L’infrastruttura idrica sconta un deficit infrastrutturale che richiede investimenti per almeno 10 miliardi di euro. Proponiamo un estratto di un articolo pubblicato su ENERGIA 2.21 scritto da Francesco Napolitano, Professore Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia della Sapienza, Università di Roma..
La debolezza infrastrutturale rappresenta una zavorra per il rilancio del nostro Paese.
Ne parla in maniera dettagliata l’articolo pubblicato su ENERGIA 2.21 che presenta alcuni risultati dello studio sulle Infrastrutture di base dell’Osservatorio sulle Imprese della Sapienza, Università di Roma. Il quadro che ne emerge è piuttosto desolante, con infrastrutture chiave (come rete telefonica, strade e autostrade) di fatto superate, rispetto alle reti elettrica e gas mediamente più giovani.
D’altronde, l’arretratezza che caratterizza il sistema infrastrutturale italiano è strettamente legata alle risorse che vengono investite per il loro sviluppo. Evidentemente non abbastanza, guardando ai risultati.
La debolezza infrastrutturale rappresenta una zavorra per il rilancio del nostro Paese.
In questo estratto, focalizziamo l’attenzione sull’infrastruttura idrica e sul relativo stato di progresso. Quanto è stato fatto e quanto ancora manca in termini di investimenti? Quali ostacoli devono essere ancora superati?
“L’acqua e le sette fasi del ciclo idrico integrato formano in Italia il 17,4% del PIL (The European House – Ambrosetti 2020). È noto che l’auspicata sostenibilità ambientale si persegue con economia circolare, gestione virtuosa dei rifiuti, riutilizzo delle acque reflue, tutela del territorio e dell’ambiente, mitigazione del rischio idrogeologico e conservazione delle aree verdi ed ecosistemi, contrasto al consumo di suolo, all’abusivismo edilizio e all’inquinamento.
L’arretratezza è strettamente legata alle risorse investite
Per raggiungere gli obiettivi di circolarità occorre: investire per ammodernare le infrastrutture di raccolta e distribuzione della risorsa, e quelle di trattamento; adeguare le tariffe; semplificare la normativa del codice degli appalti; promuovere best practices tecnologiche legate al mondo dell’acqua e incubatori d’impresa.
L’Unione Europea (UE) ha chiesto che l’Italia: concentri gli investimenti nell’acqua e nei rifiuti sulla transizione verde e digitale; promuova interventi di partenariato pubblico-privato co-finanziati dai prestiti e dalle garanzie a valere sulle risorse di Next Generation EU.
Il deficit infrastrutturale dei servizi di collettamento e depurazione è all’origine di quattro procedure di infrazione comunitaria.
Sull’acqua, l’Italia sconta un deficit infrastrutturale che richiede investimenti per almeno 10 miliardi di euro
L’ente regolatore ARERA stima in 10 miliardi di euro il fabbisogno per opere strettamente necessarie a ridurre perdite idriche e garantire continuità di fornitura di acqua potabile. Non sono conteggiate opere volte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, degli inquinanti emergenti e della pressione dell’uomo sull’ambiente.
Per favorire una visione strategica complessiva, monitorare e certificare interventi in entrambi i settori, anche su impulso dell’UE, ARERA dovrebbe poter verificare la programmazione degli interventi su cui poggiano gli aggiornamenti tariffari e gli obiettivi di qualità tecnica del servizio, l’efficacia del Piano delle Opere Strategiche (POS) e il monitoraggio dello stato di attuazione degli interventi, certificando i costi delle opere.
I Consorzi di Bonifica e i Gestori del Servizio Idrico Integrato potrebbero avere un ruolo preminente nella programmazione e pianificazione
I Consorzi di Bonifica e i Gestori del Servizio Idrico Integrato potrebbero avere un ruolo preminente nella programmazione e pianificazione, indirizzando le scelte di invarianza idraulica e idrologica sul territorio, contribuendo alla realizzazione di aree urbane sostenibili ed efficienti, comunità e territori resilienti, capaci di prevenire i rischi naturali e antropici.
Il concetto di Industria 4.0 – nelle risorse idriche «Water 4.0» – descrive la trasformazione digitale con l’avvento di dispositivi intelligenti, e la disponibilità di dati per un efficace processo decisionale. L’Information and Communication Technology (ICT) consente di migliorare la gestione delle risorse idriche, sviluppando sistemi intelligenti di monitoraggio, gestione, misura, conoscenza a supporto delle decisioni, e di avere maggiore consapevolezza dei consumi e del valore dell’acqua.
