17 Marzo 2021

Auto elettriche: dare tempo al tempo

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È vero che le auto elettriche rilasciano minori emissioni di anidride carbonica rispetto alle auto a combustione interna o ibride? Dipende, servono una serie condizioni non sempre di facile realizzazione. Da una ricerca condotta sul caso della California, risulta che i veicoli elettrici rappresentano ancora un bene di nicchia non in grado di sostituire i modelli a combustione interna. Meglio allora riformulare gli obiettivi al 2050, dando al mercato il tempo di cui ha bisogno.

La motivazione a sostegno delle auto elettriche è la riduzione delle emissioni di anidride carbonica rispetto alle auto a combustione interna (responsabili del 12% delle emissioni totali) o ibride. Nell’assunzione, non meno importante, che la loro penetrazione – che per ora non supera l’1% dell’intero parco auto mondiale – sia sostitutiva e non aggiuntiva di queste ultime.

Le cose stanno effettivamente così? La risposta è: dipende. Riguardo la motivazione una gran quantità di ricerche dimostra come le minori emissioni climalteranti delle auto elettriche dipendano da una serie di condizioni che non possono darsi per certe.

Primo: dal fatto che il confronto sia metodologicamente corretto. Guardando cioè, relativamente alle emissioni, all’intero ciclo di vita delle auto (Life Cycle Assessment), dalla fase della loro produzione a quella del loro utilizzo su strada sino alla loro dismissione (G. Fusco, Per una mobilità più sicura, equa, sostenibile in Italia, ENERGIA 1.21) (vedi tab. 1). Metodologia di grande complessità e quindi poco applicata, lasciando così adito a confronti per lo più scarsamente significativi.

Fonte: G. Fusco (2021), Per una mobilità più sicura, equa, sostenibile in Italia (ENERGIA 1.21)

Secondo: dipende dalle modalità con cui si produce l’energia elettrica che alimenta le auto. Se la maggior parte delle emissioni di biossido di carbonio delle auto tradizionali avviene a valle, nel momento del loro utilizzo, quella delle auto elettriche avviene a monte nelle centrali elettriche che le alimenteranno o che serviranno a produrre le batterie.

Come viene prodotta l’elettricità che alimenta il veicolo?

In Germania, ad esempio, una nuova auto elettrica peggiora e non migliora le cose. È quel emerge dalle ricerche di Hans-Werner Sinn dell’Università di Monaco e Christoph Buchal che hanno dimostrato come, dato il mix elettrico tedesco sbilanciato a favore del carbone, un’auto elettrica emetta più CO2 di una moderna auto diesel.

La conclusione di Sinn è che “the EU’s regulation on fleet fuel consumption will not do anything to protect the climate. It will, however, destroy jobs, sap growth, and increase the public’s distrust in the EU’s increasingly opaque bureaucracy.

Vi è poi un terzo fattore di cui bisognerebbe tener conto nel confronto tra diverse tipologie di auto: la loro percorrenza in un medesimo arco di tempo.

La generalità delle ricerche indica come per lunghe percorrenze quelle elettriche emettano sensibilmente meno di quelle tradizionali; al contrario per medio-basse percorrenze le auto elettriche hanno una maggiore impronta carbonica (si veda G. Fusco su ENERGIA 1.21). Del tutto similari sono invece i rilasci di particolati prodotti da pneumatici e freni.

Questi confronti vengono generalmente fatti sulla base di parametri tecnico-ingegneristici e di assunzioni teoriche sul comportamento dei consumatori: dalla loro preferenza ad acquistare o meno auto elettriche sino alle modalità di utilizzo che ne faranno.

Questo, almeno fino a quando sarà concessa libertà di scelta ai consumatori. Gli Ecobonus concessi in Italia all’acquisto di nuove auto a benzina o gasolio hanno visto, ad esempio, esaurirsi in poco tempo le risorse loro destinate mentre quelle destinate alle auto elettriche sono rimaste ampiamente inutilizzate.

In Italia, le risorse per l’acquisto di auto a benzina o gasolio si sono progressivamente esaurite mentre quelle per l’auto elettrica sono rimaste ampiamente inutilizzate

Per quanto attiene alle rispettive percorrenze è oltremodo complesso darne una quantificazione, anche per la ritrosia delle case automobilistiche a condividere dati di tal genere.

Una ricerca condotta recentemente da un’equipe dalla Haas School of Business dell’Università della California (Berkeley) – guidata da Catherine Wolfram assunta da poco al Dipartimento del Tesoro della Casa Bianca – fornisce un importante contributo conoscitivo relativamente al caso della California, Stato leader nella transizione alla mobilità elettrica con l’obiettivo di raggiungere i 5 milioni di veicoli nel 2030.

Attraverso un’accurata e originale metodologia, la percorrenza media delle auto elettriche è stata calcolata partendo dai consumi elettrici dei loro acquirenti per le ricariche effettuate a casa (75% totale) cui sono state aggiunte quelle ipoteticamente fatte all’esterno (25%) sulla base di fattori tecnici di efficienza (da kWh a chilometri percorsi).

Va da sé che la ripartizione tra ricariche domestiche ed esterne (e relativi prezzi dell’elettricità) dipende dal tasso di proprietà delle abitazioni private: alto in Italia (75%), basso in Germania (46%) con prezzi dell’elettricità per entrambi i paesi tra i più alti in Europa.

