3 Dicembre 2020

Maradona e Musk: fenomenologia del mito

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La narrazione del mito è sospinta da un vento emotivo e primitivo, arazionale e impulsivo. Un fenomeno oltremodo diffuso nella nostra società e trasversale a qualsiasi ambito, dalla politica allo spettacolo, all’economia. Lo abbiamo visto in questi giorni, nella celebrazione di Diego Armando Maradona. Non molto dissimile è quello che soffia su Tesla e sul suo istrionico fondatore Elon Musk. Il sentiment di mercato è in grado di elevare in cielo o far sprofondare i titoli a prescindere dalla realtà dei fondamentali. Ad oggi, Tesla vale da sola quanto Toyota, Volkswagen, Daimler, BMW, General Motors e Honda messe insieme. Eppure, il rapporto delle vendite è diametralmente inverso. Ma se la mitizzazione di Maradona trova le fondamenta nella memoria dei fatti, quella di Tesla nelle aspettative di un futuro verde e splendente, di cui non v’è alcuna certezza.

Dio è morto, ha titolato il quotidiano francese Equipe, sintetizzando nel modo più efficace il sentimento di beatificazione dell’uomo che va dipanandosi a livello mondiale. Esperimento unico ed epocale: se fosse ancora vivo, Levi Strass sarebbe felice perché avrebbe modo di studiare in presa diretta il processo di costruzione del mito.

Potente, corale, planetaria, la forza emotiva sale dalla terra e spinge su in alto, lì nel cielo, uno dei suoi figli. Uno solo, perché non c’è posto per un altro. Ciò che qui ci interessa è lo svolgersi del discorso emotivo: arazionale, caldo, impulsivo, esso rifugge qualsiasi dato e analisi. Non vi è traccia, in esso, di alcun approfondimento del numero.

Quanti goal ha segnato nella sua carriera Diego? Qual è la sua media di goal a partita? Quanti assists? Niente di tutto questo interessa al pubblico beatificante: la mano de Dios e il goal del secolo vincono su qualsiasi ipotesi di indagine.

La mitizzazione di Diego non è altro che l’apogeo di un fenomeno oltremodo diffuso nelle nostre società

Quel che qui ci interessa non è se Maradona sia o non sia il miglior calciatore della Storia – il che potrebbe anche essere – ma è questo fenomeno emotivo e primitivo che sale dalla terra e si diffonde nel mondo. È un vento, perché di venti è fatta la nostra esistenza.

La mitizzazione di Diego non è altro che l’apogeo di un fenomeno oltremodo diffuso nelle nostre società. I computer hanno preso il posto degli abachi, i bipedi – come li chiamava Schopenhauer – vestono ora in giacca e cravatta e lanciano post al posto delle frecce, ma la dinamica emotiva è rimasta intatta.

Venti di emotività si sollevano da un angolo all’altro del Pianeta soffiando gli oggetti che incontrano sulla loro traiettoria verso il paradiso, o l’inferno. Beatificazione: se il vento ascende. Dannazione, se discende.

Lo stock market è il luogo dove questo fenomeno si manifesta in maniera esatta, misurabile, istantanea

Il fenomeno è trasversale e si applica a qualsiasi ambito, dalla politica allo spettacolo, all’economia. Ma c’è un luogo in cui esso si manifesta con fenomenologia esatta e misurabile, e pure istantanea: lo stock market. Alimentato dal mix di news, dati economico-finanziari, aspettative, sentiment, il vento del mercato solleva le azioni come fossero foglie.

Se la corrente è ascensionale il titolo sale, se è discendente il titolo scende. Si dirà: ma il verso della corrente è determinato dai fondamentali dell’azienda e in ultimo il prezzo non sarà altro che l’espressione del suo valore, come sintetizzato da indici tradizionali quali profitto, fatturato, indebitamento, ecc. Ciò è vero finché il vento del sentiment di mercato non si fa potente e prende il sopravvento creando una corrente ascendente, o discendente, solo debolmente legata alla realtà dei fondamentali.

Tesla, l’esempio par excellence

Maggiore la forza del sentiment, maggiore la distanza da realtà. L’esempio par excellence di tale fenomeno è oggi Tesla. Poco meno di un anno fa avevamo scritto del raddoppio del suo valore in circa tre mesi: il prezzo era salito dai 245 $ dell’11 ottobre 2019 ai 478 $ del 10 gennaio 2020. Poi, nonostante la pandemia e il collasso della mobilità, il titolo ha macinato un record dietro l’altro fino ad assestarsi sui 585 $.

