25 Maggio 2021

Un contratto che suscita sconcerto

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Perché assegnare a un organismo internazionale una consulenza che potrebbero benissimo fare centri di ricerca pubblici, accademici e le stesse strutture ministeriali? È l’interrogativo che sorge spontaneo alla notizia del contratto sottoscritto con l’Agenzia Internazionale dell’Energia in vista della presidenza italiana del G20. Un contratto che suscita sconcerto. Perché l’Italia è già membro dell’AIE; perché si son ritenute più adeguate le sue competenze rispetto a quelle che hanno definito il PNIEC e il PNRR che su questi temi vincoleranno il futuro del Paese; perché il G20 è uno spazio politico dove l’Italia deve portare la sua visione del mondo e della transizione ecologica, mostrando di aver ben chiaro ciò che è necessario a livello globale, senza trascurare gli interessi nazionali. Quel che sarebbe un importante segnale di consapevolezza, soprattutto verso i propri cittadini. Perché ormai dovrebbe essere chiaro che non c’è transizione realizzabile senza il consenso della popolazione.

Il 26 aprile 2021 l’ex Ministero dello Sviluppo Economico, nonostante il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) fosse già formalmente costituito, ha sottoscritto un contratto con l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), nella persona del suo direttore esecutivo Fatih Birol.

Oggetto del contratto è quello di svolgere “studi e analisi da presentare durante i meetings del G20 presieduto dall’Italia in tema di energia”. In particolare “promozione della transizione energetica pulita, in grado di sostenere una ripresa sostenibile, promozione delle città smart e sostenibili, un più ampio concetto di sicurezza energetica, così come di efficienza energetica e innovazione tecnologica”.

480.000 euro il compenso che l’Italia ha riconosciuto all’AIE per lo studio (di cui l’AIE manterrà i diritti)

Per queste attività – avviate ben prima della firma del contratto (alcuni studi dovevano infatti essere consegnati già a fine marzo) con intese raggiunte quindi dal precedente governo – l’Italia ha riconosciuto all’AIE un compenso di 480.000 euro. Per di più l’AIE ne manterrà la proprietà intellettuale! Questi, in sintesi, i termini del contratto. Della cui esistenza nulla si è detto così come della sua implementazione cui supponiamo si sia dato seguito

A parte che non si comprende quali specifici contenuti possano avere i contributi richiesti all’AIE che non siano stati già trattati nei suoi innumerevoli rapporti, l’idea di assegnare ad un organismo estero un simile studio suscita sconcerto in quanto avrebbe potuto benissimo essere svolto dai nostri centri di ricerca pubblici – quali ENEA, RSE, CNR – dalle Università – a partire dai due Politecnici di Milano e Torino – per non parlare di Banca d’Italia e delle stesse strutture ministeriali, da poco riorganizzate nel MiTE che ha preso in carico tutte queste tematiche.

Il PNIEC e il PNRR sì, un semplice studio di base no

Fa riflettere che queste ultime, in particolare, siano state evidentemente ritenute incapaci di elaborare semplici documenti di base mentre siano stati affidati loro compiti ben più complessi quali la messa a punto del Piano Integrato Energia e Clima e, da ultimo, quella parte del Recovery Plan relativo alla missione sulla transizione ecologica che dovrebbe traghettarci verso un sistema economico-ambientale-energetico nuovo ed inedito.

Alla luce di ciò, ci pare ancor più solida la proposta di costituire un ‘Comitato Tecnico Scientifico sulla Transizione Ecologia’ a supporto delle strutture ministeriali e della politica, che scarsa o nulla attenzione ha ricevuto dalla politica, diversamente da quel che è accaduto da parte della comunità scientifica.

A tutto questo, si aggiunge un altro ordine di considerazione, relativo alla natura degli incontri del G20. Che non è un convegno di esperti d’una determinata materia, ma uno spazio politico in cui i grandi del mondo si confrontano su questioni, quale quella energetica e climatica, ritenuta di particolare importanza e urgenza.

