Innovare. Con pragmatismo e concretezza, ma innovare. E soprattutto, con creatività. Gli effetti di lungo termine che la transizione ecologica può generare su economia, società e ambiente saranno tanto maggiori quanto i Paesi saranno in grado di essere creativi, sviluppando soluzioni profondamente innovative ma allo stesso tempo socialmente ed economicamente sostenibili. Quel che richiede competenze per affrontare la complessità, nuove metriche per valutare i progressi e un monitoraggio continuo. Serve infine un ruolo proattivo di tutti i soggetti in campo nello sviluppo delle policy, che agiscano in modo coordinato e partecipato. Il 2026 è una tappa fondamentale per uscire dalla pandemia, ma occorre guardare al 2050 per vincere la sfida della transizione energetica.
Nei suoi frequenti ed apprezzatissimi interventi pubblici, Jennifer Holmgren, CEO di Lanzatech, ama citare la famosa frase del geniale architetto, inventore e visionario americano del secolo scorso Buckminster Fuller: “You never change things by fighting the existing reality. To change something, build a new model that makes the existing model obsolete”.
Una rappresentazione perfetta di uno dei principi ispiratori dell’attività di ricerca che dovrebbe guidare anche e soprattutto la transizione ecologica: un processo globale e al contempo locale che richiede investimenti enormi da realizzare in tempi estremamente rapidi vista l’urgenza climatica. Proprio per tale complessità, il monito di Fuller dovrebbe essere fatto proprio non solo dai ricercatori, ma da tutti gli attori in scena, dal mondo dell’industria, dell’economia, della politica.
Trasferire innovazione nelle attività industriali non deve essere visto con timore. Nel settore della bioeconomia e dell’economia circolare, diverse aziende innovatrici – come appunto Lanzatech, che produce etanolo ed altre biomolecole da effluenti gassosi residuali, quali i gas da acciaieria – hanno fatto propria questa filosofia: ciò ha dato loro un vantaggio competitivo e strategico, consentendo di raccogliere interesse (cioè consenso) e capitali.
Guardare al domani, senza perdere di vista il dopodomani
Simili esperienze dovrebbero suggerire all’impresa la massima attenzione verso i nuovi processi ed i nuovi prodotti. Nell’attuale momento storico post pandemia, unico nel suo genere, pur nelle estreme difficoltà che i settori economico e sociale devono affrontare, l’opportunità di convertire i nostri sistemi energetici e d’impresa è infatti concreta come forse mai in passato. Tuttavia, nel predisporre i piani vi è il rischio di avere un orizzonte di vedute troppo corto.
La Commissione Europea ha chiesto agli Stati Membri di presentare piani di ripresa economica realizzabili entro il 2026. Per quanto le ragioni alla base di questa richiesta siano ben comprensibili, si tratta di un orizzonte temporale estremamente ristretto per realizzare una vera e profonda transizione, ed inadeguato per le riforme strutturali che i paesi devono intraprendere in un’ottica di neutralità carbonica al 2050.
Sarà necessario quindi essere profondamente innovativi, ed al contempo pragmatici e concreti. La transizione avrà un costo estremamente significativo, e ciò richiede che tutti i settori della società siano disposti a farsene carico in quota parte. A tal fine, la società deve essere ben consapevole, informata, condividere la necessità di una rapida risposta, e comprendere e condividere la visione messa in campo.
Sappiamo essere creativi?
D’altronde, come in tutti i cambiamenti, ci saranno inevitabilmente vincitori e vinti. Chi sarà in grado di approcciarsi all’innovazione potrà collocarsi tra i primi. Ma come hanno mostrato numerosi autori, come Min Basadur ideatore della teoria dell’Applied Creativity, il mondo della tecnologia e dell’impresa fatica in molti casi a liberare la propria capacità “creativa”, l’abilità cioè di immaginare prodotti e processi sostanzialmente diversi da quelli convenzionali. Forse questo è storicamente stato, invece, uno dei punti di forza del nostro Paese negli anni passati.
I moderni sistemi economici ed industriali tendono a proporre innovazioni di tipo incrementale, e non realmente disruptive, come invece il momento storico e l’ambizione della decarbonizzazione richiedono.