Da notare che a settembre Tesla, per rendere più appetibile il proprio titolo al grande pubblico, ha realizzato un frazionamento azionario 5 per 1, ovvero ogni azionista ha ricevuto 4 azioni Tesla per ogni azione posseduta. In parole semplici, laddove prima c’era 1 azione oggi ce ne sono 5: il valore complessivo della società non cambia, ma ora sul mercato ci sono più titoli il cui singolo valore è 1/5 volte quello delle vecchie azioni. Ciò consente ai piccoli azionisti di avvicinarsi a un titolo che altrimenti sarebbe troppo costoso.

E infatti l’operazione ha avuto successo con molti piccoli azionisti che hanno acquistato subito dopo di essa, spingendo l’azione verso l’alto di circa il 10%. L’implicazione del frazionamento è che i 585$ di oggi equivalgono a 2925$, ovvero il valore di ogni singola azione deve essere moltiplicato per 5.

1.200% l’apprezzamento delle azioni Tesla in un anno

Torniamo all’11 ottobre del 2019, quando l’azione quotava 245$. Oggi, dopo poco più di un anno, l’azione vale circa 12 volte il vecchio valore, ovvero si è apprezzata di circa il 1.200%.

Ci sono stati giorni nei quali Tesla si è apprezzata quanto il valore totale di FCA. Circa una settimana fa la capitalizzazione di Tesla ha sfondato il tetto di 500 miliardi di dollari e nella classifica degli uomini più ricchi del mondo Musk è passato dalla 35ma posizione di inizio anno alla seconda.

Da sola la compagnia di Musk vale quanto Toyota, Volkswagen, Daimler, BMW, General Motors e Honda messe insieme. Quando si mette a confronto questa capitalizzazione monstre con le vendite si assiste a un rovesciamento dei valori: nel primo semestre del 2020, Toyota ha venduto 4,02 milioni di auto (12,4% di market share), Volkswagen 3,69 (11,3%), Renault Nissan 3,36, Hyundai-Kia 2,78, General Motors 2,77.

E Tesla? Poco meno di 0,18 milioni. In altre parole, la capitalizzazione è inversamente proporzionale alle auto vendute, e dunque al fatturato, e ciò è reso possibile da un rapporto capitalizzazione di mercato-veicoli venduti che è letteralmente stratosferico e assolutamente non comparabile a quello delle altre aziende (vedi grafico).

Fonte: Forbes

Ma tant’è, il mercato è sedotto dalla narrazione di Musk e compra l’azione assai più che le sue auto. Tesla, che forse un giorno venderà milioni di veicoli – chi può dirlo se ci riuscirà, visto che il mercato è fatto anche di competitor – vale molto di più di aziende che realmente, oggi stesso, vendono milioni di auto.

In altre parole, il mercato sta dando oggi a Tesla, sulla base della fiducia, ciò che non ha mai dato alle altre aziende sulla base dei fatti. Aspettative battono fatti 10-0. Troppo potente la corrente ascensionale che eleva l’azienda più che nell’empireo del capitalismo, nel mito.

I fondamentali di oggi non giustificano in alcun modo il prezzo di mercato e difficilmente riescono a farlo quelli di domani (si veda La ‘bolla’ di Tesla: non riuscirà mai a vendere abbastanza auto su Fortune). Ciò è confermato anche dall’indicatore che più di ogni altro offre indicazioni sull’adeguatezza, o meno, del prezzo di un corso azionario: il PE ratio, ovvero il rapporto tra prezzo dell’azione e utili generati per azioni.

Fonte: Macrotrends

Per rientrare del capitale d’investimento attraverso gli utili prodotti da Tesla servono 1.160 anni

Questo valore che generalmente è intorno a 15-30, oggi per Tesla è pari a 1.160! Lo stesso indice nel caso di Toyota è pari a 14,3, per Volkswagen è 18 e per General Motors a 20,2. Una classica lettura del PE ratio è la seguente: numero di anni necessari a rientrare in possesso del capitale d’investimento attraverso gli utili prodotti dalla società. Ecco, nel caso di Tesla siamo oggi a quota 1.160 anni!

Ma questo non ha alcuna importanza perché la narrazione istrionica di Musk e il vento del mito e il desiderio di guadagno rapido – l’irrational exuberance di Shiller – battono qualsiasi tentativo di analisi. Nell’immaginario collettivo Tesla è diventata il simbolo della transizione energetica, dell’economia verde e splendente che verrà. Se la narrazione di Maradona è tessuta di memoria, quella di Tesla è fatta di aspettative. In un caso, la mitizzazione si applica al passato, nell’altro al futuro.


Enzo Di Giulio, economista e membro del Comitato Scientifico di «Energia»


Su Tesla leggi anche:
Il valore di Tesla e l’alba di una nuova era, di Enzo Di Giulio, 13 Gennaio 2020
Le suggestioni ‘à la’ Tesla…, di Alberto Clò, 25 Ottobre 2018

Foto: Unsplash

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