Se ogni veicolo elettrico contiene mediamente circa 85 kg di rame, significa che serviranno 42,5 milioni di tonnellate per raggiungere il 30% del parco auto mondiale nel 2030: oltre il doppio dell’attuale produzione annua. Dove recuperarlo? A quale prezzo? Con quali impatti ambientali e sociali? Il rame è sempre più necessario nelle infrastrutture civili, ma anche energetiche e digitali sulle quali si va imperniando il mondo di domani. Se l’attuale impennata dei prezzi è in parte dovuta a circostanze congiunturali, la crescita dei suoi impieghi sembra portarli su soglie stabilmente più elevate. Senza ricerca e investimenti, l’offerta non riuscirà a tenere il passo della domanda. Ma trovare e mettere in produzione una miniera di rame non è un’operazione così semplice.
L’aumento dei prezzi delle materie prime spinge a chiedersi se siamo di fronte a un nuovo super-ciclo delle commodities. Nel caso del rame, la domanda potrebbe conoscere un’impennata alla luce dei piani di ripresa post-Covid nel rinnovamento delle infrastrutture civili, ma anche in quelle energetiche e digitali, nelle quali il suo impiego è cruciale.
Il piano di investimenti del Presidente Biden prevede 1.300 miliardi di dollari da tradurre in ferrovie ad alta velocità, trasporto pubblico, scuole, banda larga nelle aree rurali, rinnovo delle infrastrutture idriche. Il tutto richiederà milioni di tonnellate di rame, insieme ad altri metalli come nichel, zinco e alluminio.
Infrastrutture civili, ma anche energetiche e digitali: l’impiego del rame è destinato a impennarsi e con esso i suoi prezzi
Il rame è un componente chiave delle tecnologie green, in particolare nelle celle fotovoltaiche e nelle turbine eoliche dove, in base alla tecnologia, possono essere necessarie anche 5.000 tonnellate per ogni gigawatt installato.
È chiave nell’elettrificazione dei trasporti. Molte analisi prevedono che entro il 2040 circa il 30% delle autovetture del mondo sarà elettrico: una stima prudente e ragionevole, che numericamente si traduce in 500 milioni di veicoli elettrici su un parco veicoli totale di 1,6 miliardi. Se ogni veicolo elettrico contiene mediamente circa 85 kg di rame, significa che serviranno 42,5 milioni di tonnellate di rame: oltre il doppio dell’attuale produzione annua.
Secondo BloombergNEF, entro il 2040 saranno necessari 12 milioni di punti di ricarica domestici oltre a quelli a ricarica rapida. I primi, cosiddetti “di livello 2” richiedono oltre 7 kg di rame ciascuno, mentre i secondi (DC Fast Charge, caricatore veloce a corrente continua, DCFC) ne utilizzano 25.
Entro il 2040 saranno necessari 12 milioni di punti di ricarica domestici oltre a quelli a ricarica rapida – BloombergNEF
Infine, il rame è anche un componente chiave, oltre a metalli come litio o argento, nell’implementazione dell’infrastruttura del 5G. Ogni stazione base richiede in media 12 kg di rame. China Mobile prevede di costruirne oltre 50.000, per un totale di 600 tonnellate di rame. L’intera rete 5G cinese ne richiederebbe invece circa 6 milioni, per un consumo di 72.000 tonnellate.
La Commodities Research Unit (CRU) prevede che senza nuove prospezioni e investimenti la produzione globale di rame scenderà dagli attuali 20 a circa 12 milioni di tonnellate entro il 2034, per l’esaurimento di oltre 200 miniere e un numero insufficiente di nuove miniere in cantiere per sostituire la loro produzione.
Dagli attuali 20 a circa 12 mil. tonn. entro il 2034 il calo della produzione di rame senza nuove prospezioni e investimenti, ma cosa significa aprire una nuova miniera?
La doverosa maggiore attenzione all’impatto ambientale e sociale delle attività minerarie ha portato il tempo medio per l’apertura di una nuova miniera a superare frequentemente i 10 anni rendendo le compagnie incapaci di rispondere rapidamente ai deficit di offerta con l’apertura di nuove attività estrattive nonostante la congiuntura favorevole dei prezzi.
10 anni il tempo medio per aprire una nuova miniera di rame
Le scoperte sono andate progressivamente calando nell’ultimo trentennio: dei 224 depositi di rame trovati dal 1990, appena 15 sono avvenuti tra il 2010 e il 2015 e solo uno dal 2015 al 2020.
Inoltre, sebbene vi siano ancora potenziali scoperte non sviluppate, la maggior parte sono di basso tenore, e relativamente poche risorse sono di alta qualità e disponibili a un proficuo sviluppo.
Di questi depositi, 144 sono ancora in fase di valutazione e sviluppo, ma solo 16 di questi hanno più di 10 mil. ton. in riserve e risorse, ovvero con quantità sufficienti per supportare quella che si potrebbe considerare una grande miniera di rame per una durata di almeno 20 anni. E solo 5 miniere su 16 hanno un tenore di rame superiore all’1%. In grande maggioranza si tratta di depositi di dimensioni limitate o con tenori di rame inferiori allo 0,5%.
Un problema geologico di quantità e di qualità…
Un recente studio che ha analizzato i dati di 65 miniere di rame che hanno completato studi di fattibilità negli ultimi 5 anni mostra come le complessive riserve accertate e probabili ammontino ad appena 21,9 milioni: circa 1 anno della produzione globale corrente.