In Italia si è rinunciato da decenni ad avere un «cassetto pieno di progetti» in assenza di fonti di finanziamento certe, cosicché i progetti servono soprattutto a rincorrere i finanziamenti
In Italia si è rinunciato da decenni ad avere un «cassetto pieno di progetti» in assenza di fonti di finanziamento certe, cosicché i progetti servono soprattutto a rincorrere i finanziamenti, poi vengono limitati al finanziamento ricevuto, poi quanto ricevuto non si riesce neanche a spendere in tempo per i tempi di realizzazione delle opere troppo lunghi.
Un intervento riguardante il Servizio Idrico Integrato, infatti, è soggetto nelle sue diverse fasi a disposizioni amministrative, normative statali e regionali, sui modi e i tempi di espropriazioni, atti urbanistici, pareri dei beni culturali e paesaggistici, in un quadro complesso di disciplina dei c.d. settori speciali.
Per realizzare un intervento occorre progettare, affidare i lavori, eseguirli, collaudarli, e metterli in esercizio. Il Rapporto 2018 sui tempi di attuazione e di spesa delle opere pubbliche (8) dà un’idea sui tempi occorrenti all’espletamento delle diverse fasi e al loro attraversamento (i tempi morti tra le diverse fasi). Il tempo medio di attuazione delle opere infrastrutturali è pari a 4,4 anni, ma aumenta in misura progressiva (indifferentemente dalla fase considerata) al crescere del valore economico dei progetti.
Il ciclo integrato dell’acqua ha i tempi più lunghi, secondi solo agli interventi nel settore trasporti: le opere legate alla gestione delle risorse idriche hanno tempi medi di attuazione complessivi di 5,3 anni (9), mentre quelle relative allo smaltimento dei reflui durano in media 4,9 anni (10), con durate direttamente proporzionali agli importi delle opere.
Il tempo medio di attuazione delle opere idriche è di oltre 5 anni, secondo per lunghezza solo ai trasporti
Data la situazione di stallo di appalti e cantieri, dovuta alla pandemia Covid-19, e la necessità di ripensare l’intero iter delle opere pubbliche, si sono adottate misure di semplificazione in materia di contratti pubblici ed edilizia, nel rispetto dei presidi di legalità (D.L. n. 76/2020, convertito con la L. 120/2020).
Ma occorre fare di più: ampliare il perimetro delle semplificazioni, favorire il rilascio delle autorizzazioni, rimuovere gli atteggiamenti ostativi degli enti locali, accelerare le diverse fasi di gara, rendere strutturali le semplificazioni introdotte. Le procedure devono essere un mezzo e non il fine ultimo.
Per la difficoltà di ricorrere alla politica cosiddetta dei due tempi (prima individuare le criticità da risolvere con le relative priorità, e solo dopo procedere all’aggiudicazione dei lavori), occorrerebbe seguire due strade distinte.
Due strade distinte, una conservativa e una più visionaria
La prima, conservativa, inserendo tutti i lavori di ammodernamento delle grandi reti di approvvigionamento, degli invasi, degli impianti di trattamento delle acque e dei rifiuti, già programmati e per i quali la fase di progettazione sia stata già espletata in buona parte; la seconda, più visionaria, esplorando la possibilità di finanziare, in un’ottica di manutenzione diffusa dei presidi idraulici e idrogeologici sul territorio e all’interno delle città, diversi piani pluriennali di efficienza idraulica, a livello regionale, nei quali pianificare i tanti interventi di entità modesta che concorrerebbero a mitigare il rischio idraulico”.
In definitiva, l’infrastruttura idrica è centrale nelle politiche di transizione digitale, energetica, ambientale del Paese e meritano maggiori risorse finanziarie, un’incisiva azione amministrativa e una politica mirata verso il Mezzogiorno per ridurre le differenze nel Paese.
Il post è un estratto dell’articolo Infrastrutture idriche ed energetiche: priorità per il rilancio economico (pp. 58-65) di un gruppo di docenti dell’Università Sapienza composto da Domenico Borello, Alessandro Corsini, Riccardo Gallo, Francesco Napolitano e Giuseppe Parise pubblicato su ENERGIA 2.21.
L’articolo presenta i contenuti del rapporto Infrastrutture di base: che investimenti occorrono? a cura dell’Osservatorio sulle Imprese della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale della Sapienza, Università di Roma.
Il paragrafo sull’infrastruttura idrica da cui è tratto l’estratto è stato scritto da Francesco Napolitano, Professore Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia della Sapienza, Università di Roma.
Foto: Unsplash
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