14 Dicembre 2020

Raccolta differenziata: 2 scenari per il raggiungimento degli obiettivi europei

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Come raggiungere l’obiettivo europeo del 65% di rifiuti urbani riciclati al 2035? Due scenari proposti su ENERGIA 2.20 da Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca. Il potenziamento del sistema di raccolta differenziata non è più una possibilità che gli Stati possono considerare, ma una necessaria opzione strategica. Il primo scenario presenta una produzione dei rifiuti urbani stabile a fronte di un quadro economico stagnante anche a seguito dell’emergenza COVID-19; il secondo ipotizza una ripresa rapida dell’economia che comporta una crescita a un tasso moderato dei rifiuti urbani. A prescindere da quale scenario si andrà concretizzando, per raggiungere gli obiettivi europei va ripensata tutta la filiera: non basta prevedere un numero congruo di impianti, ma occorre riequilibrare le realtà regionali.

“L’UE pone come obiettivo al 2035 il 65% di rifiuti urbani riciclati. Il potenziamento del sistema di raccolta differenziata non è più, quindi, una possibilità che gli Stati possono considerare, ma una necessaria opzione strategica. I dati dell’ultimo quinquennio (2014-2018) mostrano che in Italia la raccolta differenziata è passata dal 45 al 58%. La sua componente principale è rappresentata dalla frazione organica insieme a carta e cartone (60% del totale), mentre la plastica rappresenta solo il 7,8%. Nel 2018 la percentuale di riciclo dei rifiuti urbani si attesta al 45%”.

Su ENERGIA 2.20, all’interno dell’articolo Economia circolare e rifiuti: serve gioco di squadra (pp. 72-81), Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca tracciano due scenari per il raggiungimento dell’obiettivo.

“Immaginando quindi di dover raggiungere il 65% al 2035, tenendo conto della resa media, possiamo stimare che occorra raggiungere l’80% di differenziata. Partendo da questa stima, proponiamo uno Scenario A in cui il livello di produzione dei rifiuti urbani rimane stabile a 30 mil. tonn., come conseguenza di un quadro economico stagnante, anche a seguito dell’emergenza COVID-19, e uno Scenario B in cui, a seguito di una ripresa rapida dell’economia, la produzione di RU cresce a un tasso moderato (usiamo come riferimento una crescita media annua dello 0,7%, la stessa registrata negli ultimi cinque anni) (Tab. 2).

Nello Scenario A, portare il riciclo al 65% implicherebbe riciclare circa 19,5 mil. tonn. di RU. Come anticipato, è necessaria una raccolta differenziata (RD) che arrivi almeno all’80%, per un totale di 24 mil. tonn., contro gli attuali 17,5. In particolare, occorre che le regioni del Sud si portino al passo del resto del Paese. Considerando la frazione organica – che in media costituisce il 40% della RD – il totale raccolto dovrebbe passare, nello Scenario A, da 6,3 a 8,2 mil. tonn., con la necessità di trattare quasi 2 mil. tonn. in più ogni anno.

Il parco impianti dedicato ai rifiuti organici è particolarmente sbilanciato tra le regioni: una possibile soluzione sarebbe puntare sulla digestione anaerobica (22 nuovi impianti da 90.000 tonn./a ciascuno)

Il parco impianti dedicato a questo genere di rifiuti è particolarmente sbilanciato tra le regioni: gli impianti di trattamento biologico della frazione organica sono 220 al Nord, 50 al Centro e 69 al Sud. Una possibile soluzione sarebbe puntare sulla digestione anaerobica, che consentirebbe di generare biogas e calore, valorizzando i rifiuti e offrendo generazione di energia a ridotto impatto di emissioni. Utilizzando i parametri di uno studio di Assoambiente (FISE 2019), servirebbero 22 nuovi impianti di digestione anaerobica da 90.000 tonn./a ciascuno.

Una volta raggiunto il 65% di riciclo, aumenterebbe anche il flusso dei materiali non riciclabili e degli scarti da riciclo. Rispetto alla capacità attualmente disponibile, mancherebbero dunque all’appello 2 mil. tonn. di capacità di incenerimento, traducibili in 8 impianti da 250.000 tonn./a ciascuno.

Il cruciale ruolo delle discariche

Ma non finisce qui, perché l’intera filiera è interdipendente: infatti, anche il ruolo delle discariche è cruciale. Secondo uno studio di REF (2019b), la capacità delle discariche nazionali sarebbe sufficiente fino al 2021, anno in cui si esaurirebbe lo spazio a disposizione dei rifiuti urbani e speciali. La Fig. 4 mostra il dettaglio regionale della capienza residua: la differenza dipende quasi esclusivamente dal fatto che Veneto, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Sardegna e Valle d’Aosta dispongono di un sistema impiantistico capace di fornire opzioni alternative al conferimento in discarica, che risulta quindi residuale rispetto alla valorizzazione del rifiuto come materia ed energia.

Ciò detto, per soddisfare i bisogni di smaltimento al 2035 servirebbero, secondo Assoambiente, 16 impianti di discarica o serie misure di ampliamento delle discariche esistenti (Tab. 3).

La dipendenza dalle discariche è influenzata da due fattori cruciali: la percentuale di RD e la capacità di incenerimento rapportata ai rifiuti indifferenziati prodotti. Mettendo a confronto queste variabili per le regioni italiane il quadro che emerge è sintetizzato in Fig. 5. In questo modo possiamo individuare tre gruppi:

(1) Overcapacity: nel quadrante in alto a destra troviamo le regioni che, oltre a registrare alti livelli di RD, dispongono di una elevata capacità di incenerimento e, di conseguenza, non hanno necessità di ricorrere alle discariche;

(2) Bilanciate: le regioni che si posizionano sempre sulla destra ma nella fascia centrale sono in una situazione ben bilanciata tra RD e capacità di incenerimento;

(3) Critiche: le regioni in basso a sinistra, oltre ad avere tassi di RD inferiori al 50%, hanno una capacità di incenerimento ampiamente sottodimensionata (Lazio, Puglia, Calabria, Basilicata) oppure completamente assente (come nel caso di Sicilia e Liguria), che le costringe a ricorrere alle discariche o all’esportazione.

In sostanza, per rendere possibile gli obiettivi europei, tutta la filiera va ripensata: occorre una progettualità che tenga conto delle interdipendenze del sistema di gestione dei rifiuti. Non basta prevedere un numero congruo di impianti, ma occorre riequilibrare le realtà regionali”.


Il post è un estratto dell’articolo Economia circolare e rifiuti: serve gioco di squadra (pp. 72-81) di Claudia D. Di Felice e Stefania Migliavacca pubblicato su ENERGIA 2.20.

Claudia D. Di Felice, Accenture

Stefania Migliavacca, Eni Corporate University

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Foto: Pixabay

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