Quanto incidano le diverse tipologie di auto sulle emissioni dipende essenzialmente dalle percorrenze, ma i dati al riguardo sono scarsi

Tre le conclusioni dello studio che merita evidenziare.

Primo: i proprietari di veicoli elettrici registrano una percorrenza media pari alla metà di quella dei proprietari di un’auto a benzina: 8.400 chilometri vs 17.000 con emissioni quindi relativamente superiori. I consumi elettrici degli acquirenti delle auto elettriche, infatti, registrano un’immediata impennata dovuta alle ricariche domestiche, per poi stabilizzarsi.

Variazione nei consumi di elettricità per le ricariche domestiche di veicoli elettrici

Fonte: Burlig F. et al. (2021), Low Energy: Estimating Electric Vehicle Electricity Use (EPIC WP 2021-17)

Secondo: le auto elettriche per chi le possiede sono in sostanza aggiuntive e non sostitutive di quelle tradizionali, usate per percorsi brevi sfruttando le agevolazioni loro concesse.

Terzo: i veicoli elettrici necessitano di consistenti miglioramenti (autonomia, convenienza delle ricariche, loro diffusione, costi) per non essere più, com’è attualmente, un mercato di nicchia.

Un mercato comunque in espansione più che per le proprie virtù, per i sussidi loro riconosciuti e per gli standard emissivi imposti alle case automobilistiche.

Nell’aprile 2019 l’Unione Europea ha infatti imposto che l’emissione media di CO2 delle nuove autovetture, già scesa dai 160 g/km a 122,4 nel 2019, si riduca dal 1° gennaio 2020 a 95 g/km e dal 2030 a 59 g/km, che corrisponde per un’auto diesel ad un consumo di 2,2 litri per 100 chilometri, obiettivo ritenuto quasi impossibile.

Una decisione che ha colpito duramente l’industria automobilistica europea costretta, se non in grado di rispettare gli standard fissati da Bruxelles, a pagare salate multe, acquistare crediti verdi da aziende ‘virtuose’ (specie Tesla), ad aggregarsi con concorrenti in grado di produrre auto elettriche.

Senza peraltro che vi sia certezza sulla penetrazione delle auto elettriche che abbisogneranno comunque di un sostegno fiscale.

Nel 2020 il calo delle emissioni conseguito con l’aumento di vendite delle auto elettriche è stato compensato da un aumento delle emissioni dovuto alle maggiori vendite di SUV

Alternativamente verranno acquistate solo dalle classi sociali a reddito elevato, magari in aggiunta ai grandi SUV di cui dispongono.

Quel che in effetti sta avvenendo, come dimostrato dal fatto che nel 2020 il calo delle emissioni conseguito con l’aumento di vendite delle auto elettriche (a 3 milioni di unità) è stato compensato da un aumento delle emissioni dovuto alle maggiori vendite di SUV.

Il prezzo, ad esempio, delle tre classi della Tesla varia in un range di 35.000-60.000 dollari per quelle meno performanti (Model 3), 85.000-120.000 dollari per quelle medie (Model S), 90.000-124.00 dollari per quelle di classe superiore (Model X). Prezzi accessibili a pochi.

Oltre all’ammontare dei sostegni fiscali per favorire la penetrazione dell’auto elettrica, si dovrebbero aggiungere i mancati introiti fiscali incassati sulle auto tradizionali (in Italia circa 40 miliardi di euro)

A quanto possa ammontare per lo stato il costo dei sostegni fiscali per favorirne la penetrazione, cui dovrebbero aggiungersi i mancati introiti fiscali incassati sulle auto tradizionali (in Italia nel 2019 circa 40 miliardi di euro), non è facile a dirsi variando in funzione degli obiettivi di penetrazione, delle fasce di reddito cui si rivolgono, dell’elasticità agli incentivi della domanda, delle risorse disponibili etc.

Nel caso della California è stato calcolato che per conseguire l’obiettivo di una penetrazione di 1,5 milioni di unità al 2025 necessitino sussidi compresi tra 12 e 18 miliardi di dollari.

Per un paese meno ricco come il nostro, il costo sarebbe logicamente molto più elevato, qualora si fissasse l’obiettivo da qui al 2030 di oltre 4 milioni di unità da taluni indicato, su un parco circolante che si vorrebbe (d’autorità?) ridotto da 40 a 33 milioni di veicoli.

Per evitare sprechi di risorse sarebbe opportuno non stressare gli obiettivi al 2030 ma puntare all’orizzonte 2050, dando tempo al tempo

Razionalità vorrebbe che prima di fissare obiettivi di penetrazione si avesse piena contezza degli esiti sulle emissioni globali. Quel che dipende, come detto, dalla percorrenza.

In assenza di questi dati, scrive Catherine Wolfram, “i governi e le utility stanno volando alla cieca”. Acquisire dati richiede costi e tempo. Per evitare sprechi di risorse sarebbe opportuno non stressare gli obiettivi al 2030 ma, come acutamente osserva Bill Gates nel suo recente libro sul clima, puntare all’azzeramento delle emissioni nette al 2050. Anche a vantaggio delle auto elettriche.


Alberto Clò è Direttore Scientifico di ENERGIA


Sui veicoli elettrici leggi anche:

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Foto: Unsplash


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