A luglio 2018 sono entrate in vigore quattro nuove Direttive che hanno cambiato radicalmente la disciplina sulla gestione dei rifiuti. L’articolo di Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca su ENERGIA 2.20 presenta un’analisi quantitativa della situazione attuale dell’Italia rispetto a questo pacchetto. In particolare, si concentra sulla filiera dei rifiuti urbani e da imballaggio, proponendo uno scenario al 2035. Un piano concreto di sviluppo del parco impiantistico, volto a riequilibrare le situazioni regionali, permetterebbe al nostro Paese di raggiungere gli obiettivi, rimodulare il costo che grava sulle famiglie (in termini di tassa sui rifiuti) e ridurre l’esternalità negativa derivante dal trasporto nazionale e internazionale dei rifiuti.
“Il 2018 è stato l’anno dell’economia circolare: dopo l’emanazione del Piano d’Azione dell’Unione Europea per l’economia circolare (…) sono entrate in vigore quattro nuove Direttive che hanno dato il via a una serie di iniziative, programmi, ricerche e studi. A distanza di cinque anni dal Piano, è opportuno fare il punto sui primi risultati raggiunti”. Questa la premessa di Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca nel loro studio pubblicato su ENERGIA 2.20.
“In questo articolo, ci concentriamo su quello che, a nostro parere, è uno degli aspetti più interessanti e concreti della circolarità: la gestione dei rifiuti urbani e il riciclo dei materiali. L’obiettivo è valutare la performance generale dell’Italia rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea (UE). Successivamente, la riflessione si sposta sulla filiera di trattamento dei rifiuti nel nostro Paese, concentrandosi sui rifiuti urbani e su quelli da imballaggio per fornire un qualche fondamento quantitativo alla discussione”.
Il concetto di entropia non si applica solo all’energia, ma anche alla materia: la discarica rimane un asset necessario, anche una volta raggiunti gli obiettivi europei
L’analisi muove dei nodi principali della normativa europea in materia di rifiuti (par. 1.) concentrandosi in particolare sulla Direttiva 2018/851/UE “che prevede la revisione dei target di riciclo di due flussi principali: (i) rifiuti urbani e (ii) rifiuti da imballaggio”. Passa quindi a presentare la situazione in Europa (par. 2.) che vede “un disaccoppiamento relativo, ma non ancora assoluto” tra crescita economica e produzione di rifiuti”.
Il packaging (di qualsiasi materiale) ha costituito nel 2016 poco meno del 12% del totale dei rifiuti, la plastica il 2,4%, i rifiuti urbani lo 0,03%
Calandosi nel panorama nazionale (par. 3. Un focus sulla situazione in Italia) le Autrici ritengono che “il sistema italiano è potenzialmente in grado di raggiungere, sotto una pluralità di condizioni: che si realizzino gli impianti necessari a gestire i maggiori flussi previsti, si affronti il tema dell’ecodesign per ridurre la generazione di rifiuti, cresca in quantità e qualità la raccolta differenziata, vi sia certezza sulla normativa EoW e sia assicurato maggiore sbocco di mercato alle materie prime secondarie”.
Vengono quindi approfonditi lo stato della produzione dei rifiuti urbani (par 4.) e della raccolta differenziata (par. 5.) al fine di tracciare due scenari per l’Italia al 2035: A) “in cui il livello di produzione dei rifiuti urbani rimane stabile a 30 mil. tonn.” e B) “in cui, a seguito di una ripresa rapida dell’economia, la produzione di RU cresce a un tasso moderato”.
Nel 2016 sono stati percorsi su territorio nazionale 1,2 mld. km per spostare i rifiuti (sia urbani che speciali): equivalenti a percorrere «175 mila volte l’intera rete autostradale italiana e circa 30 mila volte il giro della terra» – FISE Assoambiente
Dopo aver evidenziato l’importanza del parametro impianti, Di Felice e Migliavacca portano l’attenzione un atro paramentro altrettanto rilevante: “la movimentazione dei rifiuti, non solo come import-export degli stessi verso paesi dell’UE o extra UE, ma anche come flussi nazionali” (par. 6. Riciclo e trasporti). “Apparentemente dunque, i flussi di esportazione e di importazione dell’Italia si muovono su due binari distinti: da un lato l’export di rifiuti da processi produttivi per il trattamento finale (ceneri, scorie e polveri), dall’altro l’import di rifiuti recuperabili per il riciclaggio (legno, vetro, plastiche e metalli)”.
Un paragrafo a parte è poi dedicato a quello che viene definito un “sorvegliato speciale”: i rifiuti da imballaggio (par. 7). L’Italia ha già raggiunto gli obiettivi di riciclaggio complessivo del packaging e di tutte le altre frazioni merceologiche stabiliti dalla Direttiva 2018/852/UE, ad eccezione di quello previsto per la frazione plastica. Un dettaglio non di poco conto, dato che “il 94% della plastica che compone la RD (raccolta differenziata) è costituito da imballaggi, il mancato raggiungimento dell’obiettivo potrebbe compromettere il raggiungimento del target di riciclo dei rifiuti municipali”.
“Perché” si chiedono le Autrici “la maggior parte dei rifiuti da imballaggio in plastica che raccogliamo in modo differenziato va soprattutto a recupero energetico e non a riciclo?” Per rispondere, ripercorrono cosa succede a un imballaggio in plastica dopo che un normale cittadino lo ha correttamente differenziato”. Quel che le porterà ad un’altra, più dettagliata, domanda: “Come potrebbero essere superate le criticità della complessa gestione del plasmix?”
Nelle conclusioni (par. 8) si sostiene che “gli obiettivi dettati dall’UE sono alla portata del nostro Paese, ma serve gioco di squadra. Da un lato, (…) serve un potenziamento di tutta la filiera di gestione dei rifiuti (…) Dall’altro, il peso di affrontare questa sfida deve essere condiviso in modo più bilanciato tra le regioni italiane, puntando il più possibile alla autosufficienza”. Non mancano infine considerazioni legate alla pandemia COVID-19: “la frenata dell’economia ridurrà la generazione di rifiuti” ma “i dati sulla raccolta differenziata potrebbero risentire della attuale crisi sanitaria”.
Il post presenta l’articolo Economia circolare e rifiuti: serve gioco di squadra (pp. 72-81) di Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca pubblicato su ENERGIA 2.20.
Claudia D. Di Felice, Accenture
Stefania Migliavacca, Eni Corporate University
Foto: Pixabay
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