Le drastiche revisioni delle stime sull’andamento dell’economia mondiale sono avvolte dall’incertezza, ma possono fornire un punto di partenza per una prima valutazione delle misure e degli strumenti di politica economica immediatamente messi in campo. La risposta dell’Unione Europea alla crisi, elaborata in due fasi, contiene alcuni strumenti per la ripresa degli Stati membri più colpiti come l’Italia. Ma saranno sufficienti? L’analisi di Sergio De Nardis su ENERGIA 2.20.
A inizio anno l’economia mondiale era prevista in crescita. “A partire da marzo” spiega Sergio De Nardis (Luiss School of European Political Economy) nel nuovo numero di ENERGIA “col diffondersi del COVID-19 nel resto del mondo, il quadro è mutato in modo discontinuo e i previsori hanno preso a quantificare per l’anno in corso recessioni di intensità senza precedenti estese a tutte le economie a cui farebbe seguito, nel 2021, una ripresa più o meno parziale”.
Secondo gli scenari di consenso le economie sarebbero soggette per alcuni mesi, con l’evolvere del virus, a un andamento ‘stop-and-go’
“Il cumularsi degli shock sul lato dell’offerta (chiusure delle attività produttive) e sul lato della domanda (redditi in caduta e aumento dei comportamenti precauzionali), originati dai provvedimenti necessari al contenimento del virus, spiega l’entità, mai sperimentata in tempo di pace, della contrazione economica attesa per il 2020. Al contempo, il carattere transitorio degli shock di offerta e domanda sarebbe anche alla base della ripresa che si avvierebbe nella seconda metà di quest’anno per poi divenire visibile nel 2021”.
I previsori internazionali parlano di economie esposte, “con l’evolvere del virus, a un brusco movimento di stop-and-go che si dispiegherebbe nell’arco di alcuni mesi” (par. 1. Lo shock Covid sull’economia).
Per Paul Krugman la ripartenza sarà rapida: lo shock da virus è come quello indotto dalle politiche monetarie restrittive che le banche centrali attuavano per raffreddare le tensioni inflazionistiche
Gli economisti si dividono ed elaborano numerosi scenari, ma il margine di incertezza delle previsioni sul 2020 è ancora molto alto: se ci sarà una seconda ondata in autunno e se i sistemi sanitari nazionali non saranno preparati a gestirla, le previsioni sulla caduta e sulla ripresa potrebbero di nuovo essere riviste (par. 2. Previsioni dipendenti dall’epidemia).
Oltre all’andamento dell’epidemia, le prospettive economiche sono fortemente influenzate dalle “politiche messe in campo dai governi per venire in soccorso di imprese e famiglie nella fase acuta dell’emergenza, nonché da quelle che verranno attuate per accompagnare e possibilmente accelerare una futura fase di ripresa”.
Per Olivier Blanchard la ripresa sarà molto faticosa: l’incertezza sui rischi sanitari deprime la fiducia degli operatori che rimandano investimenti e acquisto di beni durevoli
L’Unione Europea ha inizialmente risposto alla crisi in maniera poco incisiva e coordinata: “all’esplosione della crisi sanitaria (marzo-aprile), la capacità di reazione si è mostrata, con la rilevante eccezione della politica monetaria, lenta a mettersi in moto e insufficiente rispetto alle necessità poste dalla grave situazione”. Poi si è aperta la prospettiva del Recovery Fund, che rappresenterebbe un notevole cambio di passo, ma che per ora resta una proposta (par. 3. La risposta della politica economica).
Allo scoppiare della crisi in Europa “sono stati i governi nazionali, ciascuno per proprio conto e secondo le proprie possibilità, a intervenire in prima linea nel contrasto alla crisi sanitaria”. Le istituzioni europee proattive in questa fase sono state la BCE, intervenuta per fornire liquidità e abbassare i costi di finanziamento del debito, e la Commissione, che ha sospeso le regole del Patto di stabilità e sugli aiuti di Stato.
La reazione a due tempi dell’Unione Europea all’epidemia non sarà senza conseguenze
L’azione comune dell’Unione Europea ha messo in campo 540 miliardi di finanziamenti, veicolati attraverso Mes, Sure e Bei. Un’azione di per sé poco efficace, perché “lo stanziamento di prestiti e garanzie interviene in un contesto finanziario reso già agevole dall’intervento della BCE”.
Inoltre, quando “un debito del 160% del PIL, quale quello verso cui viaggia l’Italia, perderà l’etichetta «da COVID» (…) si dovrà rientrare, indipendentemente dal fatto che l’aumento di 20 punti del rapporto debito/PIL sia stato causato dalla crisi del coronavirus e non da indisciplina fiscale” (par. 4. La debole risposta nella prima fase della crisi).
La seconda fase, apertasi con la proposta di Recovery fund da parte della Commissione ed ancora in discussione, potrebbe “rappresentare un cambio di passo non tanto per la dimensione delle risorse prospettate quanto per le innovazioni qualitative che essa apporterebbe, pur se in via straordinaria e temporanea, all’architettura della governance europea”.
Il mancato coordinamento europeo nella prima fase dell’emergenza ha prodotto risultati incoerenti
Un “rilevante precedente di una politica di bilancio comune volta alla stabilizzazione macroeconomica e finanziata con titoli di debito europeo, ovvero la «gamba» fiscale mancante nell’assetto macroeconomico dell’Unione” (par. 5. Cambio di passo delle politiche europee per la ripresa?).
Il Recovery fund, descritto nel dettaglio nell’articolo pubblicato su ENERGIA 2.20, porterebbe molti vantaggi per l’Italia se dimostrassimo “di presentare programmi di investimento credibili e di eseguirli in modo efficace: una sfida per il nostro Paese date le storiche inefficienze nella programmazione e attuazione degli investimenti cofinanziati con fondi europei”.
Secondo alcune valutazioni, all’Italia verrebbero indirizzati nel quadriennio 2021-2024 circa 80 miliardi di trasferimenti e 90 di prestiti
La ripresa economica dipenderà quindi dall’esito del negoziato sulla proposta iniziale della Commissione – col rischio che possa “annacquare il programma europeo di rilancio sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo” – ma soprattutto dalla capacità dell’Italia “di cogliere le opportunità offerte dalla nuova strategia europea” (par. 6. Gli interrogativi della prospettiva futura).
Il post presenta l’articolo Prospettive e sfide per l’economia (pp. 10-14) di Sergio De Nardis pubblicato su ENERGIA 2.20
Sergio De Nardis, Luiss School of European Political Economy
Foto: Unsplash
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