La crisi climatica è stata finora affrontata quasi esclusivamente dal lato dell’offerta di energia con un approccio top-down. Eppure sono anche e soprattutto le innovazioni lato domanda con cui le nuove fonti andavano intrecciandosi ad aver consentito le passate transizioni energetiche. Il risultato è che l’auspicata transizione al dopo-fossili è ferma al palo. Per superare l’attuale stasi, occorre inserire i comportamenti individuali nell’equazione: capire le barriere al cambiamento è essenziale per abbatterle. Non è solo una questione di informare la popolazione, ma di creare attraverso la cultura della complessità dei cambiamenti climatici consapevolezza della necessità di sacrifici senza cedere al catastrofismo. L’articolo di Alberto Clô su ENERGIA 1.21
“L’intera questione del global warming, degli enormi disastri che potrebbe causare, delle politiche per contrastarlo, è stata affrontata principalmente, con approccio top-down, dal lato dell’offerta di energia”, eppure “la storia delle passate transizioni insegna (…) come esse non si siano dipanate per il solo apparire dell’offerta di nuove fonti, ma anche e soprattutto delle innovazioni e dei prodotti lato domanda che andavano affermandosi e con cui si intrecciavano. (…) Modificare l’offerta senza coerentemente anticiparvi la domanda è come investire sul niente”.
Questo, in estrema sintesi, il ragionamento che porta Alberto Clô a indagare l’importanza dei comportamenti individuali nel contrastare i cambiamenti climatici, tema del suo articolo pubblicato su ENERGIA 1.21.
«Transitions are pulled by demand, not pushed by supply»
Arnulf Grubler
“Comportamenti individuali contano molto. Riconoscerli tra le fonti che originano il global warming sarebbe essenziale per agire su di essi” (par. 1. L’importanza dei comportamenti individuali). “La scarsa o nulla attenzione loro prestati ha impedito invece a policy markers e studiosi di individuare gli strumenti con cui farlo”.
“Finora, l’azione politica sul lato della domanda di energia si è concentrato ad accrescerne l’efficienza”, tuttavia “i driver delle preferenze dei consumatori non sono (…) riducibili a ragioni di mera convenienza economica”.
Se i consumatori ragionassero solo sulla convenienza, tutti utilizzerebbero le auto alimentate a metano o le tecnologie energeticamente più efficienti
“Capire le barriere al cambiamento – scarsa informazione, razionalità limitata, influenze sociali, costi di transazione, ruolo degli intermediari etc. – è essenziale per abbatterle”.
“L’ostracismo verso investimenti low-carbon riflette l’indisponibilità ad accettare condizionamenti ritenuti non nel proprio interesse. Quasi che quello ambientale non lo fosse (…). La psicologia sociale ritiene per contro che sulla questione climatica gli individui possano essere influenzati dagli altrui comportamenti (…). Compito dei governi dovrebbe essere la promozione di queste nuove norme sociali e della cultura che ne sta alla base. In un processo che richiede necessariamente lunghi tempi”.
Mitigare il riscaldamento globale richiede drastici mutamenti nei comportamenti di miliardi di esseri umani: essendone la principale causa, non possono che essere parte della soluzione
La necessità di cambiamenti di stili di vita, come indicato anche da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’, “non deriva tanto da considerazioni di carattere etico e morale, ma dall’imperativo di corrispondere alle prescrizioni del scientific consensus: limitare il surriscaldamento almeno entro i 2 °C” (par. 2. Comportamenti individuali e stili di vita). “Un obiettivo che implica una rivoluzione, perché di questo si tratta, nelle modalità di funzionamento dell’economia, nei processi di produzione/consumo, nella nostra vita quotidiana”.
“Molte delle azioni proposte” – come fare un figlio in meno, rinunciare a comprare un’auto o a un viaggio transatlantico, cambiare drasticamente la propria dieta a discapito della carne – “sollevano complesse questioni politiche, economiche, morali, con il rischio di addossare oneri eccessivi sui cittadini.” Altre – come scrivere lettere ai propri rappresentanti politici, cambiare meno abiti, fare docce fredde – possono invece apparire bizzarre.
Fare un figlio in meno o lavarsi meno? Rinunciare a comprare un’auto o a un viaggio transatlantico? Cambiare dieta o cambiare meno abiti?
