15 Luglio 2021

Incentivi alla mobilità elettrica: chi va piano va sano e va lontano

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Il 2020 è stato un anno ricco di incentivi nel settore della mobilità, finalizzato a stimolare l’acquisto di veicoli nuovi, più performanti dal punto di vista ambientale e di sicurezza. Ma come valutare l’insieme delle misure messe in campo? È prioritario definire i piani incentivanti tenendo conto della maturità tecnologica dei veicoli, evitando forzature al naturale processo di sviluppo tecnologico, pena il rischio di ottenere benefici ambientali modesti a fronte di robusti investimenti. Nell’estratto che proponiamo dell’articolo di Giuseppina Fusco (Presidente Fondazione Caracciolo) pubblicato su ENERGIA 1.21 si approfondisce l’efficacia dei piani di supporto per i veicoli BEV.

Negli ultimi due anni, il Governo italiano ha adottato una serie di misure tese a promuovere una maggiore diffusione delle autovetture meno inquinanti in termini di CO2 e PM10 (in particolare elettriche) e, dall’altro, a rinnovare un parco circolante ancora composto da una rilevante percentuale di veicoli con più di dieci anni di età.

Le politiche di supporto all’acquisto e alla rottamazione, incrementate dopo il lockdown, almeno in questa fase, non sembrano aver raggiunto i risultati sperati. Come agire in favore di una maggiore sostenibilità dell’automotive? Quali misure concrete possono ridurre in modo più efficace ed equo le emissioni inquinanti?

È necessario definire i piani incentivanti tenendo conto della maturità tecnologica dei veicoli, sostiene Giuseppina Fusco che su ENERGIA 1.21 propone i risultati di uno studio realizzato da Fondazione Caracciolo volto ad individuare le priorità del settore della mobilità in chiave low-carbon. Ne proponiamo un estratto che si concentra sull’efficacia dei piani di incentivazione dei veicoli BEV.

Pianificare gli incentivi all’acquisto in funzione della maturità tecnologica, pena scarsi risultati in termini di rinnovo del parco

“Una pianificazione razionale di misure di supporto all’acquisto di nuove tecnologie, anche per l’autotrasporto, non può prescindere dall’analisi del loro stadio di sviluppo. Infatti, un piano di incentivi erogato in una fase di «immaturità tecnologica» può favorire la «curva di apprendimento», favorendo la familiarità degli automobilisti con le nuove tecnologie, ma non sembra risolutivo per campagne di rinnovo del parco circolante e rischia di avere impatti marginali in termini di auto sostituite anche in presenza di stanziamenti significativi.

L’attuale disciplina di incentivo all’acquisto riservata ai veicoli elettrici (BEV) e ibridi plug-in (PHEV) prevede una contribuzione statale particolarmente elevata (in alcuni casi pari a 10.000 euro per veicolo). Eppure, la diffusione di questi modelli in rapporto al totale dei veicoli immatricolati si attesta su percentuali bassissime. Le immatricolazioni di BEV in agosto non hanno superato il 2% del totale, nonostante l’importo unitario degli incentivi in alcuni casi riesca a colmare il differenziale di prezzo fra i veicoli termici ed elettrici.

L’analisi dei lavori più recenti sullo sviluppo dei sistemi di propulsione, tanto elettrici quanto termici, e la valutazione dell’evoluzione attesa, anche in relazione al costo di produzione, ha evidenziato che, mentre la curva di costo dei sistemi di propulsione rimarrà tendenzialmente stabile (le due tecnologie hanno raggiunto uno stadio di maturità che non lascia supporre salti tecnologici rilevanti), il costo delle batterie osserverà una curva decrescente, rendendo la produzione dei modelli BEV molto meno costosa.

Le immatricolazioni di BEV in agosto non hanno superato il 2% del totale, nonostante un ammontare di incentivi molto elevato

Qualora l’importo unitario di incentivi continuasse ad essere calibrato in funzione della differenza di costo fra vetture termiche ed elettriche, gli importi dell’incentivo potrebbero quindi essere più contenuti nel tempo e consentire un rinnovo più significativo del parco. In termini quantitativi, vigorose politiche di promozione di acquisto dell’auto elettrica nel prossimo triennio appaiono destinate ad avere effetti molto più modesti rispetto a quelli che i medesimi interventi potrebbero determinare dopo il 2025.

