23 Aprile 2021

Quanto contano i Green Exchange Traded Funds nel mondo finanziario?

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La finanza sta davvero diventando più green? Con quali strumenti? Ma soprattutto, con che ritmo? Perché nella lotta ai cambiamenti climatici è il tempo il fattore cruciale. Su ENERGIA 3.20, Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca propongono un’approfondita analisi sull’andamento degli investimenti sostenibili per capire se è possibile scorgere qualche segnale della transizione energetica. In questo estratto, l’indagine si concentra sulla crescita dei Green Exchange Traded Funds. Al pari dei green bond, gli ETF stanno crescendo ma rappresentano ancora una piccola quota del mercato azionario.

L’analisi che presentiamo fa parte di un più ampio studio condotto da Enzo di Giulio e Stefania Migliavacca su ENERGIA 3.20. Attraverso indagini quantitative, l’articolo muove alla ricerca di una qualche evidenza che l’economia mondiale stia procedendo lungo il percorso di transizione energetica.

Dopo aver esaminato come (non) è cambiata l’intensità carbonica negli ultimi trent’anni, come è evoluto il settore degli investimenti verdi, in particolare il mercato dei green bond, la ricerca si concentra sull’andamento di uno strumento di finanza che ha registrato una notevole espansione in ambito green: gli ETF (Exchange Traded Funds). Ma di cosa si tratta?

“Gli ETF sono fondi a basse commissioni di gestione negoziati in Borsa come le normali azioni. Si caratterizzano per il fatto di avere come unico obiettivo quello di replicare fedelmente l’andamento (e quindi il rendimento) di indici azionari, obbligazionari o di materie prime. Acquistando quote di un ETF, gli investitori non acquistano direttamente le attività sottostanti, ma ottengono una fetta dell’intero portafoglio di attività in una sola transazione, rendendo gli ETF un veicolo di investimento interessante per tre motivi: la maggiore diversificazione rispetto a uno specifico bond, l’elevata liquidità del titolo e l’economicità, avendo generalmente tagli minimi molto inferiori a quelli dei bond.

Esiste uno spostamento della finanza mondiale verso il settore green?

Gli ETF hanno conosciuto nell’ultimo decennio una crescita notevole e oggi il loro valore rappresenta circa l’8% della capitalizzazione del mercato azionario mondiale. Negli anni più recenti, si sono affermati come sottocategoria gli Environmental Social and Governance (ESG ETF), detti anche Green ETF.

L’analisi degli ETF è interessante per la transizione energetica essendo in grado di fornire un’indicazione sintetica – difficilmente reperibile attraverso l’analisi della miriade di prodotti finanziari disseminati nei mercati mondiali – sull’andamento e sulla direzione dei flussi di investimento finanziario. In altri termini, per la loro natura di fondi che replicano un indice possono aiutarci a rispondere alla domanda cruciale: esiste uno spostamento della finanza mondiale verso il settore green?

Se si studiano i dati in valore assoluto non si può non riconoscere come gli ESG ETF siano stati caratterizzati da una crescita sostenuta con il loro numero passato dai 39 del 2009 ai 276 del 2019. Come si può vedere dalla Fig. 10, nei sette anni dal 2012 al 2019, il volume degli asset gestiti (Assets Under Management, AUM) dagli ESG ETG è passato da 3 a 58 miliardi di dollari, con un tasso di crescita medio annuo pari al 53% che se ci riferiamo al più lungo periodo 2009-2019 scende al 28%.

Tra i motivi determinanti di tale crescita, i più importanti sembrano essere i seguenti (UNCTAD 2019):

(a) bassi costi di questi strumenti, basati principalmente su una gestione passiva che tende a replicare un indice di riferimento;

(b) allargamento della base di offerta, anche in accordo alla crescente rilevanza di benchmark di sostenibilità (UN Global Compact Principles and UN-supported Principles for Responsible Investment);

(c) elevata domanda degli investitori istituzionali, quali ad esempio i fondi sovrani, ma anche il settore retail negli Stati Uniti;

(d) maggiore rilevanza della regolazione ambientale che tende a favorire gli investimenti green e, come effetto, gli asset sostenibili;

(e) l’accresciuta base di investitori che hanno cominciato a focalizzarsi su investimenti di lungo periodo orientati alla sostenibilità;

(f) attrattività su specifiche categorie di agenti, in primis i giovani e le donne che apprezzano avere titoli green nel loro portafoglio;

(g) aumento della trasparenza del mercato, indotta dalla maggiore disponibilità di dati ESG.

In 10 anni gli ESG ETF sono cresciuti da 39 a 276, per un valore medio in aumento del 28% ogni anno

(…) Date le caratteristiche fin qui mostrate, resta da comprendere se la crescita degli ETF ESG sia tale da indurci a ritenere in atto un cambio di direzione vigoroso della finanza mondiale. I dati in valore assoluto – seppure spettacolari e spesso citati quale segno di avanzamento della finanza verde – in realtà non consentono di rispondere a tale domanda.

Piuttosto, occorre chiedersi che quota del totale degli ETF sia rappresentata dagli ETF ESG, e se e come varia tale quota. Ora, la Fig. 11 fornisce una risposta inequivocabile a questa domanda: dal 2009 al 2018 gli ETF ESG hanno rappresentato al massimo lo 0,3% del totale degli ETF. Nel 2019 vi è stato un balzo che li ha portati allo 0,8% ma, di certo, siamo di fronte a un valore di bassissima significatività (…).

(…) In parole povere, gli ETF green stanno crescendo ma – al pari dei green bond – rappresentano ancora una porzione insignificante del totale. Vanno poi considerate due altre questioni: la prima è che solo una parte degli ETF ESG si riferisce a investimenti a favore del clima o delle rinnovabili. Una porzione di essi è ascrivibile ad investimenti, di certo importanti, ma senza impatto sul clima, quali ad esempio l’uguaglianza di genere o le condizioni di lavoro.

Al pari dei green bond, gli ETF green stanno crescendo ma rappresentano ancora una porzione insignificante del totale

La seconda questione è quella relativa ai ritorni. È stato dimostrato come su un periodo di dieci anni gli ETF ESG siano caratterizzati da rendimenti sensibilmente più bassi rispetto ad un benchmark quale lo Standard & Poor’s, a fronte di costi di gestione più alti (Winegarden 2019). Ciò, certamente, non favorisce la loro ascesa nel lungo periodo”.


Il post è un estratto dell’articolo Quanto è green la finanza mondiale? (pp. 24-35) di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca pubblicato su ENERGIA 3.20


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Foto: Unsplash

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