Della Roadmap dell’Agenzia Internazionale dell’Energia si sentiva un gran bisogno. Perché di fatto nessuno sa come intraprendere con slancio la transizione energetica. Lo schema seguito sino ad oggi è stato il ben noto “palla lunga e pedalare”, ovvero il rinvio approssimativo del difensore – gli Stati – che calcia la palla in attacco. Occorre invece disegnare l’azione per bene, per capire se veramente è possibile segnare quel goal che oggi diamo per scontato. Sono più di 400 le pietre miliari che l’Agenzia di Parigi propone al mondo intero per guidarlo nel suo viaggio più difficile, quello verso la neutralità climatica. Ma non mancano le criticità. Soprattutto: i giocatori saranno disposti a seguire la nuova tattica?
Che il genere umano debba uscire dal torpore e intraprendere con slancio la cosiddetta transizione energetica è fuor di dubbio. Come farlo, nessuno lo sa. Di qui il rilievo che i media hanno dato al recente rapporto della IEA “Net zero emissions to 2050. A Roadmap for the global energy sector”.
E la stessa IEA, con un certo autocompiacimento, ha sottolineato l’importanza del suo studio già nei mesi precedenti la pubblicazione. È come se l’Agenzia di Parigi volesse consegnarci un messaggio del tipo “adesso vi diciamo noi come si fa”.
Al momento, come testimoniano i dati, siamo nella sfera onirica
Ed effettivamente, c’è un gran bisogno di sapere come si fa perché, al di là dei target di lungo periodo, nessuno conosce la strada che porta al sogno. Usiamo la parola sogno, che potrebbe apparire irriverente e cinica, perché al momento, come testimoniano i dati, siamo nella sfera onirica: non siamo Usain Bolt, come di recente ha fatto notare Alberto Clô su questo blog, ed è assai improbabile che lo diverremo in pochi anni.
Ecco perché il rapporto della IEA è così importante, perché mette ordine in una materia nella quale, fino ad oggi, lo schema seguito è stato il ben noto “palla lunga e pedalare”, ovvero il rinvio approssimativo del difensore – gli Stati – che calcia la palla in attacco.
Non c’è dubbio che si debba pedalare, ma assumere apoditticamente che la palla arrivi tra 30 anni, come per magia, sul piede di CR7 che implacabilmente la metterà in rete – net zero emissions, appunto – è mero sogno.
È possibile segnare quel goal che oggi diamo per scontato?
Occorre disegnare l’azione per bene, per capire se veramente è possibile segnare quel goal che oggi diamo per scontato.
Ma davvero lo diamo per scontato? Non è il tecno-ottimismo di policy maker e top manager la testimonianza del più classico dei wishful thinking? Credere vero ciò che si desidera sia vero: da quando esiste l’uomo esiste questo meccanismo, velo iridescente che Sapiens sistematicamente stende sul proprio status di essere che abita l’incerto.
E infatti, al di là delle questioni tecniche, una domanda più di altre ha aleggiato sulla diretta in cui IEA ha presentato la roadmap: cosa vi fa credere che le dichiarazioni degli Stati saranno tradotte in fatti?
Un richiamo all’etica e uno alla razionalità
Ed è su questa domanda che la diretta si è chiusa, con il Direttore Esecutivo della IEA, Fatih Birol, che ha espresso la propria fiducia circa la riuscita del piano perché gli Stati hanno un obbligo morale a tradurre le parole in azioni e perché non farlo significherebbe vincolare i propri sistemi energetici al passato, perdendo un vantaggio competitivo e rimanendo indietro rispetto a una modernità efficiente che, comunque, avanza.
Dunque, un richiamo all’etica – l’obbligo morale – e uno alla razionalità – è razionale non rimandare il progresso. E di certo non si può non essere d’accordo con Birol. In questo passaggio delicatissimo della sua interazione con il Pianeta, Sapiens necessita di etica e ragione, due virtù che non sono altro che il correlato di valore delle ambiziose milestones – più di 400 – che l’Agenzia di Parigi propone al mondo intero per guidarlo nel suo viaggio più difficile, quello verso la neutralità climatica.
Eccone alcune:
- al 2050 la bilancia del mix energetico dovrà invertirsi: i fossili dovranno passare dall’attuale 80% al 20%, mentre 2/3 della domanda di energia sarà soddisfatta dalle fonti rinnovabili.
