26 Ottobre 2020

Intervista a Carlo Rubbia: tra nucleare e fossili a 0 emissioni

LinkedInTwitterFacebookEmailPrint

Il Professor Rubbia è stato insignito lo scorso 8 settembre del prestigioso Global Energy Prize per “la promozione della sostenibilità nell’uso dell’energia nel campo delle scorie nucleare e della pirolisi del gas naturale” che produce 0 emissioni. Gli abbiamo chiesto di parlarci di queste due fonti/tecnologie e spiegarci perché sono importanti per il futuro energetico e ambientale. Il Premio Nobel e senatore a vita ci ricorda quanto sia cruciale proseguire lungo la strada della ricerca e dello sviluppo tecnologico, ma anche come sia altrettanto rilevante il supporto del mondo industriale nel passaggio ad applicazioni concrete.

Sono impegnato da anni nella ricerca di soluzioni energetiche alternative “pulite”. Le due aree di ricerca menzionate in questo premio si sviluppano esattamente in questa traiettoria.

Il nucleare, tra scorie e sviluppi tecnologici per il prossimo e più lontano futuro

Vorrei ricordare che il nucleare oggi produce mondialmente meno del 6% dell’energia primaria. L’IEA ipotizza una perdita del 25% della capacità del settore entro il 2025 e di 2/3 del totale entro il 2040: per quella data, il comparto nucleare dovrebbe generare “appena” 90 GW annui rispetto ai 280 GW prodotti nel 2018.

L’energia da fissione nucleare è attualmente basata principalmente sull’uso dell’Uranio, con la produzione per milioni di anni di grandissime quantità di scorie altamente radioattive e per le quali non sussiste finora una soluzione veramente accettabile. 

Un programma di speciali reattori “sottocritici” (il cosiddetto “Rubbiatrone”) con i quali un acceleratore di particelle (protoni) è stato sviluppato al fine di produrre la trasformazione almeno parziale degli elementi transuranici più pericolosi come Plutonio, Nettunio, Americio e Curio in prodotti a vita media più corta.

Una possibile alternativa alla fissione attuale è rappresentata dall’uso del Torio al posto dell’Uranio. Il reattore all’Uranio può essere sostituito in maniera relativamente semplice con un reattore al Torio. Anche se la radiazione prodotta inizialmente e quella dovuta ai prodotti di fissione sono confrontabili ed estremamente elevate, la vita media delle scorie è molto più breve e permette ad esempio di ritornare alla radioattività iniziale del Torio (quale era prima dell’uso) dopo un tempo di meno di mille anni invece di centinaia di migliaia come nel caso dell’Uranio. 

Improbabile che in un futuro prossimo le reazioni da nuclei possano divenire una delle nuove forme dominanti di energia

Si è molto parlato di sostituire la fissione a lungo termine con processi diversi basati sulla “fusione” a partire da elementi a basso numero atomico. Tuttavia, l’alternativa della fusione basata sul deuterio + trizio, (2H) + (3H) => 4He (3,5 MeV) + neutrone (14 MeV) non risolve il problema in quanto i neutroni produrrebbero quantità ancora maggiori di scorie (x 7).

Esistono tuttavia altre alternative per un nuovo tipo di fusione definita “a-neutronica” come, ad esempio, la reazione iniziata dal 11B + protone. Colpito da un protone, 11B (80,1% del Boro naturale) produce tre particelle alfa e 8,7 MeV di energia. Le particelle alfa producono direttamente energia elettrica “pulita” senza gamma o neutroni. Il processo si arresta non appena il reattore viene spento. Questa interessante possibilità è però finora solo basata su studi di laboratorio estremamente modesti.

È quindi a mio parere improbabile in un futuro prossimo che reazioni da nuclei possano divenire una delle nuove forme dominanti di energia.

Il gas naturale e la possibilità di una combustione pulita a costi accettabili

Il gas naturale — di cui esistono immense quantità disponibili, ma largamente inutilizzate, come ad esempio gli “shales” e i “clatrati” — è prevalentemente metano con formula CH4. La combustione energetica del gas naturale produce acqua (H2O) ma anche anidride carbonica (CO2) che rimane diffusa nell’atmosfera con sostanziale aumento crescente della temperatura ambientale.

Nuovi processi — tuttavia ancora con sostanziali emissioni di CO2 — sono sviluppati su vasta scala industriale in Brasile, che oggi fornisce a partire da etanolo il 18% del carburante automobilistico, e negli Stati Uniti, da biomassa e come alternativa al petrolio. 

Fossili ad emissioni zero sono un’opzione percorribile, ma manca un’adeguata risposta del mondo industriale

Abbiamo recentemente dimostrato con successo che è possibile trasformare il gas naturale, grazie alla reazione CH4 => H2 + C direttamente in idrogeno a temperatura ragionevole — dell’ordine di 1.000 °C— mentre il carbone rimane allo stato solido ed è un materiale largamente utilizzabile. A sua volta l’idrogeno può essere combinato con della CO2 già prodotta al fine di ottenere un liquido trasportabile di vasto uso, come ad esempio metanolo (CH3OH => CO2 + 2 H2O) o etanolo (C2H5OH), la cui successiva combustione ricupera tutta la CO2 così investita. 

Si ottiene in questo moto una combustione assolutamente pulita a partire dal gas naturale a costi accettabili, che potrebbe essere eventualmente estesa anche al carbone. Manca però ancora una risposta adeguata del mondo industriale a questa nostra opzione di fossili ad emissioni zero.

