18 Settembre 2020

L’imprescindibile necessità degli investimenti (che non ci sono)

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Gli investimenti sono determinanti per soddisfare la fame di energia e assicurare al contempo la transizione al dopo-fossili. Eppure lo stato dell’arte evidenzia un loro generalizzato declino, in controtendenza con quanto auspicato: le stime indicano la necessità di raggiungere livelli di spesa molto superiori a quelli attuali, mentre la domanda di fonti fossili resta alta. L’articolo di Alberto Clô su ENERGIA 3.20

“Nel futuro dell’energia vi sono due dominanti priorità che bisognerebbe perseguire senza sacrificare l’una all’altra. La prima: assicurare all’umanità intera le quantità e qualità di energia necessarie alla loro crescita, a condizioni economiche accessibili. La seconda: riuscirvi in modo che si riducano le emissioni di gas serra che ne derivano, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (…). Il procedere o meno in queste direzioni dipende da un solo dato: gli investimenti. In assenza, non vi sarà offerta addizionale per soddisfare la fame di energia né transizione energetica verso il dopo-fossili”.

Con questa semplice e chiara osservazione Alberto Clô apre la sua analisi su ENERGIA 3.20 sull’andamento degli investimenti energetici che lo porta a concludere amaramente che la “transizione (…) non c’è guardando ai freddi numeri, all’opposto di quel che sostiene la dominante narrazione sulla «renewable revolution»(1)”. Ne proponiamo un estratto dell’introduzione.

Una transizione energetica finora inesistente se si guarda ai freddi numeri, molto lontani dalla rivoluzione rinnovabile

“Dal 2000 al 2019, la quota delle fossili sul bilancio energetico mondiale non è affatto diminuita, ma aumentata di un punto percentuale all’81% (Tab. 1), mentre la quota delle nuove rinnovabili, solare ed eolico, su cui si vorrebbe far leva per disarcionarle, non è andata oltre l’1%”.

“Nella generazione elettrica (…) La quota delle nuove rinnovabili è aumentata di nove punti al 9% a discapito però non delle fossili, ma «cannibalizzando» l’unica altra fonte a bassa intensità carbonica, il nucleare, diminuita di ben sette punti al 10% (Tab. 2).”

Nella generazione elettrica le rinnovabili hanno cannibalizzato l’unica altra fonte a bassa intensità carbonica: il nucleare

“Gli investimenti necessari a soddisfare le due priorità su indicate possono rappresentarsi con una duplice curva (Fig. 1). (…) Queste due curve considerano gli investimenti sul versante dell’offerta (top-down) mentre la storia insegna che in ogni passata transizione quelli necessari sul versante degli usi finali (bottom-up) per adattarli alla nuova offerta sono più elevati, sino a quattro volte (5)”.

“Da qui, la conclusione che i secondi dovrebbero logicamente anticipare i primi e non viceversa, come accade. Illudersi del contrario, con la dominante attenzione all’offerta, rischia di costruire il futuro sul niente, stante anche la molto maggior difficoltà ad orientare le decisioni collettive della miriadi di soggetti, imprese o famiglie, dai cui modi di produrre o consumare energia dipendono le emissioni di gas serra”.

Gli investimenti sul lato domanda, ovvero per adattare gli usi finali all’offerta, dovrebbero anticipare ed essere superiori a quelli lato offerta, e invece si verifica il contrario

“Per quanto riguarda l’ammontare del fabbisogno di investimenti, non esistono studi che lo quantifichino nelle dominanti fonti fossili. L’Agenzia di Parigi ritiene siano molto rilevanti per petrolio e metano per soddisfare una domanda prevista – prima del coronavirus – ancora in crescita nel corso del decennio per poi segnare un appiattimento o l’avvio di una fase di graduale flessione (6). Più che dalla domanda, l’effettivo andamento delle spese nelle fossili sarà però condizionato dalle politiche climatiche e dalle austere politiche aziendali che le imprese si sono date”.

“Altra e metodologicamente molto più complessa è la valutazione del «costo di Parigi» che dovrebbe tener conto delle spese incrementali rispetto a quelle che si sarebbero comunque realizzate (…). Nel caso dell’Europa gli investimenti verdi dovrebbero raddoppiare (8) rispetto ai livelli attuali, con un impegno incrementale stimato dalla Commissione in 260 mld. euro ogni anno sino al 2030”.

Gli investimenti verdi in Europa dovrebbero raddoppiare rispetto ai livelli attuali

L’analisi prosegue articolandosi lungo 5 paragrafi:

  • Lo stato dell’arte (par. 1)
  • Un generalizzato declino (par. 2)
  • Green Recovery: due piccioni con una fava (par. 3)
  • Verso un super-cycle dei prezzi del petrolio?  (par. 4)
  • Tutti perdenti? (par. 5)

Il post presenta l’articolo Senza investimenti, né crescita né transizione energetica (pp. 14-22) di Alberto Clô e pubblicato su ENERGIA 3.20

Alberto Clô è direttore della rivista ENERGIA


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Foto: Unsplash

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