Il prolungato lockdown potrebbe accompagnarci, pur con entità variabile, ancora per diversi mesi, comportando cambiamenti, forzati o volontari, di numerosi nostri comportamenti. Sul fronte energetico ed ambientale, tre le aree particolarmente interessate: mobilità, lavoro, digitale. Innumerevoli le sfaccettature – trasporto pubblico/privato, elettrico e sharing, smart working, e-commerce e streaming – la cui sommatoria non è scontato dia esito positivo. Andranno infatti approfondite attentamente prima di decretarne il segno. Anche perché lungi dall’essere transitori, molti comportamenti potrebbero trasformarsi in una “nuova normalità”.
Come cambieranno i nostri comportamenti dopo due mesi di forzata clausura e il graduale sperabile ritorno alla normalità? Come impatteranno sul mondo dell’energia? Come cambieranno le politiche pubbliche, strette tra la necessità di fornire soluzioni adeguate alle classi povere e quella di riprendere la via della sostenibilità con costi che su queste classi gravano soprattutto? Tre le aree maggiormente interessate: mobilità, lavoro, digitale.
Mobilità: è molto plausibile un maggior ricorso all’auto privata rispetto ai mezzi pubblici non solo nelle aree urbane, per più ragioni:
(a) l’impossibilità ad aumentare il numero di mezzi in breve tempo, anche considerando le perdite che le società di trasporto pubblico stanno subendo;
(b) difficoltà a gestire il distanziamento sociale dei passeggeri, non essendo da noi stati avviati sistemi di prenotazione on demand come all’estero;
(c) necessità di sanificare i mezzi, che richiederebbe l’assunzione di molto personale;
(d) imprevedibili tempi degli spostamenti.
Morale: autobus mezzi vuoti e giocoforza auto in gran numero, al punto che in molte città (tra cui Milano) sono stati eliminati molti divieti d’accesso alle aree pedonali e il parcheggio è gratis.
La crisi consoliderà la tendenza italiana a preferire i mezzi privati a quelli pubblici
Da noi, comunque niente di nuovo. Semplicemente si consoliderà la tendenza in atto da lungo tempo a preferire i mezzi privati (il ricorso ad auto e moto era già superiore al 60%) su quelli pubblici che contano per nemmeno il 10%. Ed è di poco conforto notare che all’interno del perimetro comunale l’uso dei mezzi privati tendesse a ridursi (52,1%) a favore degli spostamenti a piedi o in bici (39%). Nel caso della mobilità extra-urbana, la tendenza infatti si ribaltava, decretando l’assoluta centralità di auto e moto (84,8%).

Guardando ai dati reali, quella che si è preso a denominare mobilità sostenibile non ha registrato negli ultimi anni alcuna modifica significativa. Governo e amministrazioni locali ritengono che l’aumento delle piste ciclabili porti con sé un maggior ricorso alle biciclette, che se elettriche godranno con il nuovo Decreto Rilancio di un bonus sino a 500 euro così come ai monopattini elettrici (con limiti di velocità di 50 km orari!).
Se l’elettrico, nella forma di biciclette e monopattini, potrebbe rafforzarsi grazie agli incentivi, l’altro pilastro della mobilità sostenibile – lo sharing – subirà invece una contrazione
Un tributo alla retorica ambientalista con zero effetti sulla mobilità a discapito delle tasche dei contribuenti e lungi da una pianificazione eco-razionale della mobilità italiana come auspicata nello studio Fondazione Caracciolo, ENEA e CNR.
Per contro, il ricorso al car pooling e car sharing subirà una secca riduzione, per la necessità di continue sanificazioni delle auto. Deloitte prevede un avvallamento nel loro utilizzo che potrà richiedere uno-due anni per tornare sulla precedente traiettoria di crescita.

Seconda area da analizzare è quella del lavoro. La grande sperimentazione che si è fatta durante i due mesi di clausura col ricorso allo smart working e allo studio da remoto ha significato una forte contrazione degli spostamenti con effetti benefici sull’ambiente. Per contro, sono aumentati i consumi di elettricità, sia domestici che degli uffici. Se un impiegato ha continuato a lavorare in ufficio mentre uno è rimasto a casa il consumo di elettricità si è infatti raddoppiato.
Se un impiegato lavora in ufficio mentre un altro da casa, i consumi di elettricità si sdoppiano
Ricerche relative agli Stati Uniti, dove il lockdown è stato molto meno invasivo, hanno rilevato un aumento sensibile degli usi elettrici domestici, pur non tale da controbilanciare il crollo negli altri settori. Mentre normalmente il picco dei consumi domestici lo si ha nel primo mattino, adesso, si è spostato più avanti, non dovendo portare i bimbi a scuola, a quando si prende a lavorare o studiare.
