Le politiche energetiche e climatiche europee presentano una strana coincidenza, nelle tempistiche e nei contenuti, con quelle tedesche. A prescindere dalla loro bontà nel fronteggiare la questione climatica, imporre all’Unione obiettivi decisi in Germania consente all’economia tedesca non solo di evitare di trovarsi penalizzata rispetto agli altri Stati membri, ma al contrario di godere di un vantaggio temporale nella pianificazione (e nella definizione) della via per conseguirli. Di fatto, i paesi dell’Unione che scarsa attenzione prestano alle dinamiche interne alla Germania, a partire dall’Italia, si trovano in una perenne rincorsa alla ridefinizione dei loro piani energetico-climatici. GB Zorzoli torna sulla realpolitik industriale e climatica tedesca che già aveva messo sotto la lente su ENERGIA 4.20.
Quando nel 1953 il Presidente Eisenhower nominò Ministro della Difesa Charles Wilson, CEO della General Motors e proprietario di una cospicua quota azionaria della società, fece scalpore la risposta alla domanda di un senatore, durante l’audizione di convalida della sua nomina, su come si sarebbe comportato davanti a un provvedimento sfavorevole alla General Motors: “What is good for G.M. is good for America”.
Angela Merkel non avrebbe mai pronunciato una simile frase, ma il suo comportamento durante i lunghi anni da cancelliera conferma che anche per lei ciò che era utile per la Germania lo era per la Unione Europea. Eppure, un po’ dovunque, ma in particolare in Italia, la diffusa consapevolezza di quanto il suo convincimento abbia influenzato le scelte politiche europee non è stata accompagnata da un’adeguata attenzione all’evoluzione degli orientamenti politici tedeschi; disattenzione che ha spesso preso in contropiede sia i decisori politici che gli addetti ai lavori italiani, come conferma una rassegna dei cambiamenti che negli ultimi anni hanno modificato la politica energetico-climatica comunitaria.
What is good for Germany is good for Europe?
Dicembre 2018: la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea pubblica la nuova Direttiva sulla promozione delle rinnovabili, con l’obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 di almeno il 40% le emissioni climalteranti rispetto ai livelli del 1990: è un taglio di dieci punti rispetto al 2020, pari 1,67 volte quello realizzato nel decennio precedente.
Mentre nel corso del 2019 i tre ministeri italiani competenti (MiSE, MATTM, MIT) sono impegnati prima nella stesura del PNIEC, poi nel confronto con gli stakeholder sulla bozza del testo, nessuno presta attenzione all’iter parlamentare della legge tedesca sul clima, concluso il 12 dicembre con l’approvazione di un testo che per il 2030 aumenta al 55% la riduzione le emissioni.
Se ne accorge invece la Commissione Europea, da poco presieduta da Ursula von der Leyen (sponsorizzata dalla Merkel), che l’11 dicembre 2019 comunica l’intenzione di varare un Green Deal europeo, con l’obiettivo di ridurre tra il 50 e il 55% le emissioni nel 2030. Che questo avvenga con straordinaria tempestività proprio il giorno precedente l’approvazione della legge sul clima da parte del Parlamento tedesco, è difficile considerarlo una mera coincidenza.
Rendere europei gli obiettivi tedeschi consente all’economia della Germania di non trovarsi penalizzata nei confronti degli altri paesi dell’Unione
Il governo tedesco deve modificare il testo del PNIEC per tenere conto di quanto prevede la legge sul clima, ma, se il Green Deal verrà approvato, l’economia nazionale non ne sarà penalizzata, perché anche gli altri Stati membri dovranno adeguare al nuovo obiettivo di decarbonizzazione i propri Piani energetico-climatici.
Le proposte per il Green Deal della Commissione devono però passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio europeo, col rischio che l’accordo venga raggiunto ridimensionando il taglio delle emissioni.
A togliere le castagne dal fuoco ci pensano gli Europarlamentari, quando a ottobre 2020 approvano un emendamento alla legge europea sul clima, che innalza al 60% la riduzione delle emissioni al 2030, mettendo in moto il complesso meccanismo di conciliazione (il trilogo) tra le posizioni del Consiglio e del Parlamento. Con il primo che propone 50% e il secondo 60%, è inevitabile che si concordi su 55%, come infatti avviene con l’intesa del 21 aprile 2021 tra i due organi comunitari.
Anche l’intervento della Corte costituzionale tedesca è reso noto con una singolare tempistica
Nel frattempo, si è però verificato un altro evento, destinato a cambiare le carte in tavola. Il 24 marzo 2021 una sentenza della Corte costituzionale tedesca accoglie il ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste, che ritengono insufficiente la riduzione del 55% prevista dalla legge nazionale sul clima.
La decisione della Corte viene però resa nota con un comunicato stampa soltanto il 29 aprile, ritardo quasi certamente deciso con lo scopo di non fornire pretesti per rinviare l’accordo comunitario, che in tal modo potrà concludersi senza ulteriori patemi otto giorni prima.
In Italia la sentenza della Corte tedesca suscita un dibattito che dura l’espace d’un matin e, quel che più conta, non ne prende in considerazione le possibili ricadute sulla politica energetico-climatica europea.
-65% il nuovo target tedesco, a breve la Commissione “scoprirà” che per arrivare alla neutralità carbonica nel 2050 sarà necessario passare proprio per quell’obiettivo
Non stupisce quindi che sia passata quasi inosservata la notizia che il 15 giugno scorso, per ottemperare alla sentenza della Corte, il Parlamento tedesco ha approvato un emendamento alla legge nazionale sul clima, che innalza al 65% la riduzione delle emissioni entro il 2030.
Naturalmente il governo tedesco starà correggendo una seconda volta il PNIEC, per adeguarlo al nuovo obiettivo. Nel frattempo, la discussione verte in Italia sull’onerosità della proposta Fit for 55, che in larga misura mette nero su bianco le misure già indicate nella proposta iniziale di un Green Deal europeo, mentre nessuno si preoccupa di cosa succederà quando, prima o poi, la Commissione Europea “scoprirà” che per arrivare alla neutralità carbonica nel 2050 sarà necessario portare al 65% l’obiettivo europeo al 2030.
GB Zorzoli è membro del Comitato Scientifico di ENERGIA
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Foto: Rock Cohen
Caro Zorzoli, molte persone, me compreso, pensano che l’attuale Germania sia in sostanza un enorme Quarto Reich Economico e che l’Euro sia il Marco sotto mentite spoglie.
Leonardo Libero