7 Aprile 2020

COVID-19: sprofonda anche il prezzo della CO2

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Dall’inizio dell’anno il prezzo del carbonio ha perso oltre il 30%. Il forte calo è coinciso con l’esplodere del contagio nel nostro Paese. Diversi i fattori che hanno contribuito ad un simile tracollo, prevalentemente di natura industriale e riconducibili all’interruzione delle attività, ma in parte anche finanziaria. Allo stato attuale, l’unica cosa certa è che le emissioni diminuiranno drasticamente sia nel settore elettrico che in quelli industriali. E così il prezzo dell’EUA.

Dall’inizio dell’anno il prezzo del carbonio ha perso oltre il 30%. Il contratto europeo di riferimento del carbonio, il famoso EUA (European Union Allowance), è sceso a 14,34 euro lunedì 23 marzo da 23,92 euro dell’11 marzo, un livello che non si vedeva da quasi due anni e che fa dell’EUA il secondo peggior indice tra le materie prime energetiche dopo il petrolio.

Nonostante l’Europa abbia registrato casi di infezione a partire da fine gennaio, il mercato del carbonio è rimasto relativamente stabile fino alla fine di febbraio. Quando il numero di nuovi casi di coronavirus è esploso in Italia e il governo ha deciso di chiudere tutte le attività non essenziali, anche il prezzo del carbonio ha iniziato a subire un forte calo.

Tracollo del prezzo orario EUA
Fonte: Vertis Environmental Finance

Dietro la diminuzione del prezzo del carbonio, gli analisti di Vertis Environmental Finance identificano diversi fattori.

1. Un calo delle produzioni industriali dopo che in Italia e Spagna il governo ha sospeso l’operatività di tutte le attività non essenziali. In primo luogo, la misura mirava a durare per due settimane, ma è già stata prorogata e ci sono buone probabilità che ci saranno più estensioni nelle prossime settimane. Le case automobilistiche (FCA, Daimler, BMW, Volkswagen ecc.) sono state tra le prime ad annunciare di aver ridotto le operazioni o di aver chiuso completamente. Dato che queste società fanno affidamento su una rete estesa di fornitori, gli appaltatori hanno avuto meno ordini e sono stati costretti a interrompere anche la produzione (effetto domino). Le società industriali coperte dall’EU ETS (Emission Trading Scheme) hanno emesso circa 763 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2018. Per avere dati completi sulle emissioni del 2019 si dovranno attendere ancora un paio di settimane. Molte aziende stanno tardando con la comunicazione delle loro emissioni a causa dell’emergenza COVID-19. Secondo le stime attuali, le emissioni sarebbero diminuite del 8,5% nel 2019 e si prevede un crollo del 10-15% nel 2020 a causa del coronavirus, ma tutte le previsioni possono essere solo stime approssimative fintanto che non avremo chiaro per quanto tempo le nostre economie rimarranno congelate per far fronte al coronavirus.

Le emissioni industriali potrebbero diminuire del 10-15% nel 2020

2. Il ridotto livello di produzione delle società industriali ha ridotto la domanda di energia. La produzione nucleare francese è scesa del 18% a 30,6 TWh a marzo, il livello più basso del mese dal 1991. I fornitori di energia elettrica in tutti gli Stati membri europei hanno registrato un consumo inferiore a causa della ridotta necessità del settore. Inoltre, la tendenza che abbiamo visto a partire dall’anno scorso con prezzi minimi del gas (a causa della bassa domanda e anche grazie al crollo dei prezzi del petrolio) e dell’elevato uso di energia rinnovabile sono continuati. Come conseguenza di questo doppio effetto, quest’anno si prevede che le emissioni del settore dell’energia e del teleriscaldamento diminuiranno drasticamente, riducendo la domanda di quote di emissioni.

La produzione nucleare francese è scesa del 18% a marzo

3. Il primo settore colpito duramente dalle conseguenze del coronavirus è stato il settore dell’aviazione, incluso nell’ETS dell’UE dal 2012. Gli operatori aerei hanno messo a terra la maggior parte dei loro aerei (in alcuni casi raggiungendo il 90-100%), con il conseguente crollo della domanda di emissioni EUA. Il settore dell’aviazione ha emesso 66,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2018. Le emissioni sono ancora aumentate nel 2019, ma nel 2020 potremmo assistere a un calo di almeno il 40%.

Gli EUA sono divenuti strumenti finanziari nel gennaio 2018 e ciò ha attirato l’interesse di entità finanziarie, come gli hedge fund

4. Tra il 16 e il 18 marzo il volume scambiato sulla borsa ICE di Londra è stato spaventosamente alto: quasi 90 milioni di unità giornaliere. Sebbene le transazioni in borsa siano anonime, possiamo sospettare che dietro queste quantità potrebbero esserci entità finanziarie (che giocano un ruolo spesso di speculatori). Questi partecipanti al mercato, come gli hedge fund, non hanno alcun obbligo di conformità nell’ETS dell’UE, ma hanno iniziato ad acquistare quote quando sono diventati strumenti finanziari nel gennaio 2018 e hanno creato portafogli significativi di EUA. Considerando il forte calo del prezzo del carbonio, molte di queste istituzioni hanno deciso di chiudere le loro posizioni. In alcuni casi, lo scambio potrebbe aver eseguito automaticamente transazioni per limitare le perdite di posizioni lunghe quando sono stati attivati gli ordini stop-loss.

