Per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione servono nuovi investimenti in energie rinnovabili. Per non ricorrere a sussidi sproporzionati, Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni) propone l’uso di PPA, che spostano il rischio-prezzo sul compratore, da promuovere attraverso il riconoscimento di crediti spendibili sul mercato europeo della CO2 per le emissioni evitate.
Tutti vogliono le rinnovabili, ma lontane da casa loro e comunque senza aggravi sulle bollette, mentre siamo obbligati a realizzarle per i vincoli posti dall’Unione Europea e gli impegni assunti nel Piano Integrato Energia e Clima.
Tra gli strumenti utili al loro sviluppo una particolare rilevanza hanno assunto i corporate PPA (Power Purchase Agreement o accordi pluriennali di acquisto) che legano l’installazione di nuova capacità rinnovabile a un impegno di ritiro dell’energia prodotta da parte di terzi a un prezzo prestabilito. Nell’articolo pubblicato su ENERGIA 2.20 Carlo Stagnaro propone un “metodo per far convergere le diverse metodologie di incentivazione delle fonti rinnovabili (…) con un duplice obiettivo: (i) rendere il valore dell’incentivo legato al beneficio ambientale e non al costo delle specifiche tecnologie; (ii) promuovere la competizione tra i singoli progetti e le diverse fonti sulla base dei rispettivi costi, e non sulla base delle scelte top down effettuate dal regolatore”.
Una proposta per legare il valore dell’incentivo al beneficio ambientale e non ai costi di produzione, secondo un principio di neutralità tecnologica
La proposta di Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni) parte dall’osservazione dell’elevato e non più sostenibile costo che i diversi strumenti di incentivazione delle rinnovabili hanno prodotto, con la crescente preferenza per forme di disincentivo delle fonti inquinanti, come le carbon tax o gli schemi di cap and trade. Quanto al meccanismo dell’ETS, la coesistenza di incentivazione diretta e obiettivi specifici rischia di penalizzarne il funzionamento generando un effetto depressivo sui prezzi dei certificati di emissione, riducendone la funzione segnaletica (par. 1. Schemi di supporto delle fonti rinnovabili).
È in questo contesto che si inserisce il dibattito sullo sviluppo dei PPA che “rispondono all’esigenza di pervenire a una allocazione del rischio tra le parti (produttore, off-taker e finanziatore) che consenta di rendere bancabile un investimento il cui costo è in larga parte concentrato nella fase iniziale, mentre i ricavi sono incerti e spalmati nel tempo. Inoltre, più aumenta la quota di energia prodotta da fonti a basso o nullo costo marginale, più il prezzo di mercato (nelle ore in cui tali impianti producono) tende a scendere, a parità di altri elementi. Quindi, in un certo senso, le rinnovabili rischiano di cannibalizzare sé stesse”. È essenziale pertanto allocare e gestire correttamente i rischi connessi ai PPA e adottare strumenti che abbiano l’effetto di facilitarne la distribuzione (par. 2. Come finanziare i PPA?).
I PPA sono uno strumento per rendere bancabile un investimento il cui costo è in larga parte concentrato nella fase iniziale, mentre i ricavi sono incerti e spalmati nel tempo
Partendo dal presupposto che i corporate PPA possano costituire uno strumento per favorire la realizzazione di nuovi impianti a energie rinnovabili, in assenza di incentivi, occorre valorizzare i possibili soggetti off-taker: imprese energivore, consorzi industriali, utility e trader, comunità energetiche.
“L’eventuale supporto pubblico deve essere tale da generare effettiva addizionalità nella domanda di PPA, e non spiazzamento. Inoltre, non deve comportare forme tacite di socializzazione dei costi: misure come una garanzia di prezzo minimo (…) o l’attribuzione a soggetti pubblici (quali Acquirente Unico o Consip) di un ruolo di compratore di ultima istanza (…) sono de facto equivalenti al sostegno pubblico tramite incentivi a cui i PPA dovrebbero rappresentare un’alternativa”.
L’incentivo pubblico non può tradursi in forme implicite di socializzazione dei costi: la soluzione è riconoscere crediti per le emissioni di CO2 evitate
Una possibile soluzione è la valorizzazione dei PPA in funzione delle emissioni di CO2 evitate, legando “la realizzazione di nuova capacità rinnovabile attraverso i PPA al mercato europeo delle quote di emissione”. L’intuizione è che la realizzazione di un nuovo impianto rinnovabile grazie a un PPA determina un beneficio sociale non pienamente catturato dai prezzi di mercato, né riconosciuto in altri modi dalle politiche esistenti. “Pertanto si potrebbe riconoscere ogni anno, per l’intera durata del contratto, un numero di certificati di emissione a favore dell’off-taker pari al volume di emissioni evitate, in base al principio che – in assenza di tale investimento – egli avrebbe comunque ritirato dalla rete un analogo quantitativo di energia” (par. 3. Una proposta: collegare i PPA all’ETS).
Una simile soluzione genererebbe due vantaggi (par. 3.1). Il primo è che delega al mercato la quantificazione dell’incentivo. Starebbe infatti agli operatori valutare se sia più conveniente risparmiare quote di emissione intervenendo sui propri processi oppure migliorando il tenore carbonico dell’energia utilizzata per alimentarli (guadagnando certificati di emissione attraverso il PPA) o, ancora, semplicemente comprando i titoli di emissione. Il PPA renderebbe comunque possibile una riduzione delle emissioni.
Con l’incentivo definito dal mercato, diviene più conveniente investire dove l’intensità carbonica è più alta
Il secondo vantaggio della proposta è legato al fatto che “l’interesse pubblico ad avere un impianto addizionale alimentato a fonti rinnovabili dipende dalla quantità di emissioni che vengono evitate, ossia dall’intensità carbonica della generazione elettrica”. In un sistema del genere, sarebbe “più conveniente installare un impianto in Polonia anziché in Svezia (Fig. 3)”.
Esistono tuttavia degli aspetti critici, come la corretta quantificazione dei certificati da riconoscere e la loro contabilizzazione rispetto a quelli ordinariamente emessi, nonché il problema dell’incertezza del prezzo di mercato. Nell’articolo su ENERGIA 2.20 vengono discusse alcune possibili soluzioni (par. 3.2. Le criticità).
L’articolo in conclusione (par. 4) propone un meccanismo finalizzato a:
- promuovere investimenti privati nelle fonti rinnovabili;
- riconoscere il contributo di tali investimenti al raggiungimento degli obiettivi europei;
- coordinare le politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili all’Emissions Trading System europeo;
- legare il valore dell’incentivo al beneficio ambientale, e non ai costi di produzione, secondo un principio di neutralità tecnologica.
Da ultimo: “collegare lo sviluppo delle rinnovabili all’andamento dei prezzi dei titoli di emissione e, contemporaneamente, riconoscere il ruolo degli impianti realizzati grazie a schemi di finanziamento privati come i PPA è un modo per razionalizzare e armonizzare le politiche europee di decarbonizzazione e promozione delle fonti rinnovabili. In tal modo, si potrebbero premiare le imprese che riducono le emissioni sottostanti al loro processo produttivo, valorizzando il beneficio ambientale e senza creare rendite di posizione”.
Il post presenta l’articolo Dai PPA all’ETS: un approccio orientato al beneficio ambientale (pp. 58-64) di Carlo Stagnaro pubblicato su ENERGIA 2.20
Carlo Stagnaro è direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni e membro del Comitato di Redazione di Energia
Foto: Unsplash
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