3 Maggio 2021

Meglio rottamare che immatricolare

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L’attuale crisi sanitaria e le relative misure di contenimento hanno prodotto profondi cambiamenti nello stile di vita, avvantaggiando un ritorno all’uso dell’auto privata a discapito del trasporto collettivo. Con un parco circolante composto ancora di molte Euro 0, 1 e 2, le preoccupazioni ambientali relative all’aumento del flusso di autovetture in città non sono da ignorare. Proponiamo un estratto dell’articolo di Giuseppina Fusco (Fondazione Caracciolo) pubblicato su ENERGIA 1.21 che si concentra su come indirizzare gli incentivi per avere il miglior vantaggio in termini di emissioni. Quali misure sono al tempo stesso efficaci, eque e accessibili a tutti? Quali massimizzano il beneficio ambientale? Puntare sulla rottamazione del vecchio genera più benefici che puntare sull’acquisto del nuovo.

La pandemia ha modificato il nostro stile di vita, premiando, da una parte, l’utilizzo dell’auto privata a discapito del trasporto collettivo e frenando, dall’altra, l’acquisto di nuovi veicoli più efficienti e performanti. Tutto ciò ostacola il rinnovo del parco circolante, la cui composizione conta ancora di vecchi veicoli Euro 0, 1 e 2. Quel che desta preoccupazioni sotto il profilo ambientale e della sicurezza. Come agire in favore di una maggiore sostenibilità dell’automotive? Quali misure concrete possono ridurre in modo più efficace ed equo le emissioni inquinanti?

Necessario promuovere il rinnovo del parco circolante sostiene Giuseppina Fusco che su ENERGIA 1.21 propone i risultati di uno studio realizzato da Fondazione Caracciolo volto ad individuare le priorità del settore della mobilità in chiave low-carbon. Ne proponiamo un estratto che si concentra su come direzionare gli incentivi per avere il miglior vantaggio in termini di emissioni.

“Secondo i dati ISPRA, a livello nazionale le emissioni globali di PM10 negli ultimi venti anni si sono ridotte del 32,8% (dati 2017 rispetto al 1990, anno base). Nel 2017 il PM10 originato dai trasporti stradali rappresenta l’11% del totale e segna un decremento del 61,8% rispetto ai valori del 1990. Il maggiore contributo alle emissioni di PM10 proviene invece dalla combustione non industriale (+68,6% dal 1990 al 2017, con un peso del 58,4% sul totale delle emissioni), in particolare dal riscaldamento residenziale.

I veicoli Euro 6 sono fino a 32 volte meno inquinanti dei modelli Euro 0

Il contributo non preponderante dei trasporti non esonera in ogni caso dall’impegno a realizzare ogni sforzo per ridurne gli impatti ambientali. Guardando alle emissioni di particolato, le vetture di ultima generazione di classe Euro 6 sono fino a 32 volte meno inquinanti di modelli di classe Euro 0. Alcune ipotesi di scenario possono essere utili per capire e misurare i risultati di eventuali misure incentivanti alternative.

Assumendo l’ipotesi di un investimento di 50 milioni di euro in incentivi unitari di 2.500 euro e 20.000 autovetture che potrebbero accedere a tale beneficio, sono stati calcolati i possibili effetti in termini di riduzione delle emissioni annue di PM10 ottenibili con diverse strategie di incentivo (Fig. 3):

(1) nell’ipotesi in cui gli incentivi siano finalizzati alla rottamazione di veicoli più inquinanti, il vantaggio in termini di riduzione sarebbe pari quasi a 20 tonnellate di PM10 ogni anno, 27 volte di più di quel che si otterrebbe con l’immatricolazione di veicoli elettrici;

(2) nell’ipotesi in cui tutti gli incentivi vadano a favorire l’acquisto di un veicolo elettrico rispetto a uno termico di categoria Euro 6d temp, senza rottamazione, il vantaggio complessivo (calcolato su una percorrenza media di 8.500 km) sarà di 850 kg/anno;

(3) nell’ipotesi in cui gli incentivi siano subordinati alla rottamazione di veicoli pre-Euro 4, si otterrebbe un risparmio di circa 5 tonnellate.

Incentivare la rottamazione dei più vecchi produrrebbe un risparmio di emissioni 27 volte maggiore che puntando tutto sull’immatricolazione di nuovi veicoli elettrici

Il beneficio ottenuto dal solo acquisto del nuovo appare tutto sommato modesto e assolutamente inferiore a quello ottenibile con incentivi per la rottamazione dei veicoli più vecchi. L’aumento delle emissioni è, infatti, inversamente proporzionale alla classe di Euro.

Ovviamente, è opportuno che la valutazione complessiva non si fermi alle sole emissioni di particolato, ma si estenda alle altre sue componenti. Un indicatore sintetico può essere ottenuto dall’analisi degli impatti socio-economici derivanti dalle emissioni inquinanti e dai gas climalteranti legata agli standard Euro delle autovetture.

Puntare gli Euro 0: ritorno d’investimento più rapido e costi sociali minori

Utilizzando dati della Commissione europea (2019) e assumendo ancora l’ipotesi di un piano di incentivi da 50 milioni di euro, si è stimato che la sostituzione di veicoli Euro 3 con veicoli Euro 6 comporterebbe un risparmio (in termini di costi sociali) pari a poco più del 10% di quelli ottenibili con la sostituzione di veicoli Euro 0 e a circa il 29% della sostituzione delle autovetture Euro 1 e 2 complessivamente considerate.

Se i 50 milioni fossero spesi tutti per rottamare solo veicoli Euro 0, l’investimento si ripagherebbe in meno di sette anni, con un tasso di rendimento sociale del 14% ogni anno; se invece si rottamassero secondo la proporzione fra classi di Euro registrata negli ultimi mesi, il ritorno dell’investimento avverrebbe in più di cinquanta anni (Fig. 4).”


Il post è un estratto dell’articolo Per una mobilità più sicura, equa e sostenibile in Italia (pp. 34-45) di Giuseppina Fusco pubblicato su ENERGIA 1.21.

Lo studio Il rinnovo del parco veicolare italiano, per una mobilità più sicura, equa e sostenibile da cui è tratto è disponibile sul sito della Fondazione Caracciolo.

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Foto: unsplash

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