8 Luglio 2021

Biocarburanti: la parola alla difesa

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Lo scarto diventa energia. I biocarburanti si rinnovano per trovare nuove applicazioni e svolgere un ruolo importante nel processo di decarbonizzazione. L’innovazione tecnologica è imprescindibile per migliorare i processi e ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra. In questo articolo di difesa dei biocarburanti, firmato dall’AD di Adamant BioNRG, c’è spazio anche per le critiche mosse negli anni all’industria dei biocarburanti e a come nel tempo sono stati compiuti notevoli passi avanti, complice un rigoroso quadro normativo, per rendere i processi produttivi sempre più sostenibili.

I biocarburanti derivati da oli vegetali o da prodotti di scarto esistono da diversi anni. Una delle prime fabbriche di biodiesel in Europa fu aperta a Livorno, in Italia, all’inizio degli anni ’90 dal gruppo Ferruzzi Montedison, il quale utilizzava per la produzione di carburante finale olio di colza, di girasole e di soia.

Mentre i biocarburanti, nella società di oggi, sembrano essere saldamente affermati come parte del complesso energetico, il loro sviluppo negli ultimi 30 anni è stato caratterizzato da alti e bassi. Non tutti sono consapevoli che, quando in Italia si riempie il serbatoio di diesel in un qualunque benzinaio, il 7% di questo carburante è composto da biodiesel.

Promossa inizialmente in Europa come strumento per gestire l’eccesso di produzione agricola, l’industria dei biocarburanti ha dovuto affrontare molte sfide, tra cui quella di dover gestire accuse legate alla deforestazione o persino alla responsabilità di carestie nei paesi sottosviluppati.

In Italia, quando si riempie il serbatoio di diesel in un qualunque benzinaio, il 7% di questo carburante è composto da biodiesel

Nonostante ciò, i biocarburanti hanno dimostrato una grande resilienza grazie ad alcuni fattori capaci di portarli al successo come, per esempio, il fatto che la tecnologia di produzione è relativamente semplice e gli investimenti necessari non sono particolarmente eccessivi.

È sicuramente da menzionare anche il fatto che la maggior parte dell’attenzione sulla riduzione delle emissioni di CO2, nel settore dei trasporti, si è concentrata sul trasporto stradale e i biocarburanti sono una soluzione attuale e a portata di mano, che non richiede investimenti in infrastrutture o in nuove tipologie di veicoli.

Infine, anche le istituzioni sono state fondamentali, sanzionando il mercato delle compagnie petrolifere che non utilizzano i biocarburanti come componente per le loro miscele.

Nei trasporti, i biocarburanti contribuiscono a ridurre le emissioni senza richiedere investimenti in infrastrutture o in nuove tipologie di veicoli

Il risultato di tutto è che l’utilizzo del biodiesel oggi in Europa è circa il 10% del mercato totale del diesel e tutto ciò è possibile grazie alla creazione, da parte dell’Unione Europea, di un importante e rigoroso quadro normativo.

Per citarne alcune, le regole severe e complesse sull’approvvigionamento delle materie prime e sui criteri di sostenibilità come la deforestazione indiretta e i criteri sociali; oppure la rendicontazione, il controllo e la certificazione della produzione di biodiesel sono state norme protagoniste di questo quadro giuridico.

Per entrare più nel dettaglio, possiamo dire che la Direttiva RED 2009/28/ce e la RED II 2018/2001/eu, vengono utilizzate come riferimento per tutti gli schemi di certificazione in tema di sostenibilità dei biocarburanti e definiscono i principi fondamentali per la filiera di produzione di biocarburanti sostenibili.

La RED II è “l’evoluzione” della prima e definisce i nuovi obiettivi più ambiziosi in termine di CO2 sull’utilizzo di energia da fonti rinnovabili: almeno il 32% al 2030 (di cui il 14 % nel settore di trasporti).

Con la RED II, nuovi obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni anche per i biocarburanti  

In particolare, in riferimento all’uso di biocarburanti, di bioliquidi e di combustibili da biomassa, gli obiettivi dovranno essere pari:

a) al 50% per i biocarburanti, i biogas consumati nel settore del trasporto e i bioliquidi prodotti negli impianti in funzione al 5 ottobre 2015 o prima di tale data;

b) al 60% per i biocarburanti, i biogas consumati nel settore del trasporto e i bioliquidi prodotti negli impianti in funzione dal 6 ottobre 2015 al 31 dicembre 2020;

c) al 65% per i biocarburanti, i biogas consumati nel settore del trasporto e i bioliquidi prodotti negli impianti in funzione dal 1 gennaio 2021;

d) al 70% per l’energia elettrica, il riscaldamento e il raffrescamento da combustibili da biomassa usati negli impianti in funzione dal 1 gennaio 2021 al 31 dicembre 2025 e all’80 % per gli impianti in funzione dal 1 gennaio 2026.

