27 Aprile 2020

Quali implicazioni energetiche del riciclo?

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21 mil. di tep all’anno, il risparmio potenziale per l’Italia derivante dal riciclo, pari al 12,5% della domanda di energia. I materiali maggiormente oggetto di riciclo sono quelli che richiedono molta energia per essere prodotti – acciaio, alluminio, cemento, vetro carta e plastica – a differenza del loro corrispettivo circolare, ottenuto tramite cicli produttivi a bassa intensità energetica. Ma i vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale e allo stato attuale della tecnologia, non sempre la circolarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso del litio a partire dalle batterie a ioni di litio.

Su Energia 1.20 Tullio Gregori e Jacopo Zotti indagano come impatta un aumento di circolarità – dell’energia o della materia – sul fabbisogno energetico arrivando a concludere che “una quantificazione degli effetti della circolarità sul fabbisogno energetico è, in certa misura, possibile ma rischia di rivelarsi un esercizio alquanto complesso e, comunque, con risultati difficilmente generalizzabili”.  

Proponiamo di seguito un estratto del par. 3 (Gli effetti della circolarità sul fabbisogno energetico) incentrato sulle implicazioni energetiche del riciclo della materia reimpiegata come materia:

“Gli effetti della circolarità del­la materia di tipo MM [materia reimpiegata come materia; differente dal tipo ME: materia trasformata in fonte energetica] hanno na­tura indiretta perché riguardano il lato della domanda di energia.

La loro quantificazione si articola idealmente in due fasi. La prima prevede il confronto tra l’intensità energetica della produzione circo­lare e quella della corrispondente non circolare; la seconda si occupa di misurare le variazioni nei volu­mi di output all’interno di tutto il sistema economico, a cominciare dalle variazioni della produzione circolare e della sua controparte non circolare.

Fatti salvi gli oppor­tuni distinguo dovuti alla varietà di strategie in essere, si può afferma­re che la prima fase è di più facile realizzazione rispetto alla seconda. Quest’ultima, infatti, necessita di modelli di simulazione economica o di previsione in grado di cattura­re tanto le interazioni di mercato (necessarie per quantificare l’ef­fetto rebound) quanto quelle tra i diversi settori dell’economia. La complessità di questa seconda fase è tale che, ad oggi, si tende a rite­nere che gli impatti dell’economia circolare siano ancora poco chiari a livello macroeconomico (OECD 2017).

(…) ci concentriamo quindi sulla prima delle due fasi illustrate sopra, soffermandoci in particolare sul riciclo. Nell’ambito della circolarità, questa strategia riveste un ruolo preminente, come testimoniano, da un lato, la varietà dei progetti in essere e, dall’altro, una certa disponibilità di dati (Zo­boli et al. 2019).

Gli impatti del riciclo sul fabbisogno energetico vengono valutati più a livello di intuizione logica che da quantificazioni numeri­che

Nel caso di altre strategie (come, ad esempio, il ri­condizionamento), i dati a dispo­sizione sono alquanto limitati, con il risultato che la valutazione degli impatti sul fabbisogno energetico deriva più dall’intuizione logica che da quantificazioni numeri­che (10).

D’altra parte, la scarsità di dati è anche dovuta alla fondamen­tale complessità della circolarità e alla profonda specificità dei diversi progetti di circolarità. Il lavoro di Castellani et al. (2015), ad esem­pio, offre una quantificazione del­le implicazioni energetiche legate al riuso di una serie di articoli di consumo (abbigliamento, arreda­mento, oggettistica, etc.). Sicco­me i risultati ottenuti riguardano un insieme ben definito di oggetti, sono difficilmente generalizzabili e, quindi, hanno un valore infor­mativo alquanto limitato.

I dati che presentiamo sul ri­ciclo derivano solo in parte dalla letteratura scientifica (ad esempio Gutowski et al. 2013, Laurijssen et al. 2010), essendo spesso contenuti in pubblicazioni di settore o di sin­gole imprese. Per quanto riguar­da l’Italia, secondo la Fondazione Symbola (2019), il riciclo compor­terebbe (a livello aggregato) un ri­sparmio potenziale di 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio l’anno, pari al 12,5% della doman­da di energia.

I materiali maggiormente og­getto di riciclo sono quelli la cui produzione richiede relativamente molta energia e il cui corrispon­dente circolare, invece, è ottenu­to tramite cicli produttivi a bassa intensità energetica (tipicamente: acciaio, alluminio, cemento, ve­tro carta e plastica). I vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale impiega­to nel riciclo, delle caratteristiche merceologiche dell’output e della tecnologia impiegata.

I vantaggi, in termini di fabbisogno energetico, sono molto eterogenei e variano a seconda del materiale

Per quanto riguarda la plastica, ad esempio, Romei (un’impresa di trasforma­zione di polimeri plastici) distin­gue tra scarti derivanti da attività di consumo e scarti derivati da attività industriale. Se la plastica è del primo tipo, la produzione di una tonnellata di plastica riciclata richiede due tonnellate di plastica di scarto, mille litri d’acqua e 950 kWh di energia elettrica mentre, nel secondo caso, sono sufficienti una tonnellata di plastica, 80 li­tri d’acqua, e 220 kWh di energia elettrica.

Per quanto queste diffe­renze siano rilevanti, il vantaggio della produzione circolare è fuori discussione se si considera che per produrre una tonnellata di pla­stica equivalente da fonti vergini servono (secondo Romei) 900 litri di petrolio, 180.000 litri d’acqua e 14.000 kWh di energia elettrica.

Questi valori cambiano notevol­mente se si considera un altro tipo di produzione, quella del polietile­ne. Secondo Goto (2012) la produ­zione di una tonnellata di materia vergine richiede 8.200 kWh, men­tre il consumo energetico per il corrispondente riciclato si attesta attorno ai 3.000 kWh.

Allo stato attuale della tecnologia, non sempre la cir­colarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso del litio a partire dalle batterie a ioni di litio

Un’analisi molto simile a quella appena presentata per la plastica può essere condotta anche per gli altri materiali dal processo produt­tivo ad alta intensità energetica. Al di là del valore informativo relati­vamente allo specifico materiale, la conclusione sarebbe sostanzial­mente la medesima.

Merita, allo­ra, ricordare che, allo stato attuale della tecnologia, non sempre la cir­colarità rappresenta un’occasione di risparmio energetico, come nel caso, ad esempio, della produzio­ne circolare del litio a partire dalle batterie a ioni di litio (Golroudbary et al. 2019) o di alcune materie pla­stiche, quali quelle contenenti me­talli pesanti (Allwood 2014, Potting et al. 2017, Hahladakis 2018).

Inol­tre, le sue implicazioni sul fabbiso­gno dipendono da una notevole di aspetti, diversi da caso a caso, co­sicché i risultati di una qualunque analisi d’impatto sono ben poco il­lustrativi della circolarità in gene­rale.”


Il post è tratto dall‘articolo di Tullio Gregori e Jacopo Zotti Economia circolare e fabbisogno energetico: un’analisi teorica (pp.46-54) pubblicato su Energia 1.20

Tullio Gregori e Jacopo Zotti insegnano al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Trieste


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Foto: Unsplash

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