10 Luglio 2020

I PNIEC tra governance europea e nazionale

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I Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (PNIEC) sono un tassello importante della nuova governance energetica e climatica europea. Per comprenderne appieno potenzialità e limiti è necessario analizzare questi strumenti sia nell’ambito del Quadro UE 2030 sia a livello nazionale. Quello che propone Andrea Prontera (Università di Macerata) su ENERGIA 2.20. Nel primo caso essi contribuiscono allo sviluppo dell’experimentalist governance dell’UE e a rafforzare l’influenza della Commissione europea sulle politiche degli Stati membri. Nel secondo caso, come illustrato dall’esperienza italiana, l’impatto dei PNIEC appare limitato. Questo è vero soprattutto rispetto a due temi importanti: la promozione degli investimenti e il coordinamento fra diversi ambiti di policy e livelli di governo.

“Come è noto, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, il paradigma di governo dell’energia è stato profondamente rivoluzionato. Il pendolo si è spostato sempre di più dallo Stato al mercato e (…) anche in campo energetico si è assistito all’emergere dello Stato Regolatore (…) È altrettanto noto che, a partire dalla metà del primo decennio Duemila, il pendolo delle politiche energetiche è tornato nuovamente ad oscillare verso lo Stato”.

Questo lo sfondo si sviluppa l’articolo di Andrea Prontera (Università di Macerata), pubblicato su ENERGIA 2.20, che mette in evidenza i limiti e le potenzialità dei Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (PNIEC), tassello importante della nuova governance energetica e climatica europea che l’Unione Europea ha adottato dopo che “L’approccio di mercato seguito (…) si è rivelato inadeguato di fronte alle nuove sfide della sicurezza energetica e della lotta al cambiamento climatico.”

Il recupero degli strumenti di programmazione non rappresenta una semplice riedizione del passato, in quanto riadattati e incentrati sul binomio mercato-governance piuttosto che Stato-governo

“Come sottolineato nei documenti dell’UE, tali piani rispondono a una duplice esigenza. Da un lato, accrescere il coordinamento orizzontale (fra settori) e verticale (fra livelli di governo) nelle politiche energetiche e climatiche nazionali. Dall’altro lato, facilitare gli investimenti privati, aumentando le «investor certainty» e «investor confidence» (3) grazie ai nuovi strumenti di programmazione pluriennale”. Non manca tuttavia un’altra lente analitica, che inquadra i PNIEC “fra quelle forme di governance che la Commissione europea adotta per influenzare le politiche nazionali in maniera indiretta (…) laddove molte competenze rimangono nelle mani degli Stati”.

L’analisi si concentra su due aspetti: gli investimenti e il coordinamento fra diversi ambiti di policy e di governo. “Il punto non è negare l’utilità di un simile strumento, ma valutarne limiti e potenzialità. Da una parte, il processo di programmazione legato ai PNIEC accresce il ruolo della Commissione nella governance europea. Dall’altra, però, essi non sembrano sufficienti a rassicurare gli attori privati sulla credibilità degli impegni presi dai governi. Così come problematica ne appare la capacità di promuovere un approccio whole-of-government (pangovernativo) negli Stati membri”.

Nonostante queste forme di governance si reggano principalmente su strumenti soft, esse offrono una serie di vantaggi

A tal fine, vengono in primo luogo collocati i PNIEC nell’ambito del Quadro 2030 per il Clima e l’Energia dell’UE (par. 1) per poi passare ad illustrarne gli aspetti di governance più rilevanti (par. 2). Secondo l’Autore, il fatto che Quadro 2030 non fissi target vincolanti a livello dei singoli Stati membri, ma solo un obiettivo vincolante a livello UE indebolisce solo apparentemente in quanto “proprio gli elementi procedurali della Governance Regulation (…) contribuiscono a rendere più stringenti i vincoli (e) vanno quindi nella direzione di rafforzare la governance europea (…) finendo per assomigliare piuttosto a quella che Sabel e Zeitlin hanno indicato come experimentalist governance (una) forma di governance che poggia su processi iterativi, architetture istituzionali multi-livello, framework che fissano target e metriche comuni, nonché procedure per valutare il raggiungimento degli obiettivi concordati dalle istituzioni europee e i governi nazionali”.

L’analisi passa quindi a trattare il PNIEC italiano e come esso si collochi nella realtà politico-amministrativa del Paese (par. 3. Il PNIEC in Italia: nuovi strumenti vecchi problemi). “Si è passati da oltre vent’anni senza documenti di programmazione a una fase, convulsa, in cui ne sono stati approvati ben tre nell’arco di cinque anni. Il punto ovviamente non è solo la proliferazione di documenti – che comunque di per sé ne mina la credibilità – ma il fatto che con i cambi di maggioranze politiche sono state rimesse in discussione scelte che fino al giro precedente erano considerate strategiche”, come nel noto caso del Trans-Adriatic Pipeline (TAP).

La stabilità degli obiettivi di medio-lungo periodo può essere accompagnata da un’instabilità del quadro regolativo, che invece è l’aspetto più rilevante per gli operatori privati

Contorsioni e giravolte che si ripropongono anche nel PNIEC, ad esempio, sul fronte del gasdotto EastMed, indicato “fra le infrastrutture che potrebbero accrescere la sicurezza energetica del Paese” per poi affrettarsi a chiarire che “«potrebbe non rappresentare una priorità» (16) lasciando irrisolta la questione dirimente se il governo italiano intenda impegnarsi o meno per sostenerla a livello UE e internazionale”.

Nei fatti, “molti degli aspetti critici evidenziati da Bruxelles sono rimasti vaghi” anche dopo che “a dicembre 2019 il Governo Conte – nel frattempo diventato Governo Conte II (…) – ha inviato alla Commissione il PNIEC nella sua versione definitiva in cui si precisa come le sue raccomandazioni siano state prese in considerazione”.

Nelle riflessioni conclusive (par. 4) Prontera ribadisce l’importanza dei PNIEC nella nuova governace climatiche ed energetica europea, ma sottolinea come vadano contestualizzati “nell’ambito di quelle forme di experimentalist governance che agiscono principalmente in via indiretta e attraverso processi reiterati di apprendimento”. Pertanto, “una valutazione della loro efficacia non può che avvenire su tempi medio-lunghi”.

Se “nell’ottica della Commissione, i PNIEC dovrebbero contribuire a risolvere il problema dei credible commitments, che sta alla base dello Stato Regolatore (…) possono sicuramente svolgere un ruolo positivo anche a livello nazionale a patto però di aver ben presente quali sono i loro limiti strutturali”.


Il post presenta l’articolo Il PNIEC nella governance europea e nazionale (pp. 66-71) di Andrea Prontera e pubblicato su ENERGIA 2.20.

Andrea Prontera è professore presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Comunicazione e Relazioni Internazionali dell’Università di Macerata

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Foto: Unsplash

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