Sull’impatto del teleworking sui consumi di energia, una recente ampia rassegna degli studi sul tema conclude che la maggior parte di questi sostiene ne determini una riduzione netta mentre una parte minoritaria che i consumi possano al contrario aumentare o essere neutrali.
Secondo Martin Wolf, il cambio nelle modalità di lavoro, con un allontanamento dagli uffici ed un maggior ricorso alla tecnologia, sarà permanente. L’impatto d questo fenomeno sui consumi di energia andrà approfondito ulteriormente prima di decretarne il segno.
Bisognerà vedere se il coronavirus porterà a cambiamenti permanenti nel comportamento dei consumatori. Una volta superata la crisi, quelli che hanno imparato e magari preso gusto ad acquistare online – e qui passiamo all’area digitale, per molti versi strettamente connessa alla precedente – potrebbero continuare a farlo, favorendo le aziende esposte all’e-commerce a discapito dei negozi tradizionali.
+75% gli italiani che nel mese di marzo hanno acquistato per la prima volta online
Il 75% degli italiani che hanno acquistato online nel mese di marzo – nella settimana dal 16 al 22 le vendite sono aumentate del 150% – ha dichiarato di non averlo mai fatto prima. È prevedibile continueranno a farlo con ricadute a cascata su diversi aspetti della vita economica e sociale, a partire da minori spostamenti dei consumatori controbilanciato da una maggiore movimentazione dei beni da parte dei corrieri. Se chiari sono alcuni vincitori, v’è il rischio che meno lo siano i vinti.
I numeri di Amazon dopo l’avvento di COVID-19 parlano da soli: aumento delle vendite, apprezzamento del 30% del titolo da inizio anno con una capitalizzazione di 1.170 miliardi dollari, assunzione di 175mila precari solo negli Stati Uniti.
Piattaforme come Netflix e Amazon Prime Video assorbono da sole il 60% dell’intero traffico dati internet
Altro fronte da osservare è quello dei servizi streaming, sia di piacere che di lavoro (con servizi come Skype, Meet o Zoom), che in questi mesi sono cresciuti notevolmente per ben note ragioni. Piattaforme come Netflix e Amazon Prime Video assorbono da sole il 60% dell’intero traffico dati internet che si appoggia su giganti data center che consumano oltre il 2% della domanda elettrica mondiale e immettono nell’atmosfera una quantità di CO2 pari all’intera industria del trasporto aereo.
V’è da presumere che con il telelavoro, l’incerto futuro prossimo di cinema e teatri, il possibile andamento a yo-yo della pandemia (e quindi dei lockdown) il ricorso a questi servizi, già previsti crescere enormemente, subirà un’ulteriore accelerata.
Internet consente l’accesso a servizi a ridotta intensità carbonica, ma le emissioni connesse ad un aumento degli usi di elettricità dipendono dalle tecnologie di generazione
L’accresciuto uso di internet se da un lato ha facilitato l’accesso a servizi a minor intensità carbonica, dall’altra ha comportato un aumento degli usi di elettricità e delle emissioni di anidride carbonica (in funzione delle modalità con cui l’elettricità è prodotta: se a generarla sono rinnovabili, l’impatto carbonico è quasi nullo, se accade in Germania molto elevato perché 4 Kwh su 10 sono prodotti col carbone).
Come andranno le cose nel post-COVID-19 è in conclusione incerto o almeno non predeterminabile. Difficile prevedere ora le innumerevoli implicazioni che il mutamento dei nostri comportamenti provocherà a cascata. Azzardato sostenere che saranno in meglio.
Un colpo al cerchio (dell’ambiente) ed uno alla botte (delle necessità)
Alcuni comportamenti potrebbero essere virtuosi, altri molto meno. La popolazione temo sarà mediamente più povera così che è inverosimile che tra le sue priorità vi sia la sostituzione della caldaia con una energeticamente più efficiente o la possibilità di comprarsi un auto ibrida o elettrica. A meno che gli incentivi non siano elevatissimi. E in questo caso verrebbero finanziati con un maggior debito pubblico finendo in ogni modo per ricadere sulle spalle della collettività.
Guardando all’insieme delle misure sinora adottate in Italia mi sembra si sia scelta la via di non scontentare nessuno, dando un “colpo al cerchio (dell’ambiente) ed uno alla botte (delle necessità)”: quindi più biciclette (elettriche) ma anche più auto private in centro, più ecobonus ma anche via la plastic tax per proteggere le imprese che la producono.
In attesa che lo European Green Deal invocato a gran voce, Italia in testa, apra la strada verso un futuro migliore. Possibilmente accompagnato da una pioggia di denari.
Alberto Clò è direttore della rivista Energia
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Foto: Pixabay
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