Si segnalano inoltre alcune modifiche alla metodologia di calcolo delle emissioni di gas a effetto serra lungo la filiera di produzione e uso di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa, nonché la modifica del valore di emissioni relativa al combustibile fossile di riferimento.

Infine, la Direttiva Indirect Land Use Criteria (ILUC) 2015/1513 del Parlamento Europeo emessa nel 9 settembre del 2015, ricopre un ruolo fondamentale, indentificando quali sono le materie prime che possono essere utilizzate per la produzione dei biocarburanti avanzati, eliminando così l’utilizzo di colture alimentari. 

In Europa, il 10% del mercato del diesel è rappresentato da biodiesel. Tutto questo grazie ad un rigoroso quadro normativo

Un nuovo importante sviluppo del mercato è legato all’innovazione tecnologica per la produzione di HVO (Hydrogenated Vegetable Oil). Questo prodotto risulta di qualità particolarmente elevata e viene persino utilizzato come sostituto del jet fuel. Infatti, rinomate compagnie petrolifere come Eni, Total e la finlandese Neste hanno investito importanti cifre nella produzione di HVO.

Tuttavia, molti analisti prevedono un livellamento se non addirittura un declino nell’uso dei biocarburanti nei trasporti a causa dell’interesse crescente verso l’auto elettrica, che sembra decretare con le sue emissioni zero l’alba di una nuova era.

Quale sarà allora il futuro dei biocarburanti? In che modo potranno avere un ruolo nella decarbonizzazione dei trasporti?

Se ci concentriamo sulla riduzione delle emissioni di CO2 durante il ciclo di vita dei prodotti energetici e non su particolari tecnologie, possiamo vedere come l’opportunità per i biocarburanti prodotti da materie prime non alimentari, i cosiddetti rifiuti e residui, sia enorme e porti a un’importante stimolazione degli investimenti.

I biocarburanti avanzati, come l’HVO, prodotti da rifiuti e residui, sono una delle risposte alle critiche mosse contro l’utilizzo di materie prime alimentari

I biocarburanti avanzati, incluso l’HVO avanzato, vengono già prodotti da materie prime legate a rifiuti e residui, principalmente derivanti dall’industria degli oli vegetali e dei grassi. Questi carburanti, infatti, hanno un enorme profilo di risparmio di CO2, decisamente superiore a quello dei biocarburanti tradizionali; ed è probabile che vedremo molte innovazioni nelle tipologie di fonti di materie prime avanzate.

Il focus in futuro non sarà solo sull’approvvigionamento ma anche sulla penetrazione delle materie prime avanzate come per esempio fanghi e materiali di depurazione.

Un altro fattore che si sta sviluppando rapidamente e che contribuirà a ridurre le emissioni di CO2 sono le tecniche agricole migliorate come la coltivazione di colture di copertura. Infatti, colture come la Camelina Sativa, possono essere coltivate in congiunzione con colture tradizionali come il mais o la soia, aumentandone notevolmente le proprietà di fissazione del carbonio del terreno agricolo.

Innovazioni tecnologiche e nuove applicazioni in altri settori oltre quello stradale possono rendere i biocarburanti una carta vincente verso l’obiettivo di un mondo ad emissioni zero

Gli ultimi studi mostrano, inoltre, come l’utilizzo di queste colture porti a un risparmio di gas serra rispetto ai combustibili fossili superiore del 100%.

Oggi, la maggior parte dei biocarburanti sono utilizzati nel settore del trasporto stradale, ma si stanno intravedendo interessanti sbocchi. Il settore marino, per esempio, si sta aprendo all’utilizzo dei biocarburanti (vedi contributo di F. Franchina su ENERGIA 4.17), come anche il settore dell’aviazione che mostra un grande spiraglio per la costruzione di una società sostenibile.

Infine, per uno sguardo al futuro ancora più ampio possiamo affermare che si vedono interessanti sviluppi in cantiere. Uno dei più avvincenti è l’applicazione della pirolisi ai flussi dei rifiuti, come la plastica, utilizzata per produrre sia biocarburanti che materie prime legate allo sviluppo di altri processi chimici.

In virtù di tutte queste nuove applicazioni in fase di studio/iniziale sviluppo, è facile ipotizzare che i biocarburanti avanzati continueranno ad avere un ruolo molto importante nei prossimi 15/20 anni nella transizione verso un mondo a emissioni zero.


Riccardo Marchetti, Amministratore Delegato di Adamant BioNRG


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Foto: Unsplash

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