Nell’ambito della transizione ecologica, è necessario focalizzarsi sul contesto generale, e non sul semplice sviluppo di un prodotto. Proprio per questo è un terreno ideale per applicare concetti creativi: offre la possibilità di combinare tra loro i molti fattori che compongono le filiere, determinando benefici ed impatti. Le idee più innovative vanno sostenute, promosse ed accompagnate nel loro sviluppo, mentre una visione ristretta può limitarne l’ambizione e quindi i possibili effetti sistemici.
Ampliare lo sguardo: il carbonio “buono” e quello “cattivo”
Un esempio di visione “ristretta” riguarda il termine “decarbonizzazione”. Questa viene generalmente intesa come riduzione di emissioni di gas serra in atmosfera (principalmente dal settore energia e trasporti) e solo raramente viene considerata guardando al carbonio nel suo complesso, incluso il ruolo della sostanza organica nel suolo ed il riuso del carbonio (terreno in cui aziende come Lanzatech, appunto, eccellono). Molti Paesi del Mediterraneo e larga parte del Sud del mondo soffrono una drammatica carenza di sostanza organica nel suolo, ed anche questo è un grande problema ambientale.
Le due questioni vengono affrontate in maniera parallela, separata, senza interagire. E invece potrebbero essere affrontate con un approccio complessivo: togliere il carbonio “cattivo” da dove non deve essere (in atmosfera) e riportare quello “buono” là dove serve (ovvero nel suolo, tramite biochar, compost e pratiche agronomiche sostenibili). Ed è qui che serve innovazione e creatività, capacità di immaginare: e creare meccanismi economico-finanziari, oltre che tecnologici e di filiera, che li colleghino. Viene quasi da ripensare alla famosa frase del film Amici Miei: “Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”.
Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione
Un altro esempio riguarda l’impiego delle infrastrutture (esistenti e nuove) come elemento di connessione tra “mondi” tecnologici ed energetici diversi. Un ambito non ancora pienamente realizzato, quando invece consentirebbe di liberare un grande potenziale per l’impiego di nuove soluzioni tecnologiche ed industriali, e dunque nuovi concetti.
In perfetta analogia a come fotovoltaico ed eolico utilizzano la rete, è possibile ad esempio pensare di combinare (attraverso un bilancio di massa) la produzione decentralizzata di biometano con sistemi centralizzati di conversione ed upgrading in idrogeno verde ed altri combustibili sostenibili liquidi e gassosi, anche per aviazione e marittimo. Settori notoriamente “hard-to-abate”. Una Garanzia di Origine delle componenti Bio o a Carbonio Riciclato potrebbe essere lo strumento con cui gestire uno schema del genere, assicurando l’effettivo impiego di carbonio “buono” senza rischi di doppio conteggio.
Ovviamente sarà necessario supportare lo sviluppo tecnologico di questi processi, oggi posizionato a diversi livelli di Technology Readiness Level (TRL) (si veda per una definizione Tempistiche e stato d’avanzamento delle tecnologie per la decarbonizzazione).
Tecnologie: più attenzione alle tempistiche
Con riferimento all’idrogeno, inoltre, sebbene le rinnovabili variabili (FV, eolico) siano senz’altro la soluzione tecnologicamente oggi più idonea e razionale per un sistema energetico low-carbon, ciò non toglie che esistano altre opzioni da non trascurare e che possono generare anche altre ricadute positive, addizionali, sul sistema economico ed ambientale (industria manifatturiera, agricoltura e agroindustria, economia e sviluppo regionale). È il caso della pirolisi del biometano (medio TRL) o della produzione catalitica di idrogeno verde da composti organici derivanti da altri processi (basso TRL).
Altri esempi ancora di integrazioni innovative potrebbero riguardare la simbiosi industriali in settori quali energia, rifiuti ed acciaio.
Gli effetti di lungo termine sull’economia sulla società e sull’ambiente che potranno essere generati attraverso la transizione ecologica, saranno tanto maggiori quanto i Paesi saranno in grado di essere creativi, sviluppando soluzioni profondamente innovative ma allo stesso tempo socialmente ed economicamente sostenibili, integrate, olistiche, e non applicando esclusivamente più immediate e modeste innovazioni incrementali. Ciò che in inglese si descrive come “Think out of the box”.
