19 Maggio 2020

Quer pasticciaccio brutto (dei certificati bianchi)

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I titoli di efficienza energetica (TEE) sono stati osannati per anni per via degli ingenti risparmi di energia e miglioramenti di efficienza economica ottenuti. Almeno sulla carta. A studiarli con attenzione non si potevano non notare le insidie nascoste. Gli artifizi si sono susseguiti e continuano a tenere in piedi il meccanismo, ma i controlli accertano con sempre maggior frequenza incentivi indebitamente percepiti. Vedremo quale verrà escogitato per riuscire a convertire i TEE virtuali nei risparmi effettivi che il meccanismo dovrebbe portare secondo gli impegni assunti con l’Unione Europea. In piena emergenza COVID-19 e con bassi prezzi dell’energia, servirebbe un sistema di promozione dell’efficienza energetica armonizzato a livello europeo.

Come e perché i certificati bianchi (altrimenti detti, titoli di efficienza energetica – TEE) stessero diventando un caso da manuale di fallimento della regolazione, avevo provato a spiegarlo su Energia 4.18. In mancanza di una revisione profonda e accurata del meccanismo le cose non potevano che peggiorare al punto di diventare un pasticciaccio brutto.

I certificati bianchi sono stati osannati per anni a ragione degli ingenti risparmi di energia ottenuti, almeno sulla carta, e dell’efficienza economica con la quale li generavano a getto continuo. A studiarli con attenzione non si potevano non notare le insidie nascoste in un meccanismo regolato da una pletora di soggetti a cui è affidato il compito delicato di stabilire la domanda e l’offerta: Ministero dello Sviluppo economico, Ministero dell’Ambiente, ARERA, GSE, ENEA, RSE, GME e, inevitabilmente, anche la Giustizia Amministrativa.

Un primo vulnus risiede nella pletora di soggetti a cui è affidato il delicato compito di stabilire domanda e offerta

Agli esordi, le schede tecniche predisposte per il riconoscimento dei certificati bianchi erano piuttosto semplici, ma avevano finito con premiare tipologie di investimento che in molte applicazioni non avrebbero necessitato di incentivi per essere realizzate. ENEL poté concedersi il lusso di regalare ai suoi clienti milioni di lampadine fluorescenti, che poteva acquistare con profitto grazie ai certificati bianchi che la scheda tecnica riconosceva a queste lampadine.

Questa prima fase servì a rendere più confidenti con un mercato nascente i distributori, che sono obbligati all’acquisto dei certificati, le ESCO, che erano sorte numerose per stimolare gli investimenti capaci di produrre risparmi e certificati, e, infine, le varie amministrazioni che quel meccanismo avrebbero dovuto sapientemente regolare. Purtroppo si è di lì in avanti operato seguendo alla lettera il detto evangelico: non sappia la sinistra ciò che fa la tua destra. E se le mani coinvolte sono più di quelle della dea Kalì il pasticcio è inevitabile. 

Si era diffusa una fiducia incrollabile nelle virtù del meccanismo di stimolare risparmi di energia sempre nuovi

L’asticella degli obblighi imposti ai distributori veniva alzata di decreto in decreto perché si era diffusa una fiducia incrollabile nelle virtù del meccanismo di stimolare risparmi di energia sempre nuovi, sempre maggiori e sempre a costi contenuti, che erano fondamentali per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica fissati a livello europeo. Se non era proprio cieca, era forse una fiducia con una vista molto miope, che non vedeva bene il peso delle lampadine fluorescenti sui risultati fin lì ottenuti e non vedeva ancora i comportamenti truffaldini che sarebbero poi emersi. Stranamente la vista si fece d’un tratto più acuta sul lato dell’offerta. Si decise di applicare un criterio di addizionalità dei risparmi di energia più stringente, quel che innescò un lento processo di prosciugamento del flusso di nuovi certificati. 

(Sull’addizionalità dei risparmi di energia si sono scritti fiumi di pagine e non vale la pena di tornarci sopra, anche perché l’inchiostro non fa in tempo ad asciugarsi sulla pagina che l’innovazione tecnologica e i mutamenti nei prezzi relativi hanno già modificato quel livello baseline dei consumi a partire dal quale l’addizionalità dovrebbe essere misurata.)