Nessun rinvio

5. Poiché tutte le aziende stanno affrontando una crisi dai risvolti sconosciuti si è diffusa la falsa speranza che ci poteva essere un posticipo della riconsegna delle quote EUA a fine aprile 2020. Secondo la Direttiva 2003/87 che definisce il quadro del sistema europeo di scambio di quote di emissioni, gli impianti con un obbligo di conformità devono aver verificato le proprie emissioni dell’anno entro il 31 marzo ed effettuare la restituzione del certificato EUA (equivalente a 1 tonnellata di CO2 emessa) entro il 30 aprile. Questa falsa speranza ha in qualche modo interrotto gli acquisti e contribuito alla discesa del prezzo EUA. Tuttavia, la Commissione europea non si è inchinata alla pressione e ha rispettato la scadenza per la conformità. Le installazioni che prevedevano un ritardo nel termine di conformità devono ora acquistare le quote mancanti.

Finché prevarrà l’incertezza, il prezzo dovrebbe rimanere volatile probabilmente tra 13 e 20 €

Le aspettative per il futuro sviluppo dei prezzi nel mercato del carbonio sono ancora incerte e cambiano ogni giorno a seconda delle notizie sulla diffusione del coronavirus. Sembra che ora la pandemia stia colpendo aggressivamente anche gli Stati Uniti mentre la Cina sta riavviando la sua economia con la paura di una seconda ondata di infezioni. Tutto ciò ha un effetto inevitabile sulla catena di approvvigionamento e sul mercato dei produttori europei già afflitti dalla diffusione del virus nei propri paesi.

Ciò che sappiamo già ora è che le emissioni diminuiranno drasticamente non solo nel settore dell’energia elettrica, come abbiamo visto nel 2019, ma anche tra gli industriali. Di conseguenza, l’eccedenza delle quote dovrebbe aumentare nell’ETS, il che potrebbe comportare ulteriori cali del prezzo. I più ambientalisti potranno gioire da queste notizie sul fronte emissioni, tuttavia una riduzione di CO2 equivalente riconducibile puramente ad un abbassamento della produzione industriale e non a un maggior uso di soluzioni “green”, dovrebbe creare timore e preoccupazione. Molte persone perderanno il posto di lavoro ed alcune aziende potrebbero faticare a riprendere quote di mercato o addirittura chiuderanno per sempre.

Un basso prezzo del carbonio potrebbe vanificare gli sforzi europei di contrasto al cambiamento climatico

Inoltre un prezzo economico dell’EUA potrebbe vanificare gli ultimi anni di lotta al cambiamento climatico, cui pilastro europeo è proprio rappresentato dall’Emission Trading System assieme alle strategie future come lo European Green Deal. Quando il prezzo della CO2 era intorno ai 4 euro, nessun industriale adottò strategie per ridurre le proprie emissioni. Negli ultimi due anni invece, la paura di pagare milioni di euro per poter emettere aveva spinto sempre più aziende a trovare soluzioni alternative per ridurre le emissioni e quindi i costi causati dall’ETS.

Per ora chi sembra aver gioito del crollo dell’EUA, sono gli industriali che hanno pensato bene di acquistare quote per i prossimi anni. Questo potrebbe renderli più competitivi rispetto ad altri competitors dello stesso settore che dovranno comprare tonnellate di CO2 quando probabilmente sarà di nuovo sopra 25 euro/ton.

Il mercato europeo del carbonio è infatti l’unico con un meccanismo automatizzato, la riserva di stabilità del mercato (MSR), che manipola la quantità di quote disponibili. Tale meccanismo è stato creato proprio per evitare il ripetersi di una svalutazione dell’EUA causata da un evento come la crisi economica del 2008. Dal 2019, ogni maggio vengono calcolate le quote EUA in circolazione e se il numero è più alto di 800 milioni, la riserva stabilizzatrice del mercato assorbe il 24% dell’eccedenza (quasi 400 milioni di quote EUA tagliate nel 2019). Questo meccanismo fornirà stabilità al prezzo e siamo convinti che assorbirà parzialmente l’eccedenza causata dal virus già dal prossimo anno.


Mattia Ferracchiato è Head of Carbon Trading Italy presso Vertis Environmental Finance


Sul tema Coronavirus leggi anche:
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L’impatto del COVID-19 sul carico elettrico nazionale /2, di Ettore Bompard, Carmelo Mosca, Salvatore Cellura, Stefano Corgnati, 1 Aprile 2020
L’impatto del COVID-19 sul carico elettrico nazionale, di Ettore Bompard, Stefano Corgnati, Carmelo Mosca, 19 Marzo 2020

Sul tema Prezzo del carbonio leggi anche:
Il risveglio del prezzo del carbonio, di Enzo Di Giulio, 5 Settembre 2018

Foto: PxHere

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