Il problema della transizione, da un punto di vista industriale e nelle dimensioni in cui ci si presente, è ancora nuovo, profondamente intersettoriale e quindi estremamente complesso e multidisciplinare. Per questo servono competenze integrate e coordinate, ed un monitoraggio continuo degli effetti e degli stati di avanzamento. La complessità è di per sé una grande opportunità per identificare soluzioni integrate: non deve essere rifuggita, ma al contrario compresa ed utilizzata. Ma proprio per questo sono necessari strumenti di analisi ed indirizzo, nonchè strutture adeguate.
La complessità non deve essere rifuggita, ma compresa ed utilizzata
In tal senso va la recente proposta di Alberto Clò e Romano Prodi di strutture tecniche a supporto dei Governi per lo sviluppo e l’attuazione dei piani di recovery e di transizione ecologica in un’ottica di lungo periodo (2050). Altri Paesi Europei si stanno già organizzando in tal senso.
Gli Stati Membri devono prestare (comprensibilmente) grande attenzione al rispettare la scadenza del 2026, anno di conclusione del PNRR, ma senza perdere la visione di lungo termine. In tal senso, dunque, il supporto di un CTS terzo che monitori, revisioni la congruenza delle iniziative con gli obiettivi strategici, misurandoli su una ottica temporale più ampia, valutando e verificando gli impatti in tutti i settori, sarebbe un supporto sicuramente utile.
Per comprendere in modo pieno e consapevole le scelte future, sarà inoltre anche necessario definire nuove metriche di valutazione economica, oltre che ambientale ed energetica, che meglio rappresentino la realtà attuale e soprattutto quella futura. Un ambito, anche questo, largamente ed autorevolmente trattato ormai da molto tempo che consente una profonda innovazione. Si vedano, tra gli altri, questi due contributi sull’Harvard Business Review: GDP Is Not a Measure of Human Well-Being e A Better Way to Measure GDP.
Nuove metriche e più partecipazione
La nuova metrica dovrebbe pesare adeguatamente effetti ambientali e socioeconomici, livello di innovazione di sistema introdotta, in ossequio ai criteri del Green Deal Europeo (tra cui il principio No One Left Behind, declinato sia sugli individui che sulle aziende, che devono essere accompagnate verso una quanto più rapida possibile transizione).
Infine, gli stakeholders devono assumere un ruolo proattivo, senza attendere che il sistema regolatorio li “forzi” nelle strategie di sviluppo, ma contribuendo con proposte concrete allo sviluppo delle policies di settore, nell’ottica di generare benefici reali di medio-lungo termine.
I piani ed i progetti di recovery sono il giusto banco di prova su cui testare e portare “a terra” le soluzioni migliori, creando un mix virtuoso tra innovazione ambientale, economica, industriale e sociale in grado di bilanciare in modo ottimale le opzioni più immediate ma meno dirompenti con quelle più innovative e disruptive.
David Chiaramonti, Politecnico di Torino e Consorzio di ricerca RE-CORD
Su innovazione e tecnologie per la transizione energetica leggi anche:
Per un Comitato Tecnico Scientifico sulla Transizione Ecologica, di Alberto Clò e Romano Prodi, 4 Maggio 2021
Due piccioni con una fava: biochar, fertilità del suolo e sequestro della CO2, di Redazione, 7 Maggio 2021
Biomasse lignocellulosiche e celle a combustibile di nuova generazione, di Ermete Antolini, 22 Aprile 2021
Tempistiche e stato d’avanzamento delle tecnologie per la decarbonizzazione, di Redazione,12 Aprile 2021
Il tecno-ottimismo è il profumo della transizione ecologica?, di Michele Manfroni, 2 Marzo 2021
Tecnologie per la decarbonizzazione e come accelerarle, di Redazione, 15 Dicembre 2020
Le molte facce dell’agricoltura nella lotta al climate change, di Redazione, 22 Dicembre 2020
Enea Tech: una fondazione al centro del network dell’innovazione, di Federico Testa, 17 Novembre 2020
Intervista a Carlo Rubbia: tra nucleare e fossili a 0 emissioni, di Redazione, 26 Ottobre 2020
Foto: Unsplash
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