Al di là della correttezza delle quantificazioni, “quel che si rileva è l’importanza di fornire al pubblico informazioni precise sulle azioni più efficaci per fronteggiare il global warming” così da “darsi delle priorità” evitando “l’illusione che basti poco per uscirne”.
“Solo in tempi recenti la comunicazione ha iniziato a far riferimento ai «sacrifici» che la popolazione dovrà fare se si vorrà salvare il Pianeta. Lo ha fatto nel convincimento che più si alza l’asticella del catastrofismo più si eleva la capacità di reazione delle popolazioni” (par. 3. Il catastrofismo paga?).
Un catastrofismo climatico “spesso interessato a muovere le cose in una certa direzione” che secondo Clô non fa che alimentare “uno scetticismo corrosivo che mina ogni fiducia sulla capacità di migliorare le cose”.
O avremo realizzato un’economia sostenibile entro il 2050 o lasceremo il posto a topi e insetti – Jared Diamond
A supporto porta le evidenze dell’antropologo indiano Amitav Ghosh – “alla lunga sequenza di disastri ambientali degli ultimi anni ha fatto seguito un «declino nella classifica delle preoccupazioni della gente» (anche nei paesi) che più ne sono afflitti – e del primo Presidente dell’IPCC, il meteorologo Bert Bolin – che “ha rimproverato gli estensori dei comunicati dell’IPCC (…) che «le esagerate descrizioni sui media delle minacce non favoriscono una cooperazione costruttiva da parte delle popolazioni»”.
“Perché ne è una, se non la principale, causa; per adeguarli ai mutamenti d’offerta (…); per gli enormi potenziali miglioramenti di efficienza d’uso dell’energia. Sorprende invece che nel quinquennio successivo all’Accordo di Parigi, essi siano declinati, a dimostrazione del fatto che conoscere non significa agire” (par. 4).
Perché agire sui comportamenti individuali?
“In quarto luogo, come insegna la storia delle passate transizioni energetiche, per il fatto che gli investimenti richiesti nelle fasi a valle (domanda) sono nettamente superiori a quelli a monte (offerta) in un rapporto stimato sino a tre-quattro volte (…). Da ultimo: perché i tempi di intervento sui due versanti sono molto diversi”.
“L’obiettivo di queste riflessioni era limitato” – dichiara l’autore nelle Conclusioni – “senza pretesa di indagarne le implicazioni sociali e psicologiche e gli strumenti di cui la politica potrebbe avvalersi (…). Non è sufficiente informare il pubblico sulle conseguenze del suo comportamento sull’ambiente per ottenerne un cambiamento effettivo. Quel che è carente è la diffusione di una solida cultura in materia (…) così come carenti sono le informazioni sulle emissioni individuali, sul loro impatto, sull’impronta carbonica dei prodotti che consumiamo. (…) Agire dal lato dell’offerta di energia è imprescindibile, ma nondimeno lo è da quello della domanda”.
Il post presenta l’articolo Cambiamenti climatici e comportamenti individuali (pp. 24-33) di Alberto Clô pubblicato su ENERGIA 1.21
Alberto Clô è direttore responsabile di ENERGIA e di RivistaEnergia.it
Foto: Unsplash
I cambiamenti individuali sono difficili da modificare. D’altro canto nessuno rinuncerebbe a conquiste come l’aria condizionata, un clima caldo e confortevole d’inverno, una bella doccia calda e così via. Siccome produrre elettricità senza emettere CO2 è molto complicato e costoso, mi domando come mai nel dibattito generale non compare quasi mai la necessità di ricorrere massicciamente all’energia nucleare. Tra gli opinion maker solo Bill Gates si è speso a favore. Non dovrebbe essere compito dei nostri leader spingere in questo senso anche se, come ben sappiamo, è una direzione alquanto impopolare?. Ho però il dubbio che il popolo, anche quello che si considera più ecologista, non sia assolutamente al corrente che senza energia nucleare non avremo mai (e men che meno entro il 2050) l’azzeramento delle emissioni di carbonio. La maggior parte pensa che qualche pala eolica e qualche pannello solare sia sufficiente a fornirci l’energia di cui abbisogniamo: pia illusione!