Nella lotta ai cambiamenti climatici il tempo è tiranno. Ciò nonostante la velocità della decarbonizzazione mostra un desolante immobilismo. Basta guardare, come fanno Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca su ENERGIA 3.20, all’intensità carbonica, variabile chiave per valutare il ritmo della decarbonizzazione dell’economia. Ebbene, dal 1990 ad oggi – ovvero da quando la questione climatica è arrivata sui tavoli intergovernativi – l’intensità carbonica è quasi ferma. E nella generazione elettrica, dove le rinnovabili sono più presenti, è addirittura aumentata.
Per vedere se è in atto e con che ritmo procede il processo di decarbonizzazione dell’economia, la variabile chiave per una corretta valutazione è l’intensità carbonica dell’energia: ovvero quante tonnellate di emissioni di anidride carbonica sono generate dalla combustione di una tonnellata equivalente di petrolio.
La decarbonizzazione è infatti “semplicemente il decremento delle emissioni perché il mix energetico si fa più verde, e non perché si consuma meno energia a causa di incrementi di efficienza. (…) Gli incrementi di efficienza, per quanto abbiano impatto positivo sulle emissioni, non rappresentano un elemento da considerare perché la decarbonizzazione va riferita alla singola unità di energia consumata (tep)”. Un estratto dall’articolo di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca Quanto è green la finanza mondiale? pubblicato su ENERGIA 3.20
L’intensità carbonica è la variabile chiave del processo di decarbonizzazione, ma dal 1990 è quasi ferma
“Ora, quando si fotografano i numeri bruti, il quadro è demoralizzante. Sembrerebbe, quasi, che la decarbonizzazione sia apparente. Un dato su tutti che dovrebbe far riflettere è quello relativo all’intensità carbonica dell’energia, ovvero il rapporto tra la CO2 emessa e l’energia consumata (tonn. CO2/tep).
A livello mondiale, nel 1990 questo rapporto era pari a 2,39. Nel 2018, dopo quasi trent’anni, il rapporto è pari a 2,32. In altri termini, il quoziente è quasi fermo, segno che – al di là della retorica – la decarbonizzazione del mix energetico procede in modo oltremodo lento.
Nella generazione elettrica l’intensità carbonica è addirittura aumentata
Si potrebbe pensare che ciò accade perché ci si sta riferendo all’energia primaria laddove è nella generazione elettrica che le rinnovabili esprimono al meglio la loro penetrazione. Purtroppo non è così e ciò che accade quando si guarda al settore elettrico è che il rapporto addirittura aumenta, passando dal 2,50 del 1990 al 2,52 del 2018. È vero che il quoziente nel 2010 era uguale a 2,60 e che quindi gli ultimi anni hanno fatto registrare un certo miglioramento.
Tuttavia, tale progresso è assolutamente insufficiente perché non è affatto possibile conseguire il target dei 2 °C o 1,5 °C, migliorando il coefficiente di intensità carbonica di una cifra decimale ogni dieci anni! Se il ritmo è questo – e ci stiamo riferendo al balzo delle rinnovabili negli ultimi otto anni – occorreranno 250 anni per decarbonizzare totalmente la generazione elettrica mondiale!
250 gli anni necessari per decarbonizzare la generazione elettrica con gli attuali ritmi di crescita delle rinnovabili
Purtroppo questi sono i dati e occorre richiamarli sempre perché ragionamenti basati sui valori assoluti (es. nuova capacità rinnovabile annua) senza tener conto di quelli relativi (intensità carbonica della generazione elettrica) sono ingannevoli.
Va riconosciuto, tuttavia, che la situazione delle aree geografiche può essere molto diversa. In Fig. 1 e 2 riportiamo l’intensità carbonica dell’energia primaria e del settore elettrico per alcuni paesi e aree rilevanti, confrontandole con la media mondiale.

Si può vedere come, per l’energia primaria, India, Cina e Giappone siano sopra il valore medio mentre le altre are siano sensibilmente (Africa e Brasile) o poco (Europa e Russia) sotto la media. La situazione per il settore elettrico risulta simile – a parte il dato molto basso del Brasile, effetto di una quota di idroelettrico pari al 62% – con Cina e India di nuovo sopra la media.
È opportuno sottolineare come, prescindendo da azioni di riforestazione e di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture and Storage), annullare le emissioni di anidride carbonica significa abbassare il coefficiente di intensità carbonica fino a zero, obiettivo possibile solo annullando le fonti fossili ed espandendo quelle rinnovabili, o il nucleare. Purtroppo non ci sono altre strade e la distanza dal target è – ai ritmi attuali di crescita delle rinnovabili – abissale”.
Il post è tratto dall’articolo Quanto è green la finanza mondiale? (pp. 24-35) di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca pubblicato su Energia 3.20
Sulla velocità della decarbonizzazione leggi anche:
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Foto: Ascending and Descending, M. C. Escher
Quando la smetteremo di prenderci in giro sarà sempre troppo tardi. Senza un uso massiccio di energia nucleare la decarbonizzazione non si avrà mai in particolar modo considerando l’incremento dei consumi attesi in futuro.