- Stop agli investimenti in carbone, petrolio e gas dopo il 2021. La domanda di queste tre fonti diminuirà rispettivamente del 90%, del 75% e del 55% nel 2050.
- Il 50% del consumo di energia sarà soddisfatto dall’elettricità, per il 90% di origine rinnovabile.
- Le vendite di auto elettriche passeranno dall’attuale 5% al 60% nel 2030.
- Metà del taglio delle emissioni proverrà, nel 2050, da tecnologie – ad esempio cattura diretta della CO2 o elettrolizzatori di idrogeno – che oggi sono allo stadio prototipale.
La figura seguente offre una rappresentazione grafica del moltiplicatore dello sforzo necessario in contesti cruciali quali le rinnovabili, l’auto elettrica, l’intensità energetica.
Blocco immediato agli investimenti upstream O&G: una sorpresa per 3 ragioni
Di queste milestones – è così che la IEA le denomina – la più inattesa è il porre termine agli investimenti nell’oil & gas da subito. Il messaggio è nuovo e ha sorpreso media ed esperti per almeno tre ragioni.
La prima concerne le implicazioni di business: le oil company devono volgere lo sguardo, per intero e da subito, all’orizzonte green. Il tempo dei fossili finisce oggi: ciò che rimarrà sul mercato è, appunto, il residuo di un tempo che fu, ora cessato.
La seconda sono le implicazioni geopolitiche, che si possono riassumere nella seguente domanda: di cosa vivranno milioni di persone che fino ad oggi hanno potuto contare sui ricavi derivanti dalla vendita di prodotti fossili da parte dei paesi produttori?
75% il calo del reddito pro-capite stimato nei paesi produttori
Un numero ci fa capire l’impatto di questo nuovo assetto economico: la riduzione del reddito pro-capite derivante dalla riduzione delle vendite di petrolio e gas sarà pari, secondo la IEA, al 75%.
La terza ragione origina dal report “The Oil and Gas Industry in Energy Transitions” che la IEA ha pubblicato poco più di anno fa. Come abbiamo avuto modo di commentare a suo tempo sempre su questo blog, in questo rapporto si mostrava come l’assenza di investimenti delle oil company avrebbe dato luogo a un crollo dell’offerta di petrolio e di gas che avrebbe determinato scarsità, anche rispetto alla già bassa domanda del Sustainable Development Scenario.
Ma nel frattempo il quadro è cambiato e il livello di ambizione cresciuto, con conseguente impatto sui tagli di emissione. L’Agenzia di Parigi sottolinea, infatti, dopo averlo già mostrato nel WEO 2020, come net zero emissions al 2050 implichi una traiettoria delle emissioni ben al di sotto dello scenario SDS. Di qui il sipario che si chiude – hic et nunc – sull’era dei fossili. Resta da capire quanto realistico sia il maggior livello di ambizione incorporato nello scenario net zero emissions e se l’asticella non sia stata posta troppo in alto.
2 domande: “la roadmap è sufficientemente precisa?” e “la roadmap sarà rispettata?”
Questo il quadro che la IEA ci consegna. Sorgono due domande. La prima: la roadmap è sufficientemente precisa, contiene le informazioni cruciali per traghettare il sistema energetico mondiale nel nuovo mondo green? La risposta è moderatamente positiva.
Certamente essa abbonda di dettaglio e al tempo stesso non soffre della malattia che affligge spesso i piani di azione: l’assenza del “come”. Al contrario, il report ci consegna un timone che dovrebbe consentire di ruotare di 180° il transatlantico dell’economia mondiale.
Questo timone è la carbon tax, applicata in misura diversa nelle economie avanzate, in quelle emergenti e in quelle in via di sviluppo (vedi tabella). Il range dei prezzi di una tonnellata di CO2 va dai 75$ (nel 2025) ai 250 $ (nel 2050) per il primo gruppo di paesi, dai 45 ai 200$ per il secondo, dai 3 ai 55$ per il terzo.
Si tratta di valori sfidanti se si pensa che il prezzo odierno di una tonnellata di CO2 sul mercato dell’ETS – circa 50 € – viene percepito dagli operatori come già molto elevato.
La seconda domanda è la seguente: la roadmap sarà rispettata? Ne dubitiamo, per diverse ragioni.
La prima è che, come ha sottolineato l’Agenza di Parigi, gli attuali target dei paesi non portano a emissioni nette zero ma a un surplus emissivo di ben 22 miliardi tonnellate di CO2. Dunque, già negli intenti siamo distanti dal dover essere.
