4 Giugno 2021

Una “spintarella” alla responsabilità individuale

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Le politiche di sostenibilità richiedono una rinnovata assunzione di responsabilità individuale per raggiungere risultati pienamente soddisfacenti verso la difesa dell’ambiente e della biodiversità. L’individuo in quanto consumatore può fungere da traino alle imprese in base alle proprie scelte ma, allo stesso tempo, le imprese possono esercitare, con le proprie scelte produttive, una spinta sui consumi. Come stimolare tali funzioni di traino o di spinta è oggetto dell’articolo del sociologo Luigi Pellizzoni su ENERGIA 2.21. Tra modelli che puntano sull’imposizione di determinate scelte, che guardano esclusivamente alla leva economica o che ritengono il soggetto in grado di giungere all’ottimo sociale se correttamente informato ed educato, esiste forse una strada in grado di intervenire con una serie di «spintarelle» su più fronti.

“Presi singolarmente questi e altri risultati (delle politiche ambientali dagli anni Settanta) sono apprezzabili; spesso notevoli. Nell’assieme, però, il problema è sempre lì. Le emissioni di gas serra hanno continuato ad aumentare; la biodiversità a ridursi; la richiesta di energia a crescere. Uno dei problemi principali – per alcuni anzi il principale – è come modificare i comportamenti individuali in direzione della sostenibilità. Che l’azione di tutti e di ciascuno sia fondamentale è fuori dubbio. Che gli stimoli al riguardo siano stati finora zoppicanti è altrettanto evidente. La domanda è quindi come ottenere di più; quale tipo di intervento di policy sia più efficace”.

L’articolo del sociologo Luigi Pellizzoni su ENERGIA 2.21 parte dal duplice ruolo dell’individuo (par.1) in quanto consumatore (“diretto, in quanto a comportamenti diversi corrispondono modi diversi di usarla(…); indiretto, perché a comportamenti diversi corrispondono segnali diversi inviati alle aziende di produzione e distribuzione, ingenerando risposte conseguenti”) per ragionare “su quale genere di intervento sui comportamenti individuali sia preferibile”.

Ragionevole ipotizzare non vi sia una ricetta valida per tutte le situazioni, opzioni e ingredienti vanno dosati a seconda dei casi

Se sia meglio “puntare sul traino alle imprese che deriva dalle preferenze espresse dai consumatori o sulla spinta che le aziende, con le proprie scelte produttive, possono esercitare sui consumi” e su “come stimolare queste funzioni di traino o di spinta”. L’articolo passa quindi a presentare i modelli che propongono l’intervento sull’uno o sull’altro fronte.

Il modello ABC – Attitude, Behaviour, Choice (par. 2) “si incentra sulla decisione autonoma del consumatore, quale fattore direttamente e indirettamente determinante per il successo delle politiche per la sostenibilità. (…) In tale prospettiva è fondamentale innanzitutto che le persone si convincano che il problema ecologico è serio e richiede uno sforzo sistematico”. Che si traduce nelle campagne di informazione ed educazione ambientale promosse da associazioni ecologiste, scuole, media, aziende ed enti pubblici. Un approccio “«riduzionista», nel senso che vede il risultato collettivo derivare dalla somma dei comportamenti individuali” e che considera l’“ottimo socio-ecologico” non conoscibile e perseguibile “solo (…) tramite aggiustamenti reciproci e graduali dei comportamenti degli attori presenti sul mercato” mossi dalla «mano invisibile» formulata da Adam Smith.

Sull’ABC si è puntato molto, gli insufficienti risultati delle politiche ambientali sono stati attribuiti anche a questo

“All’ABC si contrappongono così approcci incentrati sulla funzione di spinta”. Il primo è oggetto del terzo paragrafo Incentivi e oneri monetari: il cap-and-trade. Un approccio che all’impossibilità/fallacia della pianificazione “associa l’idea che l’aggregazione delle azioni individuali non produce in ogni caso l’ottimo sociale” e che “il sistema dei prezzi non offre segnali adeguati a indicare la scarsità di una risorsa.”  Tra questi vi è l’approccio cap-and-trade “notoriamente la logica adottata dal Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas serra”.

“Gli strumenti di seconda generazione sottoscrivono l’idea che l’ottimo sociale si ottiene per equilibrio tra comportamenti individuali. Tuttavia, concedono che la mano invisibile abbia bisogno di un aiuto. Qui si annida il problema”. Come fare in assenza di un governante onnisciente?

Gli strumenti di seconda generazione, poi, hanno spesso effetti regressivi

“Ci sono tuttavia altri tipi di spinta. Una è esercitata dalle norme «comando-e-controllo» (…) la via maestra delle politiche ambientali in una prima fase”. Presentatene le specifiche, l’Autore ne racconta l’evoluzione storica e il suo superamento (par. 4). “l’innovazione evolve a ritmi troppo rapidi per essere imbrigliata in regole che per definizione devono essere generali e astratte.”

“La regolazione «comando-e-controllo» non scompare ma perde di centralità. Soprattutto, la regolazione pubblica cambia funzione (…) si tratta di impostare i rapporti tra gli attori in modo da stimolare la competizione. (…) vengono messi in campo non solo gli strumenti di seconda generazione ma anche una nuova tipologia di approcci”: “alla leva finanziaria si sostituiscono rapporti giuridici (…) Si sviluppano vari tipi di bilancio ambientale (…), strumenti di informazione (…) e certificazione (…)”.

La leva non è solo economica ma motivazionale, i consumatori sensibili ne apprezzeranno comunque il comportamento

A metà tra scelta e imposizione: il nudging (par 5) è una «spintarella» “elaborata teoricamente in tempi abbastanza recenti (9) e che ha attratto attenzione come possibile rimedio alle insufficienze degli approcci centrati sul comando statale o il sistema dei prezzi (…) che serve a mettere il soggetto sul binario giusto: «interventi pubblici o privati che orientano le persone in una particolare direzione ma che consentono loro anche di scegliere la propria strada»”.

“Naturalmente esiste un’infinità di nudges involontari che incidono fortemente sui comportamenti, costituendo, come accennato, una delle ragioni della fragile connessione tra atteggiamenti e azioni. Ma è proprio per questo che i critici del modello ABC puntano su un nudging ragionato, capace di incidere sulle routine, le pratiche quotidiane(11). Se per esempio si comincia a dotare le strade della città di piste ciclabili funzionali e si aumentano i pedaggi per i parcheggi, una quota crescente di cittadini lascerà a casa l’auto.”

Bisogna fare attenzione agli effetti differenziati, in particolare regressivi, di un simile intervento, occorre un disegno di ampio respiro

Le conclusioni (par. 6) riportano tre constatazioni dell’Autore alla luce dei modelli presentati che lo portano ad affermare che “Il disegno consapevole di «spintarelle» può quindi essere una soluzione alternativa alla via «statalista» e «mercatista»”. Ma “Preliminare a questa come ad altre scelte di policy è però la domanda se ed entro che limiti la responsabilità per l’azione pro-ambientale vada caricata sul soggetto individuale”.


Il post presenta l’articolo di Luigi Pellizzoni Politiche ambientali e azione individuale (pp. 70-75) pubblicato su ENERGIA 2.21

Luigi Pellizzoni è Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Pisa

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Foto: Pixabay

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