Pur con tutte le migliori intenzioni del mondo, l’esito di questa dinamica divergente, tra una domanda che continua a salire e un’offerta che lentamente si prosciuga, è scontato: i prezzi si impennano. Per limitare gli oneri da recuperare in bolletta per rimborsare i distributori dei costi sostenuti per acquistare i certificati, è stato imposto nel 2018 un tetto ai prezzi di mercato senza al contempo rendere meno stringente l’applicazione del criterio di addizionalità. Gli ultimi due rapporti annuali del GSE registrano puntualmente gli effetti. Nel biennio 2018-2019 i nuovi certificati riconosciuti si sono dimezzati, con un calo, anno su anno, prima del 34% e poi del 24%. Laddove gli obblighi annuali fissati per i distributori dal decreto ministeriale del 11 gennaio 2017 avrebbero imposto un ulteriore aumento del 16% dei TEE da consegnare.

Il meccanismo resta – per ora – in piedi grazie a un ennesimo artifizio

Il meccanismo resta per ora in piedi grazie a un ennesimo artifizio, che consente ai distributori di compensare una parte del loro obbligo con titoli non derivanti da progetti di efficienza energetica. Tutto ciò ha permesso di dimezzare gli oneri in bolletta da 2,086 miliardi relativi all’obbligo del 2017 a 1,058 miliardi per l’obbligo del 2018. Ma getta un’ombra minacciosa sul conseguimento effettivo dei risparmi di energia attesi dal meccanismo, che si allunga sul passato da quando i controlli eseguiti dal GSE accertano con sempre maggior frequenza incentivi indebitamente percepiti, ovvero a fronte dei quali non sussisterebbero risparmi effettivi. 

“I dati pubblicati dal GSE in riferimento alle verifiche effettuate sulle pratiche dei certificati bianchi” riporta l’associazione ESCo Unite “sono allarmanti (…) delle 10.600 verifiche concluse, circa il 95% ha comportato la revoca degli incentivi per un controvalore economico di circa 600 milioni di euro.”

A complicare il pasticcio, la sentenza del TAR della Lombardia del 2019  

A complicare il pasticcio, è arrivata alla fine del 2019 una sentenza del TAR della Lombardia, che annulla la delibera con la quale ARERA aveva introdotto il prezzo massimo dei certificati bianchi che il Governo aveva stabilito con un precedente decreto, nel quale aveva esercitato, secondo i giudici del TAR, poteri che rientrano tra le attribuzioni esclusive dell’Autorità. Tutto questo ha avviato un processo di consultazione che si è da poco concluso. In attesa della nuova delibera, riporto la sostanza delle proposte di ARERA contenute nel documento di consultazione, che è confermare il tetto al livello stabilito dal Governo (pag. 6). Come era inevitabile.

Vedremo quale sarà l’artifizio che sarà escogitato per riuscire a convertire i TEE virtuali nei risparmi effettivi che il meccanismo dovrebbe portare secondo gli impegni già assunti con l’Unione Europea. Per ora notiamo che nel nuovo PNIEC il contributo atteso dai certificati bianchi a partire dal 2021 è stato ridimensionato, anche se resta ancora consistente.

Servirebbe un sistema di promozione dell’efficienza energetica armonizzato a livello europeo

Il coro di voci che si è immediatamente alzato per contestare il ridimensionamento esprime ragioni fondate sulle stesse premesse che hanno portato all’attuale pasticcio: le stime di un costo molto basso per TEP risparmiata, che sono datate e ormai inaffidabili, e le vaste potenzialità di risparmio addizionale nel settore industriale, che negli ultimi anni è stato il principale beneficiario degli incentivi erogati attraverso i certificati bianchi.

In piena emergenza COVID-19 e con prezzi dell’energia a livelli talmente bassi da rendere assai poco attraenti gli investimenti in efficienza energetica in qualunque settore, converrebbe studiare un sistema di promozione dell’efficienza energetica armonizzato a livello europeo, che laddove necessiti di incentivi economici possa avere accesso a fondi europei. E nel quale sia possibile aggiustare gli obiettivi di efficienza energetica alla luce degli effetti più o meno duraturi che l’emergenza lascerà.


Giovanni Goldoni è professore presso l’Università di Verona e membro del Comitato Scientifico della rivista Energia


Sul tema certificati bianchi leggi anche:
Efficienza energetica: una valutazione delle misure individuate nel PNIEC, di Stefano Venier, 6 Marzo 2019
Ascesa e declino dei Certificati Bianchi, di Redazione, 14 Dicembre 2018
Quali misure per ridurre nel breve la CO2 in Italia, di Hannelore Rocchio, 26 Ottobre 2018

Foto: Unsplash

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