabile solo se accompagnata da un percorso parallelo in direzione di una green society, dove diversa è la cultura dominante, diversi sono, appunto, gli stili di vita e i valori condivisi. Una definizione che include tre parole – stili di vita – di particolare rilevanza in una visione che proponga uno sviluppo alternativo non solo in economia”.

Tra crescita e decrescita gli autori scelgono una terza via

Queste parole, tuttavia, non devono essere interpretate come un’adesione totale alle tesi latouchiane della decrescita felice. Tra crescita e decrescita gli autori scelgono la terza via di una green economy in cui un ridimensionamento dell’umana volontà di potenza e della boria consumistica è certo necessario – anche attraverso una regolazione che vieti l’obsolescenza programmata dei beni – ma rappresenta solo un pezzo di soluzione. La decrescita può essere limitata, ad esempio, a certe aree geografiche per certi periodi di tempo, mentre altre potranno continuare a crescere. Non solo: contenere la crescita economica può essere vano se la popolazione continua a crescere. Di qui l’invito all’avvio di un dibattito aperto, non ideologico, sulla questione del controllo demografico, obiettivo non ancora considerato dai movimenti ambientalisti.

In ultimo il libro, per così dire, strizza l’occhio allo steady state di John Stuart Mill ma non esclude che il disaccoppiamento crescita economica-emissioni sia possibile. La questione è aperta tanto che Silvestrini e Zorzoli non optano in favore della possibilità del decoupling o della tesi opposta. Piuttosto, sospendono il giudizio auspicando che il dibattito scientifico risolva al più presto l’ambiguità. E tuttavia, al di là della posizione rispetto alla questione del decoupling – cruciale perché mette in gioco la possibilità stessa della crescita economica – gli autori pongono sul tavolo la questione più ampia del modello economico e del tipo di società che vogliamo. In tal senso il volume ha una valenza extra-tecnica e un contenuto in certa misura politico. Numerosi, infatti, sono i riferimenti ai politici o leader spirituali, da Berlinguer ai Verdi tedeschi a papa Francesco.

Oltre al già citato riferimento al dato, il libro ha almeno tre pregi: il primo è che offre una panoramica piuttosto completa della questione climatica. Il lettore avrà modo di imparare molto, e questa è una qualità indubbia per un libro. Il secondo è che il testo non è manicheo, nel senso che non individua un nemico da combattere responsabile del cambiamento climatico. Certo, esso propone un mondo che vada oltre i combustibili fossili ma cita anche il positivo processo di trasformazione che alcune compagnie petrolifere hanno intrapreso, più in ambito europeo che americano. In tale contesto la realtà è estremamente dinamica, se si pensa ai nuovi target comunicati da Eni che si propone di ridurre dell’80% la CO2 emessa durante l’intero ciclo del prodotto, dalla produzione al suo consumo. È la prima volta che ciò accade a livello mondiale e rappresenta una grande discontinuità rispetto al passato, l’abbattimento di una barriera mentale che fino ad oggi ha imbrigliato il business oil & gas.

L’altro pregio del libro è il riferimento continuo alla questione della scarsità del tempo a disposizione per l’azione. Il problema non è solo agire ma farlo nel minor tempo possibile perché la finestra per l’abbattimento delle emissioni si va chiudendo. Gli autori sottolineano questo aspetto centrale della questione climatica, spesso non adeguatamente rimarcato dagli studiosi.

Alcune domande che mi ponevo mentre andavo avanti nella lettura erano relative alla traiettoria di rientro delle emissioni e ai costi connessi. Nonostante vi siano nel volume diversi riferimenti ai costi di alcune opzioni, manca una trattazione unitaria della questione. È come se gli autori non se la ponessero perché ritengono l’obiettivo della riduzione delle emissioni in tempi brevi una strada obbligata. Il che è certamente vero, ma è altrettanto vero che avere qualche indicazione sulla traiettoria da percorrere e sui costi complessivi da sostenere per approdare a un’economia 100% green sarebbe stato utile.

Altre domande che mi ponevo leggendo erano le seguenti: è possibile limitarsi? Sapiens conosce il senso del limite? Non è egli piuttosto un animale teso sempre e comunque all’azione e, dunque, alla crescita, non essendo il PIL null’altro che l’oggettivazione dell’agire umano? È possibile riformare il capitalismo depotenziando la sua spinta alla crescita? Che ne è dell’occupazione se si limita la crescita? I tempi per una riforma del genere dell’economia sono compatibili con quelli dell’azione di contrasto del cambiamento climatico? Davvero il protocollo di Montreal è stato un allenamento in preparazione della decisiva sfida climatica? Non si tratta piuttosto – per rimanere nella metafora sportiva – di due sport diversi?

Ritengo che queste e altre domande che i lettori si porranno siano uno degli esiti positivi del libro, perché è questo che un libro deve fare: stimolare la riflessione, porre domande, idealmente scuotere il lettore, tendere a quel punto limite della lettura così ben descritto dalle parole di Kafka: “un libro deve essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi”. E queste parole sono pienamente calzanti rispetto alla questione climatica. C’è un mare di ghiaccio dentro Sapiens che gli impedisce di vedere, preoccuparsi, agire. Forse il libro di Silvestrini e Zorzoli non spaccherà quel ghiaccio – il tono equilibrato, razionale e garbato ne limita la risonanza – ma è sicuramente un contributo alla sua disgregazione.

Gianni Silvestrini e G.B. Zorzoli
Le trappole del clima. E come evitarle
Edizioni Ambiente, Milano 2020, pp. 200


Gianni Silvestrini è presidente della società Exalto Energy&Innovation, direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista e portale QualEnergia

G.B. Zorzoli è presidente del Coordinamento FREE e membro del comitato scientifico della rivista Energia

Foto: Pixabay

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