Ma le turbine eoliche si possono riciclare? Che ne sarà degli oltre 400mila impianti eolici (destinati a salire a 1 milione)? Un aspetto che accomuna le rinnovabili alle fonti tradizionali è lo smantellamento degli impianti al termine del loro ciclo di vita. Per le turbine eoliche, dopo 40 anni dalle prime installazioni in Nord Europa, si fluttua ancora in un vuoto normativo. Il costo stimato è superiore a quello di produzione, e non è dato sapere chi debba assumersene la responsabilità. Prima di decidere nuove installazione sarebbe opportuno definire la regolazione per lo smantellamento, chi ne pagherà i costi, dove saranno i siti per sistemarli. Per evitare di ripetere errori già commessi in passato.
Non vi è fonte di energia che non impatti sull’ambiente con effetti percepibili nel tempo in funzione degli sviluppi delle conoscenze scientifiche sugli effetti che ne possono derivare e della dimensione (unitaria e complessiva) degli investimenti che si realizzano.
Così è anche per le rinnovabili. Piccoli impianti solari o eolici non suscitano particolari inquietudini se in numero ridotto o isolati. Altro se la loro dimensione aumenta e la loro diffusione si moltiplica, come nel caso delle 7.000 turbine del più grande parco eolico al mondo di Jiuquan in Cina.
Al crescere dello spazio e delle materie prime di cui necessitano, solare ed eolico vanno incontrando vincoli di accettabilità sociale sempre maggiori

Fonte: Wikipedia
Man mano che si consolida la loro penetrazione, ne derivano vincoli al loro sviluppo dati dal loro impatto paesaggistico, dalle materie prime impiegate che creano nuove (e più complesse) dipendenze geopolitiche, dall’occupazione sempre più estesa del suolo.
Mike Conley e Tim Maloney hanno calcolato nella loro Roadmap to nowhere – The Myth of Powering the Nation With Renewable Energy che per dar seguito alle proposte di un’America toute renouvelable bisognerebbe occupare gli interi Stati di New York, Pennsylvania, Vermont, New Hampshire per installare mezzo milione di turbine eoliche giganti a terra e una regione eguale alla Virginia per quelle a mare.
New York + Pennsylvania + Vermont + New Hampshire + Virginia: la superficie necessaria per rendere gli Stati Uniti 100% rinnovabili

Da qui, sorgono i vincoli di accettabilità sociale che le rinnovabili vanno incontrando, non dissimili da quelli sperimentati dalle fonti tradizionali.
L’installazione di turbine eoliche non suscita molte proteste in aree scarsamente abitate e altamente ventose, come in Danimarca o in Texas. Altro è farlo in paesaggi straordinari come le terre della Toscana o delle Puglie.
Un cambiamento in sostanza della dimensione globale delle nuove rinnovabili ne modifica la natura e i problemi da fronteggiare. Ed è quello che va accadendo.
Che ne sarà degli oltre 400 mila impianti eolici destinati a salire a 1 milione?
Un particolare aspetto che ci si trova a dover affrontare è quello dello smantellamento, decomissioning, degli impianti al termine del loro ciclo di vita: si tratti delle centrali nucleari, delle piattaforme estrattive del petrolio, delle turbine eoliche.
La fase dello smantellamento è sempre critica per ragioni ambientali, tecniche, economiche. Il costo è sempre elevato e mai contabilizzato nella costruzione. È questa la fase che si va prospettando per la fonte eolica che, insieme a quella solare, si è vieppiù consolidata nella scena energetica mondiale e nazionale.
Che ne sarà degli oltre 400 mila impianti eolici – con un aumento della potenza eolica dai 198 GW del 2010 ai 651 GW del 2019 – sparsi nel mondo (3.800 in Italia), destinati a salire a 1 milione? Si costruiranno per loro appositi cimiteri? Come e su chi ricadranno le responsabilità e i costi del loro smantellamento? Sulle imprese che li hanno costruiti o sui consumatori, come accaduto col nucleare?
3.800 le turbine da smantellare ogni anno in Europa, 8.000 negli Stati Uniti
Sono queste le domande che dovrebbero porsi amministrazioni pubbliche, movimenti ambientalisti, imprese.
Considerando che la prima generazione di impianti eolici risale agli anni 1980 in Danimarca, Germania, California e che la vita utile di un aerogeneratore è di 25-30 anni lo smantellamento è per loro imminente a meno che non vengano rivampati con più efficienti turbine o vendute, come verificatosi, nei paesi dell’Est Europa o del Nord Africa.
Ma gli impianti eolici possono riciclarsi e come? La questione è molto complessa, con un costo, si stima, talora superiore a quello della loro costruzione.
Ma gli impianti eolici si possono riciclare? E come?
Perché richiede una separazione dei materiali (fibre di vetro in quelle più anziane e di carbonio in quelle più recenti) tutt’altro che facile. Le prime esperienze hanno rivelato inattese complicazioni anche ambientali.
Nel tempo la dimensione degli impianti si è infatti enormemente ampliata in altezza – dai 17 metri iniziali, agli 80 attuali, ai 260 metri della più grande in costruzione (quella offshore Haliade della General Electric) – e in larghezza, con parallelo aumento della capacità di generazione e riduzione dei costi unitari di produzione. La pala della più recente turbina è maggiore dell’ala di un Boeing 747.
Delle 34.000 turbine eoliche a terra attualmente installate in Europa, per un totale di 36 GW, un quarto ha tra i 20 e i 25 anni. 3.800 turbine dovranno essere smantellate ogni anno sino al 2022. In America nei prossimi quattro anni dovranno essere smantellate 8.000 turbine ogni anno.
Tre le soluzioni che si prospettano:
1. un prolungamento della loro vita utile di 5-10 anni (si prevede che questa sia soluzione per la metà del parco europeo);
2. il cosiddetto repowering delle turbine che consente di ridurne il numero ed aumentarne la producibilità;
3. lo smantellamento degli impianti.
Quest’ultima soluzione presenta diverse difficolta, di ordine:
- giuridico, per l’assenza di una specifica regolamentazione a livello europeo e nazionale;
- tecnico, per la complessità delle operazioni, la numerosità dei materiali utilizzati, la loro dimensione;
- sociale, per la prevedibile ritrosia dei territori ad accettare i siti dei residui delle turbine.
Morale: nel decidere nuove installazione eoliche sarebbe opportuno contestualmente definire ex-ante la regolazione per il loro smantellamento, chi ne pagherà i costi, dove saranno i siti per sistemarli.
Evitiamo il ripetersi del copione “scorie nucleari”
Le amministrazioni concedenti potrebbero dal canto loro fissare specifiche condizioni, cercando di evitare un’altra penosa e pericolosa situazione come quella delle scorie radioattive nucleari.
Penso, ne sono convinto, che i movimenti ambientalisti che molto si spendono per l’espansione della fonte eolica condividano queste preoccupazioni e si adoperino per fronteggiare un problema dalle forti connotazioni ambientali.
Alberto Clô è direttore di ENERGIA e RivistaEnergia.it
Foto: Wikimedia
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login