Come si legano i blackout in Texas con i cambiamenti climatici e la transizione energetica? C’è un piano “tecnico”, che ha visto il dibattito concentrarsi per lo più sulla diatriba fossili vs rinnovabili, sebbene la crisi sia legata all’infrastruttura prima ancora che alla fonte energetica utilizzata. E c’è un piano “ideologico”, dove la colpa, più che nello sviluppo liberale come causa dei cambiamenti climatici, è da ricercare nel sovranismo energetico che non ha saputo rispondervi. Un isolamento storico della rete elettrica texana, gelosamente custodito e rivendicato nel tempo. Ma non c’è sovranità nella solitudine, anche energetica. Tutto è collegamento, relazione, scambio. Anche se disponi di uno dei più grandi bacini di petrolio e gas al mondo.
Nei giorni scorsi, abbiamo sentito parlare un po’ ovunque dei blackout in Texas dovuti al gelo che ha travolto lo Stato americano e la sua rete elettrica. In effetti l’argomento è interessante, anche per via di come si lega al discorso più ampio sul cambiamento climatico e sulla transizione energetica; tanto più per l’Italia, che per affrontare al meglio le sfide di questa transizione ha creato un Ministero apposito.
Rinnovabili vs fossili: è questo il nodo della crisi texana?
Dunque è un peccato che, come spesso accade, ci si sia affannati da una parte e dall’altra a dimostrare una tesi nella polemica tra fonti rinnovabili e fossili più che a esaminare le pieghe della questione. La tesi di molti è che la colpa sia da attribuire tout court alle fonti fossili: insomma, se solo il Texas avesse potuto contare su una maggiore penetrazione delle energie rinnovabili, non si sarebbe trovato in tali difficoltà. E anzi: se le fonti rinnovabili le avessimo usate di più nel mondo intero (visto che l’atmosfera è la stessa per tutti), eventi meteo estremi come questo non si verificherebbero. Niente cambiamento climatico a monte, o comunque in misura più modesta, e quindi niente tempesta di ghiaccio.
Ora, è senz’altro vero che la produzione di energia elettrica in Texas dipende in larga parte dalle fonti fossili, e tra queste la parte del leone è giocata dal gas naturale. E questo nonostante l’eolico sia una fonte energetica in rapida crescita, giunta lo scorso anno a superare anche il carbone.

Fonte: EIA Hourly Electric Grid Monitor
La crisi è legata all’infrastruttura prima ancora che alla fonte energetica utilizzata
Non intendo soffermarmi sugli aspetti più tecnici: fare cioè un’analisi delle cause, descrivendo come il freddo inatteso abbia messo in crisi i diversi tipi di impianti creando un mismatch tra domanda e produzione. Questi argomenti, infatti, sono già stati trattati altrove in modo più completo e autorevole di quanto io possa fare qui. A tale proposito, mi limito a fare rimando all’editoriale sulla lezione texana pubblicato su questo blog, utile per costruire una visione d’insieme.
L’aspetto che invece vorrei provare a mettere in luce è un altro: il problema del Texas sembra essere legato all’infrastruttura prima ancora che alla fonte energetica utilizzata. Questo in fondo è facile da intuire, visto che l’ondata di gelo responsabile dei blackout si è riversata su buona parte degli Stati Uniti; eppure, solo in Texas è riuscita a mettere in così grande difficoltà la rete elettrica.
E l’ideologia liberale, “colpevole” secondo qualcuno delle scelte politiche e industriali che hanno prodotto il cambiamento climatico, c’entra poco. Anzi, si può argomentare con buone ragioni che il caso texano sta quasi agli antipodi: ovvero, un esempio di sovranismo energetico finito male. Infatti, la rete elettrica in Texas è quasi completamente isolata rispetto a quella degli altri Stati.
Più che dell’ideologia liberale, come causa dei cambiamenti climatici, la colpa è del sovranismo energetico che non ha saputo rispondervi
I motivi di tale scelta sono antichi, risalgono addirittura al lontano 1935. In quell’anno, infatti, il governo guidato da Franklin D. Roosevelt approvò il Federal Power Act: il supporto giuridico di questo provvedimento era la cosiddetta Commerce Clause, una norma costituzionale (ref. articolo I, sezione VIII) che fa divieto ai singoli Stati di fare “protezionismo” adottando leggi che ostacolino il commercio reciproco. Allo scopo di vigilare in tal senso, il Federal Power Act istituiva una Federal Power Commission (adesso nota come Federal Energy Regulatory Commission) col potere di regolare le compravendite di energia elettrica tra gli Stati.
Tale ingerenza scatenò in Texas una reazione che potremmo definire sovranista o da “piccolo mondo antico”. Infatti, come spiegano bene Saravalle e Stagnaro nel loro recente lavoro (Contro il sovranismo economico), l’elemento comune alla galassia ideologica eterogenea del sovranismo è proprio questo: un atteggiamento di avversione al commercio e allo scambio internazionale, di protezione dei campioni nazionali costi quel che costi e di allergia alla concorrenza.
In questo solco si colloca perfettamente la ricostruzione dello stesso gestore della rete elettrica texana ERCOT (Electric Reliability Council of Texas) in questo suo video promozionale: pur di sottrarsi alla giurisdizione del governo federale, le utilities locali si misero d’accordo tra di loro per non estendere i confini della rete verso gli Stati confinanti, in modo da preservare la condizione di autarchia.
