Petrolio, GNL, ferro, rame, riso, soia, mais: la crescita dei prezzi che sta attraversato la generalità delle commodities porta a non escludere l’avvio di un nuovo supercycle non dissimile da quello di inizio Millennio. La cosa sorprendente è che, petrolio e gas a parte, nel 2020 i prezzi delle materie prima non avevano registrato soverchie riduzioni. La fase ascendente è iniziata in modo similare da ottobre per il sincronizzato andamento delle economie e si è consolidata dall’inizio del nuovo anno nonostante il diffondersi della seconda ondata. E si prefigura un ulteriore consolidamento dei prezzi. La tendenza rischia di penalizzare gli investimenti in tecnologie low-carbon, notoriamente commodity intensive.
Il peggior scenario per un’industria ad alta intensità di capitale e commodities come quella energetica è quello di una forte volatilità e imprevedibilità dei prezzi. Perché accresce la rischiosità degli investimenti, specie di quelli green, che nei paesi avanzati dovrebbero essere realizzati per oltre il 90% da operatori privati (IEA, World Energy Investments 2020) con appena 1/3 delle imprese in Europa impegnata in investimenti climatici (EIB Investment Report 2020/2021: Building a smart and green Europe in the Covid-19 era).
Le cose con la pandemia sono nettamente peggiorate, con una contrazione degli investimenti in Europa del 50% nel primo semestre del 2020.
In un recente post su questo blog, Gian Paolo Repetto ha evidenziato l’estrema volatilità dei prezzi internazionali del gas naturale liquefatto, che nel giro di pochi mesi hanno osservato un balzo sino a tre cifre percentuali, da 1 a più di 30 doll/MBtu, nonostante la sostanziale stabilità dei fondamentali di mercato. L’incendio si è immediatamente diffuso dall’Asia all’Europa retroagendo sino alle basi di esportazioni degli Stati Uniti.
Non solo petrolio e gas
La crescita dei prezzi ha attraversato la generalità delle commodities così da non potersi escludere, secondo diverse fonti a partire dall’Economist, l’avvio di un nuovo supercycle dei prezzi, non dissimile da quello di inizio Millennio trainato dalla crescita dei paesi BRIC, soprattutto della Cina, e durato oltre un decennio.
A sostenere questo nuovo ciclo contribuirebbero:
- gli stimoli fiscali adottati in tutte le aree del mondo: 13.000 miliardi di dollari, cui dovrebbero aggiungersi quelli della nuova amministrazione americana;
- i bassi tassi di interessi reali;
- la debolezza del dollaro, che riduce il costo delle importazioni denominate in dollari nei paesi emergenti;
- la solida ripresa dell’economia cinese salita oltre i livelli pre-covid (le sue importazioni di greggio, per darne conto, hanno toccato un nuovo massimo storico).
Queste le percentuali di incremento dei prezzi di alcune commodities:
Un rialzo sorprendente
La cosa sorprendente è che, mentre per petrolio e gas il balzo dei prezzi si è verificato da minimi storici – indotti per il primo dalla guerra dei prezzi, poi rientrata tra Russia e Arabia Saudita, e per il secondo da uno straordinario eccesso di offerta – per le altre materie prime il 2020 non è stato, nonostante la pandemia, un anno particolarmente difficile, con prezzi che non avevano registrato soverchie riduzioni.
La fase ascendente dei prezzi per queste materie prime è iniziata in modo similare da ottobre per il sincronizzato andamento delle economie e si è consolidata dall’inizio del nuovo anno nonostante il diffondersi della seconda ondata della pandemia.
Al rialzo dei prezzi di alcune materie prime hanno contribuito, al di là delle ragioni macro sopra indicate, fattori concomitanti come limiti alla produzione o alle esportazioni (decretati da alcuni governi, come Argentina o Russia).
Si prefigura un ulteriore consolidamento dei prezzi
La prospettiva col diffondersi del numero di vaccinazioni (60 milioni al 23 gennaio), di una graduale ripresa delle attività economiche, dei commerci internazionali, del trasporto aereo (il cui crollo ha contribuito per i 2/3 a quello della complessiva domanda di petrolio nel 2020) prefigura un ulteriore consolidamento dei prezzi.
A sostenerne l’ascesa dovrebbero concorrere due altre ragioni:
- la corsa agli investimenti green, notoriamente commodity intensive
- l’extra-domanda per la realizzazione di nuove infrastrutture.
Un cattivo vento per gli investimenti low-carbon
Quali effetti e rischi di un nuovo ciclo ascendente dei prezzi delle materie prime?
In altri tempi questa prospettiva avrebbe alimentato i timori di un eccesso di inflazione, oltre quella fatidica soglia del 2% ritenuta sufficientemente bassa da garantire prezzi stabili e sufficientemente alta da tenere alla larga la deflazione. Ma non di questi tempi, in cui prevalgono semmai i timori che si inneschi una spirale deflattiva ancora peggio dell’inflazione.
Se sul piano macroeconomico non tutto il peggio vien quindi per nuocere, lo stesso non può dirsi, riprendendo quanto detto all’inizio, per l’impatto negativo che l’intreccio volatilità-imprevedibilità-contagiosità dei prezzi inevitabilmente avrà sulle decisioni di investimento degli operatori privati nelle tecnologie low-carbon.
La gran massa di denari resa disponibile dagli Stati allevierà questo impatto, ma non per sempre, specie per i denari che dovranno essere restituiti.
Alberto Clô è direttore di ENERGIA e RivistaEnergia.it
Sul tema del commodities, investimenti e transizione energetica leggi anche:
Perché i prezzi gas tornano a salire? Lezioni dalla liberalizzazione UK, di Redazione, 22 Gennaio 2021
Forte volatilità sui mercati del gas, di Gian Paolo Repetto, 20 Gennaio 2021
Primum vivere, deinde philosophari: fare la transizione energetica, ma anche arrivarci vivi, di Alberto Clò, 15 Gennaio 2021
L’imprescindibile necessità degli investimenti (che non ci sono), di Redazione, 18 Settembre 2020
Foto: SpaceX-Imagery, Pixabay
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