7 Maggio 2020

e la risposta giusta è… Stato imprenditore!

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Secondo la consigliera economica del Presidente del Consiglio, Mariana Mazzucato, lo Stato deve farsi imprenditore, dare una forma nuova ai mercati, alle organizzazioni produttive, ai rapporti sociali. Una cura che viene proposta da tempo, già prima dell’esplodere della pandemia. Si ha come la sensazione che “Stato imprenditore” sia la risposta a prescindere dalla domanda e viene da chiedersi se esista davvero un cura adatta a tutti i mali, e soprattutto a quello che ci troviamo ad affrontare. Perché il momento è estremamente delicato e la sfida apocalittica. E una medicina errata può rivelarsi, nel migliore dei casi, inutile; nel peggiore, dannosa.

Lo Stato imprenditore ci salverà dalla crisi del coronavirus? Oppure il coronavirus è l’occasione per puntare a obiettivi politici che nulla hanno a che vedere con esso? I recenti interventi di Mariana Mazzucato, consigliera economica del Presidente del Consiglio e componente della task force di Vittorio Colao, sembrano avvalorare questa seconda ipotesi. Intervistata da Repubblica, ha spiegato che lo Stato deve “indirizzare gli investimenti pubblici e privati verso aree che possano catalizzare innovazioni a livello intersettoriale per affrontare questioni che vanno dalla crescita verde all’invecchiamento della popolazione”.

Ha poi chiesto che lo Stato “agisca in simbiosi con le imprese”, seguendo la seguente traiettoria: “per ora le si aiuta, mettendo tra le clausole che rispetteranno alcune regole, per esempio su come e cosa investire”. Tesi ulteriormente precisata alcuni giorni dopo, in un lungo intervento sul Sole 24 ore: “Lo Stato non può limitarsi ad aggiustare i danni economici provocati dalla crisi finanziaria e dall’epidemia. Esso deve dare una forma nuova ai mercati, alle organizzazioni produttive e ai rapporti sociali e di lavoro che premi la creazione di valore e la resilienza sociale e ambientale”.

La ricucitura del tessuto economico è già di per sé una sfida apocalittica, sicuri che vada caricata di ulteriori obiettivi riformatori altrettanto complessi?

C’è qualcosa che non torna, in queste posizioni, sotto almeno tre aspetti. Primo: la recessione drammatica in cui è precipitata l’Italia ha un’origine e uno svolgimento molto chiari, legati all’emergenza sanitaria. Se ne può uscire soltanto aiutando il tessuto economico a tenere botta, e creando le condizioni per un ritorno in condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro e ai normali comportamenti di consumo. Il “come” è un vaste programme, ma proprio perché è già di per sé una sfida apocalittica, non è proprio il caso di caricarlo di ulteriori obiettivi, ancora più complessi, e oltre tutto privi di quella base di condivisione che oggi è quanto mai necessaria.

Cos’è innovazione? Quali sono i settori strategici? Che significa green?

Secondo: è molto facile spendere parole come “innovazione”, “settori strategici” o “green”. Come alla mamma, non si può non voler loro bene. Ma quando ci si cala nel concreto, cosa è innovazione? Quali sono i settori strategici? Che significa green? Spingere l’intera economia in una direzione – magari sulla base dei legittimi e inevitabili pregiudizi dei manovratori – rischia di produrre conseguenze disastrose, se la strada intrapresa si rivelasse un vicolo cieco.

A quali mani affidarci?

Terzo: anche ammesso di trovare una quadra ai quesiti precedenti, la via indicata da Mazzucato implica di dare pieni poteri alla pubblica amministrazione italiana, proprio quella che in tutte le classifiche internazionali si presenta come inefficiente e disfunzionale e che, in questi mesi, non si è dimostrata in grado di organizzare né l’approvvigionamento delle mascherine, né una seria indagine campionaria per stimare la reale diffusione del Covid-19.

In sintesi, almeno a leggere le riflessioni di Mazzucato, si ha come la sensazione che “Stato imprenditore” sia la risposta a prescindere dalla domanda. L’esigenza di ricostruire una nuova normalità è del tutto incidentale. Il pauroso vuoto di liquidità e di fatturati che si è aperto nei conti delle aziende offre semplicemente l’opportunità per promuovere (e sperimentare) una cura che era lì da tempo, pronta per l’utilizzo, a prescindere dalla malattia che si deve trattare.

Lo Stato imprenditore è, oggi, quello che era il “rock oil”: un liquido denso e oleoso che inquinava i pozzi di quelli che se lo trovavano nel sottosuolo, e la cui unica utilità consisteva nell’essere venduto come medicinale più o meno universale quando, ovviamente, non possedeva alcuna capacità curativa.

Allo stesso modo, lo Stato imprenditore non può curare il mali economici del coronavirus: se va bene è inutile, se va male ne aggiungerà altri.


Carlo Stagnaro è direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni


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Foto: Wikipedia

1 Commento
Giorgio Pulici 

Lo stato ha già provato ad essere imprenditore con il comunismo che storicamente è stata una disfatta senza precedenti sia dal punto di vista economico che sociale. Anche lo stato comunista più di successo della storia, la Cina, oltre a vessare i suoi cittadini con pesantissime limitazioni alle loro libertà, se confrontato con il suo massimo concorrente occidentale, gli USA, ne esce con le ossa rotte. Il PIL pro-capite USA è di 62.800$ contro i 6.800$ della Cina, ben 650% in più.


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