The utilities in Texas were smart: they got together, and they made an agreement that nobody was going to send power outside of Texas – Donna Nelson, Presidente Texas Public Utility Commission
Le tracce di tale scelta sono ben visibili se si dà uno sguardo al layout della rete elettrica che collega i 48 Stati continentali. Questa, infatti, è suddivisa come la Gallia in partes tres: la Eastern Interconnection, la Western Interconnection e… il Texas.

Mappa delle principali interconnessioni negli Stati Uniti continentali
Fonte: ERCOT
Tale indipendenza della rete elettrica texana è stata protetta gelosamente, salvo pochissime circostanze. Una di queste si verificò durante la Seconda Guerra Mondiale, in virtù dell’evidente stato di necessità. Un’altra avvenne a metà anni ‘70, per un tentativo di “sabotaggio” da parte della Central Southwest Holdings (CSW).
La fallita Midnight Connection
Questa compagnia, infatti, gestiva impianti elettrici sia in Texas che in Oklahoma ma non poteva far sì che fossero collegati in modo efficiente a causa di questa politica isolazionista. La notte del 4 maggio del 1976, la CSW provò a boicottarla passando alle vie di fatto: chiuse uno dei pochissimi collegamenti disponibili tra il Texas e il Southwest Power Pool (SSP) e trasmise energia verso l’Oklahoma per alcune ore. Così facendo, sperava di mettere le autorità federali di fronte al fatto compiuto e di portare de facto ERCOT sotto la loro giurisdizione. L’episodio, passato alla storia come “Midnight Connection”, generò un’acerrima disputa legale nella quale ERCOT fu costretta a battersi con forza pur di salvaguardare il proprio status particolare.
(Per chi volesse approfondire rimandiamo a The second battle of the Alamo: The Midnight connection (1995) di Richard D. Cudahy e ERCOT’s Jurisdictional Status: A Legal History and Contemporary Appraisal (2008) di Jared M. Fleisher.)
Meglio al freddo e al buio che far entrare i federali in casa secondo l’ex-governatore Rick Perry
Questa mentalità sovranista riecheggia pure nelle dichiarazioni dell’ex-governatore Rick Perry, che nel pieno dell’emergenza ha sostenuto che i cittadini texani avrebbero dovuto accettare di buon grado il fatto di restare al freddo e senza luce pur di rimanere padroni in casa propria “tenendo fuori i federali” dal loro mercato energetico interno. Dopotutto, forse non è un caso che il Texas sia noto come il Lone Star State: lo Stato dalla stella solitaria.
Da questo approccio non può che seguire una scarsa resilienza del sistema energetico, alla quale si somma solo dopo la naturale fluttuazione nell’output delle fonti rinnovabili. A ben vedere, la fragilità è connaturata all’approccio sovranista alla rete elettrica: come per politiche di altro genere, non è previsto di porre rimedio alla scarsità attraverso lo scambio. Ci si illude di avere tutto sotto controllo all’interno della propria “isola deserta”.
Un’illusione in cui è ancora più facile scivolare per uno Stato come il Texas, dotato di enormi riserve di gas come quelle del bacino Permiano. Situato nella parte occidentale del Texas, questo è il più grande giacimento di idrocarburi negli States. Per fissare le idee: si stima che dagli anni ’20 in poi questo bacino abbia prodotto 30 miliardi di barili di greggio e 2.000 miliardi di metri cubi di gas naturale.
Non c’è sovranità nella solitudine, tutto è collegamento, relazione, scambio
Con una così gran quantità di gas sempre a disposizione, che bisogno c’è dello scambio, del mercato o persino dei serbatoi di stoccaggio? Allorquando il gas serve, lo si può tranquillamente pompare su dal giacimento e convogliarlo via gasdotto agli impianti che lo utilizzano per generare elettricità. Il prezzo da pagare per questo “piccolo mondo antico”, però, è un sistema rigido che viene facilmente messo in crisi quando la domanda sale e la produzione scende.
Insomma, per parafrasare la frase pronunciata qualche settimana fa dal Presidente Draghi: davvero non c’è sovranità nella solitudine. Anche per quanto riguarda l’energia. Tutto è collegamento, relazione, scambio: tra le sorgenti a temperatura diversa di una macchina termica come tra le reti elettriche di Stati confinanti. Pensare di risolvere le sfide che ci aspettano con la pallottola d’argento, con una sola ricetta “giusta” frutto di una sola visione omnicomprensiva (che sia quella dello Stato ingerente o quella del singolo autarchico) si rivela spesso una pia illusione.
Emiliano Valerio Morgia si occupa di gestione dell’energia come ingegnere ambientale presso Saipem S.p.A.
Su sistemi energetici e sistemi elettrici leggi anche:
La lezione texana, di Alberto Clò, 23 Febbraio 2021
A che ora è la transizione?, di Redazione, 16 Dicembre 2020
Lezioni per i regolatori – Post scriptum, di Giovanni Goldoni, 17 Agosto 2020
Lezioni per i regolatori (parte terza): l’impatto del lockdown sul sistema elettrico del Regno Unito, di Giovanni Goldoni, 3 Giugno 2020
Lezioni per i regolatori (parte seconda): l’impatto del lockdown sul sistema elettrico tedesco, di Giovanni Goldoni, 3 giugno 2020
Lezioni per i regolatori (prima parte): l’impatto del lockdown sui sistemi elettrici di Italia, Spagna, Francia, di Giovanni Goldoni, 26 Maggio 2020
Foto: Pxhere
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