8 Marzo 2021

I green bond possono avverare il sogno della transizione?

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La finanza sta davvero diventando più green? Con quali strumenti? Ma soprattutto, con che ritmo? Perché nella lotta ai cambiamenti climatici il tempo è un fattore cruciale. Su ENERGIA 3.20, di cui proponiamo un estratto, Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca presentano un’approfondita analisi dell’andamento degli investimenti sostenibili, per capire se è possibile scorgere segnali di transizione verso un’economia mondiale più verde. In questo estratto l’indagine si concentra sulla crescita dei green bond. Anche se il mercato dei green bond sta crescendo rapidamente, rappresentano solo l’1% dei bond emessi.

L’analisi che presentiamo fa parte di un più ampio studio condotto da Enzo di Giulio e Stefania Migliavacca su ENERGIA 3.20. Attraverso indagini quantitative, l’articolo si muove alla ricerca di una qualche evidenza che l’economia mondiale stia procedendo lungo il percorso di transizione energetica. Dopo aver esaminato come (non) è cambiata l’intensità carbonica negli ultimi trent’anni, e come è evoluto il settore degli investimenti verdi, la ricerca si concentra sull’andamento di uno strumento di finanza sostenibile che ha registrato un tasso di crescita elevato dal 2007: i green bond.

(…) Sono obbligazioni a tutti gli effetti che, al termine di un periodo determinato, restituiscono un tasso d’interesse oltre alla cifra investita. Ciò che distingue i green bond è l’obiettivo dell’investimento: la loro emissione infatti è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente, come la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’efficientamento energetico, il trattamento dell’acqua e dei rifiuti.

Inizialmente queste nuove obbligazioni venivano emesse principalmente da istituzioni sovranazionali; successivamente sul mercato sono arrivati anche titoli emessi da singole aziende, municipalità e agenzie statali. Il primo green bond del mondo è stato lanciato dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) il 4 luglio 2007. In Italia, il primo green bond è stato emesso dalla multitutility Hera nel 2014: un decennale da 500 milioni di euro. La prima obbligazione verde di Stato è stata emessa nel dicembre 2016 dalla Polonia, per un valore di 750 milioni di euro. Un mese dopo, a gennaio 2017, la Francia è entrata sul mercato con un Green Obligation Assimilables du Tresor (OAT) che, inizialmente, doveva essere di 7 miliardi di euro: la richiesta degli investitori istituzionali è stata talmente elevata che il programma di emissioni è stato esteso, arrivando a 22 miliardi.

Il mercato dei green bond avviato nel 2007 cresce a ritmi sostenuti e include soggetti pubblici e privati

Lo sviluppo del mercato dei green bond dipende principalmente da due fattori: la crescente attenzione delle istituzioni sovranazionali al tema della sostenibilità ambientale e il recente ingresso nel mercato delle grandi imprese, in particolare dei paesi emergenti come Cina ed India. Secondo i dati del World Investment Report (UNCTAD 2020), fino al 2016 le banche di sviluppo([1]) erano il principale soggetto emittente, mentre nel 2017 sono state sorpassate dalle aziende private che complessivamente hanno emesso nel 2019 obbligazioni verdi per circa 115 mld. doll., contro i 100 mld. dei soggetti pubblici (Fig. 7).

Al momento non esiste uno standard globale per certificare come green un determinato bond: esistono alcune linee guida (come quelle elaborate dall’International Capital Market Association, ICMA 2018) e iniziative come quella dell’Unione Europea, che ha avviato una consultazione rispetto a un proprio Green Bond Standard (GBS). In ogni caso si tratta di standard volontari, cui l’emittente può decidere se aderire o meno([2]), con l’obiettivo di incrementare l’interesse degli investitori, garantendo la trasparenza delle informazioni sul progetto sottostante e che il denaro raccolto sia effettivamente destinato ai progetti green e non finisca invece a finanziare altre attività dell’emittente.

Non esiste ancora uno standard globale per certificare come ‘green’ un determinato bond

Nel primo semestre 2020 le emissioni hanno risentito della crisi per un valore di 104,2 miliardi di dollari, con una flessione di 8,5 miliardi sullo stesso periodo del 2019 e di 47,9 miliardi sullo scenario previsto (Fig. 8).

L’Europa rimane la regione di elezione: con emissioni nel 2020 di quasi i 51,8 miliardi di dollari (49,7% del totale). In Nord America, nello stesso periodo, sono state pari a 26,8 miliardi, mentre sul mercato asiatico poco più di 13 miliardi. L’evoluzione geografica rispetto ai primi anni è forte: se prima le emissioni provenivano quasi esclusivamente da Nord America e da soggetti sovranazionali (es. banche di sviluppo), ora il mercato risulta decisamente più variegato. A livello di settore, la quota maggiore delle nuove emissioni proviene da aziende private (34,8 miliardi di dollari, il 33,4%), principalmente in Europa, Nord America e Asia. Quattro delle cinque maggiori emissioni del primo semestre 2020 venivano da aziende europee. Il settore finanziario si colloca al secondo posto con 26,6 miliardi di dollari. La Fig. 9 evidenzia come, rispetto al 2012, il panorama dei soggetti emittenti si sia fatto più variegato.

Anche se il mercato dei green bond sta crescendo rapidamente, rappresentano solo l’1% dei bond emessi

Nonostante la crescita dei green bond sia sostenuta, il loro valore complessivo è ancora marginale. Secondo le stime della banca d’affari svedese SEB (2019), il loro valore totale ammontava a 800 miliardi nel 2019 e dovrebbe raggiungere 1 trilione di dollari entro la fine del 2020, a fronte di un valore globale del mercato dei bond di circa 100 trilioni (al 2019): meno quindi dell’1% del totale”.

Il post presenta l’articolo Quanto è green la finanza mondiale? (pp. 24-35) di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca pubblicato su Energia 3.20


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Foto: Unsplash

[1] World Bank, International Finance Corporation, European Bank for Reconstruction and Development, European Investment Bank, Asian Development Bank, African Development Bank.
[2] A titolo di esempio, i principi ICMA sono quattro: per prima cosa, chi emette un titolo deve identificare con chiarezza la destinazione dei proventi. In secondo luogo, deve seguire alcuni procedimenti particolari nella valutazione e selezione dei progetti, che devono rientrare in un elenco di categorie. Inoltre, chi emette l’obbligazione deve garantire la massima trasparenza nel comunicare la gestione dei proventi. Infine, devono essere resi disponibili dei report per mantenere aggiornati gli investitori sull’avanzamento dei progetti finanziati.

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