Un’ulteriore criticità riguarda il fatto che alcune delle più grandi miniere già in coltivazione stanno vedendo diminuire le riserve e devono rallentare drasticamente la produzione – con onerosi investimenti – per spostare le operazioni da cielo aperto in sotterraneo.
Ne sono esempio le miniere del Cile, che forniscono circa il 30% della produzione mondiale di rame. La miniera di Chuquicamata vedrà un calo della produzione del 40% entro il 2021. Per ritornare a 300.000 tonnellate all’anno impiegherà 5 anni, con un investimento di 5 miliardi di dollari. La miniera Escondida – la più grande del Pianeta – ha visto la produzione calare drasticamente nel 2019 per le medesime ragioni e non è attesa tornare a regime prima del 2022.
…ma soprattutto di sostenibilità: il nodo dell’acqua e delle popolazioni locali
V’è da considerare inoltre che un progressivo calo del tenore dei giacimenti comporta un maggior consumo di acqua ed energia per mantenere i livelli produttivi. Ma la scarsità d’acqua, fondamentale per la raffinazione, sta a sua volta costringendo i principali produttori a ridurre la produzione.
La siccità è in aumento nelle maggiori aree di produzione: nel 2019, le precipitazioni australiane sono state del 40% inferiori alla media, mentre il Cile ha sofferto la peggiore siccità degli ultimi 60 anni.
I diritti idrici e l’accesso a questa risorsa sono diventati ora dei colli di bottiglia della futura produzione di rame. Incidono sull’aumento dei consumi d’acqua (riducendo la produzione di rame e aumentando i costi) anche cambiamenti strutturali come la tipologia di processo e il calo dei gradi di minerale.
L’industria sta rispondendo con la riduzione o la sospensione dell’estrazione di acqua dolce, eliminando le perdite idriche, o con l’adozione di impianti di desalinizzazione. Quest’ultima è aumentata costantemente negli ultimi anni, soprattutto in Cile, ma, fra condutture e impianti, aumenta notevolmente la spesa in conto capitale e il costo operativo.
E l’acqua è anche terreno di scontro tra compagnie e governi, comunità locali, agricoltori, così come lo sono le polveri, la condivisione delle entrate sui diritti e sull’uso della terra. Tutti questi elementi sollevano numerose questioni. Quale sarà l’impatto sulle prospettive di produzione di rame nel prossimo decennio? Qual è il prezzo di mercato tale da consentire all’industria, di fronte alle continue pressioni sociali e ambientali, di bilanciare i costi operativi e di capitale e contenere i potenziali effetti politici a lungo termine?
Criticità economiche, sociali, ambientali: verso un rame a 10.000 dollari/tonnellata?
Probabilmente il prezzo del rame dovrà aumentare rispetto agli attuali 8.500 doll./tonn. per consentire alle miniere esistenti di rimanere redditizie e incoraggiare lo sviluppo di nuovi progetti. Si stima che una produzione in deficit per due anni a fronte di una crescente domanda per gli utilizzi green possa portare a un prezzo stabilmente superiore a quello corrente: 10.000 doll./tonn. è una quota da non ritenere così improbabile.
E la questione potrebbe ben presto espandersi alla contesa geopolitica (si veda Full Metal China: la rincorsa alla leadership climatica di Alberto Clô, ndr). La Cina ha assorbito tutto il rame in eccesso dal rallentamento del Covid-19 del 2020. Dove pensa di trovare il Presidente Biden i metalli necessari per i suoi colossali progetti green?
Forse, come faranno molti altri, in Ecuador dove si ipotizza un aumento del valore del settore minerario dagli 1,1 miliardi di dollari nel 2019 fino a 7,9 miliardi di dollari entro il 2021.
Ma se il consorzio cinese Tongguan sta riuscendo a far partire la produzione della gigantesca miniera di rame El Mirador (che devasterà oltre 10.000 ettari di foresta tropicale), lo stesso non vale per altri importanti progetti dove aggressioni, incendi, furti ostacolano le attività di prospezione portando la situazione al collasso.
Non tanto meglio vanno le cose in Europa, che pur di questi metalli abbisogna fortemente per realizzare il suo Green Deal. Nel 2019 il governo norvegese che ha dato ufficialmente il via libera all’apertura di una controversa miniera di rame a Kvalsund, oltre 400 km a Nord del Circolo Polare Artico, ma si trova ora alle prese con l’opposizione dei pastori Saami, un popolo indigeno che abita nella regione più settentrionale della Norvegia, il Finnmark, ai confini con la Finlandia e la Russia.
Giovanni Brussato è ingegnere minerario e autore del volume Energia verde? Prepariamoci a scavare, ed. Montaonda
Sul tema metalli per la transizione energetica leggi anche:
Full Metal China: la rincorsa alla leadership climatica, di Alberto Clò, 13 Aprile 2021
Le 10 previsioni energetiche Wood Mackenzie per il 2021, di Redazione, 18 Gennaio 2021
Verso un nuovo super-ciclo delle materie prime?, di Alberto Clò, 26 Gennaio 2021
Recensione – The New Map: Energy, Climate and the Clash of Nations, di Raffaele Perfetto, 21 Dicembre 2020
Nuova transizione, vecchie questioni, di Massimo Rebolini, 10 Febbraio 2020
La transizione porta verso una geopolitica dell’energia più complessa, di Redazione, 20 Giugno 2019
I metalli nelle nostre tasche, di Redazione, 3 Ottobre 2018
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I metalli critici per il successo dei veicoli elettrici, di Redazione, 2 Gennaio 2018
Foto: Mina Escondida Norte, Andrés Rodríguez, Flickr
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