21 mil. di tep all’anno, il risparmio potenziale per l’Italia derivante dal riciclo, pari al 12,5% della domanda di energia. I materiali maggiormente oggetto di riciclo sono quelli che richiedono molta energia per essere prodotti – acciaio, alluminio, cemento, vetro carta e plastica – a differenza del loro corrispettivo circolare, ottenuto tramite cicli produttivi a bassa intensità energetica. Ma i vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale e allo stato attuale della tecnologia, non sempre la circolarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso del litio a partire dalle batterie a ioni di litio.
Su Energia 1.20 Tullio Gregori e Jacopo Zotti indagano come impatta un aumento di circolarità – dell’energia o della materia – sul fabbisogno energetico arrivando a concludere che “una quantificazione degli effetti della circolarità sul fabbisogno energetico è, in certa misura, possibile ma rischia di rivelarsi un esercizio alquanto complesso e, comunque, con risultati difficilmente generalizzabili”.

Proponiamo di seguito un estratto del par. 3 (Gli effetti della circolarità sul fabbisogno energetico) incentrato sulle implicazioni energetiche del riciclo della materia reimpiegata come materia:
“Gli effetti della circolarità della materia di tipo MM [materia reimpiegata come materia; differente dal tipo ME: materia trasformata in fonte energetica] hanno natura indiretta perché riguardano il lato della domanda di energia.
La loro quantificazione si articola idealmente in due fasi. La prima prevede il confronto tra l’intensità energetica della produzione circolare e quella della corrispondente non circolare; la seconda si occupa di misurare le variazioni nei volumi di output all’interno di tutto il sistema economico, a cominciare dalle variazioni della produzione circolare e della sua controparte non circolare.
Fatti salvi gli opportuni distinguo dovuti alla varietà di strategie in essere, si può affermare che la prima fase è di più facile realizzazione rispetto alla seconda. Quest’ultima, infatti, necessita di modelli di simulazione economica o di previsione in grado di catturare tanto le interazioni di mercato (necessarie per quantificare l’effetto rebound) quanto quelle tra i diversi settori dell’economia. La complessità di questa seconda fase è tale che, ad oggi, si tende a ritenere che gli impatti dell’economia circolare siano ancora poco chiari a livello macroeconomico (OECD 2017).
(…) ci concentriamo quindi sulla prima delle due fasi illustrate sopra, soffermandoci in particolare sul riciclo. Nell’ambito della circolarità, questa strategia riveste un ruolo preminente, come testimoniano, da un lato, la varietà dei progetti in essere e, dall’altro, una certa disponibilità di dati (Zoboli et al. 2019).
Gli impatti del riciclo sul fabbisogno energetico vengono valutati più a livello di intuizione logica che da quantificazioni numeriche
Nel caso di altre strategie (come, ad esempio, il ricondizionamento), i dati a disposizione sono alquanto limitati, con il risultato che la valutazione degli impatti sul fabbisogno energetico deriva più dall’intuizione logica che da quantificazioni numeriche (10).
D’altra parte, la scarsità di dati è anche dovuta alla fondamentale complessità della circolarità e alla profonda specificità dei diversi progetti di circolarità. Il lavoro di Castellani et al. (2015), ad esempio, offre una quantificazione delle implicazioni energetiche legate al riuso di una serie di articoli di consumo (abbigliamento, arredamento, oggettistica, etc.). Siccome i risultati ottenuti riguardano un insieme ben definito di oggetti, sono difficilmente generalizzabili e, quindi, hanno un valore informativo alquanto limitato.
I dati che presentiamo sul riciclo derivano solo in parte dalla letteratura scientifica (ad esempio Gutowski et al. 2013, Laurijssen et al. 2010), essendo spesso contenuti in pubblicazioni di settore o di singole imprese. Per quanto riguarda l’Italia, secondo la Fondazione Symbola (2019), il riciclo comporterebbe (a livello aggregato) un risparmio potenziale di 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio l’anno, pari al 12,5% della domanda di energia.
I materiali maggiormente oggetto di riciclo sono quelli la cui produzione richiede relativamente molta energia e il cui corrispondente circolare, invece, è ottenuto tramite cicli produttivi a bassa intensità energetica (tipicamente: acciaio, alluminio, cemento, vetro carta e plastica). I vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale impiegato nel riciclo, delle caratteristiche merceologiche dell’output e della tecnologia impiegata.
I vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale
Per quanto riguarda la plastica, ad esempio, Romei (un’impresa di trasformazione di polimeri plastici) distingue tra scarti derivanti da attività di consumo e scarti derivati da attività industriale. Se la plastica è del primo tipo, la produzione di una tonnellata di plastica riciclata richiede due tonnellate di plastica di scarto, mille litri d’acqua e 950 kWh di energia elettrica mentre, nel secondo caso, sono sufficienti una tonnellata di plastica, 80 litri d’acqua, e 220 kWh di energia elettrica.
Per quanto queste differenze siano rilevanti, il vantaggio della produzione circolare è fuori discussione se si considera che per produrre una tonnellata di plastica equivalente da fonti vergini servono (secondo Romei) 900 litri di petrolio, 180.000 litri d’acqua e 14.000 kWh di energia elettrica.
Questi valori cambiano notevolmente se si considera un altro tipo di produzione, quella del polietilene. Secondo Goto (2012) la produzione di una tonnellata di materia vergine richiede 8.200 kWh, mentre il consumo energetico per il corrispondente riciclato si attesta attorno ai 3.000 kWh.
Allo stato attuale della tecnologia, non sempre la circolarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso del litio a partire dalle batterie a ioni di litio
Un’analisi molto simile a quella appena presentata per la plastica può essere condotta anche per gli altri materiali dal processo produttivo ad alta intensità energetica. Al di là del valore informativo relativamente allo specifico materiale, la conclusione sarebbe sostanzialmente la medesima.
Merita, allora, ricordare che, allo stato attuale della tecnologia, non sempre la circolarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso, ad esempio, della produzione circolare del litio a partire dalle batterie a ioni di litio (Golroudbary et al. 2019) o di alcune materie plastiche, quali quelle contenenti metalli pesanti (Allwood 2014, Potting et al. 2017, Hahladakis 2018).
Inoltre, le sue implicazioni sul fabbisogno dipendono da una notevole di aspetti, diversi da caso a caso, cosicché i risultati di una qualunque analisi d’impatto sono ben poco illustrativi della circolarità in generale.”
Il post è tratto dall‘articolo di Tullio Gregori e Jacopo Zotti Economia circolare e fabbisogno energetico: un’analisi teorica (pp.46-54) pubblicato su Energia 1.20
Tullio Gregori e Jacopo Zotti insegnano al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Trieste
Foto: Unsplash
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