La Tab. 5 illustra tre ipotetici scenari di diffusione dei BEV al 2030: il primo senza incentivi; il secondo e il terzo con incentivi distribuiti in due periodi temporali differenti, uno di cosiddetta «immaturità tecnologica» (2020-2022) e l’altro di maggiore «maturità tecnologica» (2023-2025). Assumendo negli scenari incentivati una spesa complessiva di 1,5 miliardi, articolata su un triennio (500 milioni l’anno), gli effetti calcolati risultano nettamente diversi.

Altro elemento da tenere in considerazione è l’effetto degli incentivi non tanto sulla percentuale di veicoli immatricolati, quanto sulla modifica della composizione dell’intero parco circolante. Si ritiene al riguardo che un percorso completo di rinnovo del parco debba essere valutato su un arco temporale di almeno venti anni.

In questa prospettiva, anche qualora la percentuale di veicoli elettrici immatricolati nei prossimi anni dovesse diventare analoga a quella dei modelli termici, al 2030 l’incidenza dei modelli elettrici a batteria (BEV) sul totale risulterebbe in ogni caso molto modesta, con un incremento inferiore al 2% (Fig. 5).

Si aggiunga che una voce rilevante in un piano di investimenti complessivi per l’elettrificazione della mobilità è rappresentata dal costo per la costruzione di un’efficiente e diffusa rete di punti di ricarica. In chiave prospettica, lo si può stimare oltre i 5 miliardi euro per soddisfare le esigenze di ricarica di 1,9 milioni di veicoli elettrici (pari a poco più del 5% del parco).

L’investimento per i sistemi di ricarica domestica, così come presso parcheggi di ristoranti o centri commerciali, potrà essere sostenuto in tutto o in parte anche da privati interessati a fare margine sulla vendita di energia o a creare sistemi di promozione di attività commerciali o, semplicemente, per gli impianti domestici, da utenti che preferiscono ricaricare la propria autovettura presso il domicilio.

Dirimente un piano di investimenti per l’elettrificazione: servono oltre 5 miliardi di euro

In ogni caso, lo Stato dovrà svolgere un ruolo attivo in questo processo, al fine di garantire uno sviluppo che sia più rapido e più «smart», da un lato, incentivando (come in parte già avviene) l’installazione dei diversi sistemi di ricarica, dall’altro, favorendo la necessaria semplificazione delle procedure di approvazione degli interventi. Il sistema di regole adottato in Italia per l’installazione di colonnine elettriche è estremamente variegato e cambia da comune a comune. 

Lo Stato e gli operatori energetici dovranno anche preoccuparsi di creare un sistema di colonnine smart che tenga conto dei problemi legati alla stabilità della rete. È stato stimato al riguardo che la richiesta energetica incrementale proveniente dai veicoli elettrici nei prossimi dieci anni dovrebbe comportare un aumento complessivo dei consumi di poco superiore all’1% annuo rispetto a quelli attuali, valori che tuttavia rischiano di concentrarsi in alcune fasce orarie nelle quali l’apporto crescente delle fonti rinnovabili è molto ridotto (Fondazione Caracciolo-ACI, ENEA e CNR 2019).

I modelli di auto a batteria che accumulano energia durante la notte sono un vantaggio in un sistema energetico sempre più basato su rinnovabili intermittenti

In questa prospettiva più che un problema, l’auto elettrica, in chiave infrastrutturale, dovrebbe iniziare ad essere studiata e pensata anche come un’opportunità. Alcuni dei moderni veicoli a batteria consentono, ovviamente quando sono attaccati alla rete elettrica, di restituire parte dell’energia ricevuta. In un sistema energetico, che oggi sempre di più punta sullo sviluppo di fonti rinnovabili, poter disporre di strumenti di stabilizzazione, che nelle ore centrali della giornata possano accumulare energia per poi restituirla nel corso della notte, appare un vantaggio rilevante.”

Altro importante elemento di riflessione riguarda la valutazione sui destinatari degli incentivi e, in particolare, sul rischio che essi siano utilizzati da chi ne ha meno bisogno. Argomenti approfonditi nei successivi paragrafi e per i quali rimandiamo alla lettura integrale dell’articolo.

Il post è un estratto dell’articolo Per una mobilità più sicura, equa e sostenibile in Italia (pp. 34-45) di Giuseppina Fusco pubblicato su ENERGIA 1.21.

Lo studio Il rinnovo del parco veicolare italiano, per una mobilità più sicura, equa e sostenibile da cui è tratto è disponibile sul sito della Fondazione Caracciolo.

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Foto: Unsplash

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