Un futuro solo rinnovabile?

In aggiunta alle energie rinnovabili classiche, come ad esempio l’idroelettrico e la biomassa, nell’opinione di molti il futuro sarà concentrato su un possibile ruolo dominante dell’eolico e del solare. Vorrei qui ricordare che queste alternative sono da un lato disponibili in maniera aleatoria (solo quando c’è vento o sole) e dall’altro richiedono generalmente elettricità non facilmente trasportabile su grande scala, come avviene ad esempio con il petrolio, e non permettono inoltre un sistema intermedio di accumulo di dimensioni adeguate e a un costo ragionevole. 

In conclusione, ritengo che l’utilizzo ottimale di una quantità sempre crescente di energia richieda sviluppi ben più importanti di quanto oggi perseguito ad esempio dal mondo industriale, troppo legato al “business as usual”. 

I fossili, senza emissioni di CO2, e le rinnovabili sono da preferire alla fissione nucleare attuale

A mio parere le energie rinnovabili, anche se in rapida crescita e con vastissimi investimenti, non potranno arrivare a sostituire interamente i fossili.  Nuove forme di combustione sono infatti possibili, specialmente con il gas naturale con l’eliminazione completa della CO2. Ci sono validi motivi per sviluppare anche in questo campo una adeguata produzione industriale.

I fossili, senza emissioni di CO2, e le rinnovabili sono largamente preferibili alla fissione nucleare attuale che non sembra in grado di mantenere costante neanche il suo modesto livello odierno. Non dobbiamo però abbandonare la ricerca di un nucleare interamente nuovo, come la “fusione a-neutronica”, come ho già menzionato, studiando la possibilità di arrivare alla pura emissione di elettricità da particelle alfa e senza alcuna radiazione beta o gamma, a partire ad esempio dal Boro, un semplice ed abbondante elemento naturale. Qualora comprovata da ulteriori esperimenti, questa potrebbe divenire a lungo termine un’opzione vincente.


Carlo Rubbia (Gorizia, 1934) è un fisico sperimentale e accademico. Premio Nobel per la fisica nel 1984 con Simon van der Meer. È stato, tra le altre cose, direttore del CERN e di ENEA. È senatore a vita della Repubblica italiana dal 2013.


Sul tema nucleare leggi anche:
Nucleare tra clima e geopolitica/1, di Alberto Clò, 21 Ottobre 2020
Nucleare tra clima e geopolitica/2, di Alberto Clò, 21 Ottobre 2020
California, blackout e rinnovabili: religione senza buon senso, di Chicco Testa, 24 Agosto 2020
È possibile un mondo zero carbon senza nucleare?, di Redazione, 17 Dicembre 2019

Il nucleare è un’opportunità per l’UE, ma le vecchie centrali sono una criticità, di Massimo Rebolini, 9 Dicembre 2019
UE, non c’è transizione senza nucleare, di Massimo Rebolini, 4 Novembre 2019
Nucleare: chiudere la stalla quando i buoi sono scappati,
 di Alberto Clò, 12 Giugno 2019
A scanso di equivoci,
 di Sergio Carrà, 22 Luglio 2019

Foto: © CERN

1 Commento
Ruberti 

Al Professor Rubbia sfugge che attualmente, a livello mondiale, sono in avanzata fase di costruzione 57 centrali nucleari, altre sono in fase di licenziamento e molte in programmazione. Inoltre, vedi l’articolo pubblicato su Energia nel 2016 “Nucleare di nuova generazione: i rattori a piombo” firmato da Ciotti me e Manzano, sono in fase avanzatissima di progettazione reattori di quarta generazione autofertilizzanti, che utilizzano gran parte delle scorie prodotte dai reattori delle generazioni precedenti ed hanno un rendimento di almeno due ordini di grandezza superiore agli attuali. Le poche scorie prodotte possono agevolmente essere distrutte proprio dal Rubbiatron! Va aggiunto che i reattori di quarta generazione, lavorando ad alta temperatura, possono produrre idrogeno a costi ragionevolissimi. Come correttamente scritto nell’articolo, oltre che con il metano, anche con gli altri combustibili fossili si può produrre idrogeno ma a costi e con rendimenti meno competitivi. Il sistema migliore, e qui sono d’accordo con Rubbia, sarebbe l’estrazione dell’idrogeno dal metano sequestrato negli idrati, poiché sarebbe purissimo e quindi utilizzabile con ottimo rendimento nelle celle a combustibile. Sul torio Rubbia ha perfettamente ragione, mentre sul carbone, anche se è possibile abbassarne drasticamente l’impatto ambientale, vedi il mio articolo pubblicato su “21mo Secolo” nel 2018, le centinaia di centrali attualmente in costruzione nel mondo, utilizzano perlopiù tecnologie non all’avanguardia. Per finire, come correttamente sottolineato da Rubbia sia il solare fotovoltaico che l’eolico sono caratterizzati dalla bassa intensità energetica e dall’intermittenza della disponibilità e, se si stanno diffondendo in maniera massiccia, è solo perché lautamente finanziati con soldi pubblici. Se avessero finanziato, con un millesimo di quanto sprecato con il fotovoltaico, il solare temodinamico a concentrazione (brevetto dell’ENEA realizzato proprio grazie a Rubbia quando era Presidente dell’Ente) e lo avessero realizzato in Paesi con alta insolazione, allora si che il solare sarebbe competitivo, anche, se non soprattutto, per produrre idrogeno.

Prof. Ettore Ruberti


Login