Il G20 è uno spazio politico dove l’Italia deve portare la sua visione del mondo e della transizione ecologica

Ci saremmo attesi, ci attendiamo, che in quella sede l’Italia – che detiene la presidenza del G20 così come avrà la co-presidenza della COP 26 di Glasgow del prossimo novembre – porti le sue proposte su come rafforzare la cooperazione internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici sinora del tutto insufficiente. Perché quella lotta o la si combatte insieme o non avrà successo.

Ci attendiamo che l’Italia si faccia portavoce della drammatica situazione dei paesi emergenti, che più ne soffrono e più abbisognano di energia per le loro esigenze vitali, e si batta perché i paesi ricchi mantengano gli inevasi impegni di finanziamento sottoscritti a Parigi nel 2015.

A titolo d’esempio, proprio l’AIE nella sua recente Roadmap per la neutralità climatica al 2050 indica tra i presupposti per la riuscita dell’impresa il raggiungimento del pieno accesso all’energia per la popolazione del mondo entro il 2030, meno di un decennio, con 790 milioni di persone che non dispongono dell’elettricità e 2.600 milioni non in grado di cuocersi i cibi.

Un importante segnale di consapevolezza, anche e forse soprattutto verso i propri cittadini

Ci attendiamo che l’Italia presenti ai grandi del mondo la sua visione della transizione ecologica. Quella che ha informato il Recovery Plan. Mostrando così di aver ben chiaro ciò che è necessario ma anche di tener presente i propri interessi nazionali.

Un importante segnale di consapevolezza. Anche e forse soprattutto verso i propri cittadini, perché ormai dovrebbe essere chiaro che non c’è transizione realizzabile senza il consenso della popolazione.

Per tutte queste ragioni ci pare paradossale che si sia chiesto all’AIE di redigere un simile documento. Che l’Italia le chiedesse, essendone membro sin dalla sua istituzione nel 1974, di formulare raccomandazioni sui temi più importanti era comprensibile e normale. È già avvenuto in occasione di numerosi altri meeting internazionali, compresi quelli tenutisi in Italia.

Che si sia arrivati a pagarla, quasi fosse una società di consulenza, è a dir poco incomprensibile e perfino umiliante. 


Alberto Clô è direttore del trimestrale ENERGIA e del blog RivistaEnergia.it


Su transizione energetica, PNRR e PNIEC leggi anche:
Per un Comitato Tecnico Scientifico sulla Transizione Ecologica, di Alberto Clò e Romano Prodi, 4 Maggio 2021
Think out of the box: innovazione, creatività e transizione energetica, di David Chiaramonti, 24 Maggio 2021
I convitati di pietra, di Alberto Clò, 21 Maggio 2021
Il PNRR secondo Einaudi, di Redazione, 11 Marzo 2021
Riusciremo a spendere il Recovery Fund? I 7 peccati da cui redimerci, di Walter Tortorella, 6 Aprile 2021

Foto: Unsplash

1 Commento
11fabio11 

Siamo in Italia: chiunque si azzardasse ora a dire che dobbiamo riaprire le ricerche per i CRM (Critical Raw Materials) per Uranio e Terre Rare ed aprire miniere per quei metalli (magari nei PVS) verrebbe tacciato e dichiarato anti-ecologista.
Pensate di trovare qualcuno pronto a dire che la transizione energetica può essere affrontata solo con la costruzione di centrali nucleari di nuova generazione (estremamente sicure e molto più ecologiche di qualsiasi centrale a Carbone, prodotti petroliferi e addirittura molto più sicura ed ecologicamente sostenibile delle centrali idroelettriche) che sono ora le uniche che possono garantire la produzione di Energia Green con cui poi si potrà produrre anche l’idrogeno Green.
È molto meglio affidare il compito ad una società terza che potrà almeno essere esclusa, (almeno si spera) da una connotazione politica.
Nessuna parte politica vorrà mai intestarsi una affermazione di questo genere, quindi la spesa sostenuta affidando lo studio alla AIE se ottiene lo scopo è assolutamente logica, efficace ed efficiente.


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