14 Giugno 2021

Reti elettriche offshore: così lontane, così vicine

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L’impatto delle reti elettriche offshore sulla tecnologia, sui flussi e soprattutto su struttura e prezzi del mercato italiano potrebbe esse­re non indifferente, sotto molti punti di vista. L’articolo di Carlo Degli Esposti, Pierre Bornard e Graeme Steele (BSDE Associates) su ENERGIA 2.21 inquadra le problematiche di natura tecnica per poi passare in esame quelle relative ai business di rete – investimenti, dispacciamento, accesso al mercato e regolazione – per comprendere quanti gap sia neces­sario colmare da qui al 2050. Le ultime riflessioni sono dedicate al possibile sviluppo di una rete sottomarina nel Mar Mediterraneo e i riflessi che se ne avrebbero sull’Italia.

“Qual è l’origine del dibattito sul­le reti offshore? Senza dubbio lo sviluppo molto sostenuto di pro­getti di generazione eolica offshore nei mari del Nord (…) che sta sollevando la questione di come rendere sempre più efficiente l’in­tegrazione nel mercato europeo dell’elettricità di un portafogli di generazione eolica in mare che Wind Europe prevede raggiungere, in scenari intermedi e per il solo Mare del Nord, una capacità instal­lata di 450 GW nel 2050(1)”.

L’articolo di Carlo Degli Esposti, Pierre Bornard e Graeme Steele (BSDE Associates) su ENERGIA 2.21 si apre delineando quelle che sono le problematiche tecniche delle reti elettriche offshore (par. 1). Dove nasce il pri­mo problema fondamentale per interconnettere i previsti 450 GW? Innanzitutto da un problema di spazio, sia politico-economico che tecnico.

Il fondale marino finirebbe per essere letteralmente coperto di cavi se si pensasse di in­tegrare 450 GW di capacità eolica offshore sulla terraferma solo con connessioni punto-punto

“Il Mare del Nord è stretto. Le di­stanze marine fra i paesi sono tali da non lasciare spazio ad acque internazionali”. Mentre, a livello tecnologico, “non esistono «deviatori» ad alta tensione per incanalare questo flus­so di energia da un punto di arrivo a due o più altri cavi senza dover prima riconvertire tutto in corrente alternata”.

“Il fondale marino finirebbe per essere letteralmente coperto di cavi se si pensasse di in­tegrare 450 GW di capacità eolica offshore sulla terraferma solo con connessioni punto-punto. (…) Sulla terraferma, quello necessario per le stazioni di conversione in corrente alternata al punto di collegamento (infrastrutture che con la tecnologia attuale occupano approssimativa­mente dagli 80.000 ai 100.000 metri quadrati per ogni cavo, un esempio in Fig. 1) potrebbe diventare altret­tanto difficile da soddisfare.”

La rete su terraferma deve essere in grado di incamerare l’energia prodotta in mare da tutti i punti di arrivo delle connessioni

“Oltre queste prime dirette os­servazioni (…) dobbiamo comprendere quanto sia complesso il quadro dei proble­mi da affrontare. A tal fine è utile richiamare le diverse dimensioni che caratterizzano il business di rete, partendo da qualche osserva­zione di carattere generale. (…) Passeremo quindi in rassegna inve­stimenti, dispacciamento, merca­to e regolazione per comprendere quanti gap sia necessario colmare da qui al 2050”. (2. Oltre la tecnologia: complessità del business di rete)

“L’ammontare degli investimenti complessivi al 2050 per la realiz­zazione di una rete sottomarina adeguata alla gestione dei 450 GW di produzione e dei necessari rin­forzi a terra è nell’ordine di qual­che decina di miliardi di euro: una cifra insostenibile per singoli paesi ma teoricamente programmabile e gestibile con l’aiuto del budget set­tennale della Commissione e degli aiuti specifici a livello comunitario. Un forte impegno economico da parte della Commissione implica però la necessità di un coordina­mento molto forte fra le diverse autorità nazionali coinvolte (che) allo stato attuale, è ancora completamente inesistente” (2.1. Gli investimenti necessari: tutta un’altra storia).