Un enorme problema di volontà politica
La seconda ragione è che, seppure il dover essere fosse corretto, vi è un enorme problema di volontà politica. La realtà è ben diversa dal run di un modello energetico: applicare una carbon tax elevata richiede visione e forza politica, e può implicare reazioni di ferro e di fuoco da parte della società, come l’esperienza francese insegna.
Inoltre, vi è una quota significativa di paesi, emergenti o produttori di energia, la cui funzione obiettivo è ortogonale a net zero emissions, e anche tra i paesi industrializzati cominciano a levarsi voci di protesta (es. Australia, Giappone, Norvegia) contro l’uscita immediata da fossili.
La terza ragione, infine, origina dall’ineluttabilità delle serie storiche: si torna alla metafora di Usain Bolt: può uno scarsissimo corridore dei cento metri diventare, nel giro di qualche anno, l’uomo più veloce del mondo? Ne dubitiamo e temiamo che oggi, nel profondo dell’animo, tutti ne dubitino, anche per la semplice ragione che l’operazione ipotizzata non ha precedenti nella storia del genere umano: cambiare un paradigma energetico-industriale dall’alto, con una manovra guidata dalle policies.
Si ha un bel dire che gli Stati devono creare e favorire i nuovi mercati green, ma rimane il dubbio di fondo circa la possibilità che ciò possa essere fatto, visto che l’opera di convertire un sistema energetico, dall’alto e in una manciata di anni, non è mai stata realizzata da nessun paese nella storia umana.
Ma oggi essere positivi è strada obbligata perché partire senza ottimismo significa essere già sconfitti. Per dirlo con la famosa frase di Eraclito, “bisogna volere l’impossibile, perché l’impossibile accada”. E questo sembra essere l’assetto mentale di Sapiens oggi, un pensiero orientato a un tecno-ottimismo che evita di gettare lo sguardo al baratro sul quale si tende la fune su cui egli incede.
E se smettessimo di fingere?
Farlo significherebbe scivolare nell’abisso del negativo, nei cupi territori descritti e frequentati dallo scrittore Jonathan Franzen nel famoso libretto “E se smettessimo di fingere?”.
E però, farlo, vorrebbe dire anche – con sano realismo – ragionare sulla possibilità del fallimento della soluzione tecnologica e approfondire la via complementare della forestazione. Il tema è ampio e non è opportuno trattarlo in questo articolo. Qui diremo solo che gli alberi non sono certamente l’alternativa alla transizione energetica – che è necessaria e deve essere rapida – ma rappresentano il suo complemento. E tuttavia, per qualche misteriosa ragione, il dibattito sugli alberi si è chiuso prima del tempo. Ciò non è giustificato, perché le criticità della soluzione naturale non sono affatto superiori a quelle dell’opzione tecnica, anzi forse è vero il contrario.
La tecnologia ha consentito a Sapiens di crescere e prosperare, fino a scontrarsi con i limiti del suo ecosistema. Oggi Sapiens, com’è nel suo destino, cerca di risolvere con la tecnologia un problema che, in ultimo, ha origine proprio dal suo talento tecnico. Ma egli è anche natura, ed è qui che dovrebbe volgere lo sguardo, in questa fase critica della sua vicenda esistenziale.
Enzo Di Giulio è membro del Comitato Scientifico di ENERGIA
Sugli scenari di neutralità climatica leggi anche:
It is the models, stupid. Qualche nota sul rapporto IEA “Net Zero”, di Massimo Nicolazzi, 26 Maggio 2021
Think out of the box: innovazione, creatività e transizione energetica, di David Chiaramonti, 24 Maggio 2021
Sognando Bolt: la rincorsa UE al net-zero, di Alberto Clò, 14 Maggio 2021
Il tecno-ottimismo è il profumo della transizione ecologica?, di Michele Manfroni, 2 Marzo 2021
Neutralità carbonica a costo netto nullo: è possibile?, di Enzo Di Giulio, 14 Dicembre 2020
Gestione sostenibile delle foreste, di Peter Rubner, Aprile 2020
La crisi del clima: e se gli alberi fossero la soluzione?, di Enzo Di Giulio, 27 Settembre 2019
Riforestazione: una soluzione efficace contro i cambiamenti climatici, di Redazione, 20 Agosto 2019
Foto: Pixabay
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