1 Aprile 2021

Concessioni distribuzione elettrica: opportuno parlarne ora

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La scadenza delle concessioni per la distribuzione elettrica in vigore è fissata per il 31 dicembre 2030, ma il da farsi deve essere deciso almeno cinque anni prima. E se si affronta la questione con equilibrio, si possono individuare soluzioni win-win anche in ottica Recovery Plan, sostengono Tullio Fanelli e Massimo Mucchetti nel dibattito a più voci proposto su ENERGIA 1.21.

Come attività in concessione soggetta a regolazione, la distribuzione assicura un margine operativo rilevante e abbastanza stabile nel tempo. Comprensibile che i concessionari abbiano un interesse a conservare lo status quo. Tuttavia, la materia è così complessa e gli interessi legittimi in gioco sono così numerosi che il dibattito non appare troppo anticipato.

“Certo, i concessionari hanno un immediato interesse aziendale a conservare lo status quo e dispongono di formidabili relazioni con la classe politica nazionale e locale. (…) La distribuzione assicura un margine operativo rilevante (…) e, va aggiunto, abbastanza stabile nel tempo, perché trattasi di attività in concessione soggetta a regolazione”.

“Del resto, ragionare di quella che potrà essere la miglior allocazione proprietaria della distribuzione elettrica, anche nel quadro delle nuove convenienze determinate dal Recovery Plan, può avere una sua oggettiva utilità”.

La materia è così complessa e gli interessi legittimi in gioco sono così numerosi che il dibattito non appare troppo anticipato

Tullio Fanelli e Massimo Mucchetti raccolgono lo spunto lanciato da Chicco Testa su RivistaEnergia.it e partecipano assieme a Gian Paolo Repetto, Carlo Stagnaro, Chicco Testa e GB Zorzoli al dibattito a più voci sul futuro della distribuzione elettrica proposto su ENERGIA 1.21.

“Il primo, ancorché non definitivo, interesse è quello degli azionisti e del mercato finanziario. Lo scorporo delle reti di distribuzione dalle utility elettriche integrate avrebbe dimensioni tali da suscitare l’attenzione delle banche d’affari, più che mai alla ricerca di pingui commissioni (…)”.

La distribuzione assicura ad Enel i 2/3 dei suoi margini operativi in Italia, per questo l’AD ipotizza di estendere la regolazione del capacity market all’intera generazione termoelettrica

“Ma i motivi più profondi che inducono a ragionare di distribuzione sono la nuova funzione della distribuzione nel mercato elettrico in evoluzione e il ruolo del Governo in questo processo sia per accelerare la modernizzazione del Paese sia per proteggere il valore della concessione, un asset interamente di proprietà dello Stato, mentre la quota di competenza pubblica di Enel non supera il 30%”.

Il Decreto Bersani del 1999 “fissa al 31 dicembre 2030 la scadenza delle concessioni in vigore, prescrive che cosa bisognerà fare allora e stabilisce che quel da farsi deve essere deciso almeno cinque anni prima della scadenza (…)”. 

“La materia è così complessa e gli interessi legittimi in gioco sono così numerosi che l’iniziativa di Testa non appare troppo anticipata. Tacere e non fare nulla fino al 2025 nell’intento, non dichiarato ma perfettamente leggibile, di ottenere sic et simpliciter la proroga delle concessioni oggi in vigore costituirebbe un inaccettabile favore reso agli incumbent. Se invece si affronta la questione con equilibrio, si possono individuare soluzioni win-win (…)”.

Tacere e non fare nulla fino al 2025 nell’intento di ottenere la proroga delle concessioni oggi in vigore? Un inaccettabile favore agli incumbent

“Il Governo, d’altra parte, non può sfuggire all’obbligo di definire il futuro della distribuzione nel sistema elettrico che si va configurando: diversamente, non sarebbe possibile assegnare le nuove concessioni in modo efficiente. Questo adempimento non può non partire dal ruolo dei distributori nell’assicurare la flessibilità del sistema (…)”.

“È a coronamento di questa sequenza di considerazioni che la separazione proprietaria delle attività di trasmissione da quelle di produzione e vendita acquista un senso tale da meritare un ragionamento da parte del policy maker (…).”

Chi farà i 6.000 MW e più di investimenti in accumuli in coordinamento con Terna?

Quattro le questioni che emergono:

  1. i nuovi investimenti nella rete di distribuzione
  2. le modalità dell’eventuale separazione
  3. i soggetti eleggibili per la gestione delle reti di distribuzione
  4. la prosecuzione ordinata e senza regalie dello status quo

La prima tira in ballo l’espansione degli utilizzi dell’elettricità, in particolare per trazione su gomma che richiede nuove infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

“La remunerazione di questi investimenti sarà determinata in base alla Regulated Asset Base (RAB). Ma la sua definizione varia a seconda degli incentivi che potranno essere messi in campo per diminuire il carico di ammortamenti e di oneri finanziari in capo al gestore della rete di distribuzione”.

“E qui si determina un diabolico paradosso. Sarebbe logico, infatti, utilizzare i fondi del Recovery Plan. Ma quanto più gli incentivi sono elevati tanto più si riduce la base di calcolo della remunerazione del gestore della rete, e dunque la sua convenienza a investire (…)”.

Infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici: migliaia di «colonnine» a bassa potenza o un numero limitato di stazioni di rifornimento ad alta potenza?

La seconda “riguarda i possibili azionisti di riferimento delle reti di distribuzione scorporate dalle utility oggi integrate. Alcuni investitori sembrano persino ovvi”, altri meno, come “i grandi operatori del settore petrolifero impegnati nella graduale emancipazione dai combustibili fossili e alla faticosa ricerca di attività anticicliche, meglio se green (…)”.

“La terza questione riguarda le modalità dell’eventuale scorporo. Il break up potrebbe risultare attraente per gli azionisti che si troverebbero in mano due azioni (…).”

“Diverse prospettive si aprirebbero ove si procedesse a una cessione vera e propria delle società di distribuzione. In questo caso, le utility non diminuirebbero il proprio valore ma cambierebbero la struttura dei propri attivi sostituendo le reti con la liquidità”.

Quando ridusse la sua capacità produttiva entro i limiti fissati, Enel reinvestì l’elevata disponibilità finanziaria in attività estranee al core business, non di rado senza successo

“La quarta e ultima questione riguarda le condizioni per mantenere lo status quo con una certa decenza. (…) E tuttavia un simile scambio, già difficilmente giustificabile di fronte a un’opinione pubblica opportunamente disinformata, sarebbe assolutamente non giustificabile di fronte a un governo consapevole dei suoi doveri (…)”.

“Diversamente da quanto previsto per le autostrade, gli investimenti nelle infrastrutture energetiche sottoposte a regolazione vengono remunerati in base alla RAB e finiscono in bolletta. Più investi e più guadagni (…)”.


Il post presenta l’articolo A chi va la distribuzione elettrica? Meglio ragionarci sin da ora (pp. 74-77) pubblicato su ENERGIA 1.21


Tullio Fanelli, già Direttore Generale del Ministero dell’Industria e già membro dell’Autorità per l’Energia e il Gas

Massimo Mucchetti, Eureka 2018, già presidente della Commissione Industria del Senato


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Foto: Unsplash

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