Una rete offshore dovrà essere gestita in modo significativamente diverso dalle tradizionali reti elet­triche

“Il livello di coordinamento fra i gestori di rete deve crescere enor­memente per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a livel­lo europeo. È a questo livello che probabilmente si nasconde la gran parte delle insidie.” (2.2. Operazioni e dispacciamento: è sufficiente un elevato coordinamento fra gestori?).

“un’altra minaccia, più sottile (…) ha a che fare con la suddivisione dei ruoli e delle responsabilità fra chi opera la rete in mare e chi sul­la terraferma. (…) Al momento, l’individuazione della responsabilità per le opera­zioni offshore risulta essere il pas­saggio più delicato nella definizio­ne del business model”.

“Esiste poi il punto delicatissi­mo, ancora irrisolto per il mercato interno dopo vent’anni dalla sua apertura, della definizione delle zone di prezzo e della localizzazio­ne delle congestioni commerciali” (2.3. Mercato e accoppiamento di settori energetici: la chiave per il bilanciamento).

“Sempre nell’ambito del merca­to, ben più rilevante sarà il tema del dimensionamento della riserva operativa. (…) oggi più che mai, è fondamentale che l’accoppiamento fra i settori energetici venga esplo­rato in tutte le sue potenzialità”.

Uno degli aspetti più preoccupanti della discussione sull’eolico offshore è la scarsa considerazione dell’impatto che questo avrà su reti lontane

“Ma chi assicurerà la modalità e gli elementi di remunerazione di questa rete, il rispetto delle regole di mercato, l’efficienza delle opera­zioni, la ridistribuzione di incentivi su base transazionale e una consi­stente pianificazione degli investi­menti in questa nuova situazione?” (2.4. Regolazione e legislazione).

“Esiste infine la necessità di con­siderare come tenere in conto nelle questioni gestionali relative a tutte le attività di conduzione e sviluppo della rete dei gestori che non sono direttamente connessi alla rete sot­tomarina”.

“Questa categoria di reti non è al centro del dibattito quando si pensa alla realtà italiana, ma l’attenzione su questo tema potrebbe presto sa­lire” (2.5. Reti offshore nei mari italiani?). “(…) per la si­tuazione italiana possiamo imma­ginarci due scenari: il primo, nel quale il sistema elettrico italiano debba essenzialmente prepararsi a incamerare una parte dell’energia prodotta nei mari del Nord, con uno sviluppo delle risorse offsho­re nel Mar Mediterraneo limitato, e un secondo, più ambizioso, nel quale anche nei nostri mari possa essere pianificata e installata una rete simile a quella discussa in lar­ga parte di questo articolo”.

Il sistema italiano resta strut­turalmente fragile a causa della sua configurazione allungata.

Nelle Conclusioni (par. 3) gli Autori invitano all’azione: “La lunghezza del processo decisionale e la quantità di stake­holder da prendere in considera­zione richiedono al più presto, non solo all’interno dell’Unione Euro­pea ma anche coinvolgendo le re­gioni circostanti, l’inizio di un con­fronto serrato su questi temi”.

“La partecipazione di Ter­na al progetto «Eurobar» promos­so da Amprion Offshore e com­partecipato, fra gli altri, da RTE France e Red Électrica de España, è certamente il migliore passo che il nostro gestore di rete di trasporto potesse compiere per non perdere contatto con il gruppo in questo passaggio cruciale dello sviluppo della rete europea”.


Il post presenta l’articolo Impatto dell’eolico offshore sulle reti elettriche (pp. 44-51) di Carlo Degli Esposti, Pierre Bornard e Graeme Steele pubblicato su ENERGIA 2.21

Carlo Degli Esposti, Pierre Bornard e Graeme Steele, BSDE Associates

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Foto: Flickr

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