Proponiamo un estratto della presentazione del direttore Alberto Clô dei contenuti di ENERGIA 3.21. In fondo al testo è possibile scaricare il pdf dell’intera presentazione.
Senza speranza?
In questo interrogativo può sintetizzarsi il messaggio che emerge dal VI Rapporto dell’IPCC. In sintesi: le cose sono peggiorate così che gli effetti del surriscaldamento sono «inevitable and irreversible with devastating consequences for all life in the Earth». Una prospettiva che depotenzia il contenuto stesso del messaggio spingendo la collettività all’assuefazione più che all’azione. (…) Quanto al «che fare» il Rapporto nulla dice. Si moltiplicano invece i commenti, con l’idea prevalente, come espressa dal professore Matthew Paterson dell’Università di Manchester, che azzerare le emissioni in appena un decennio «è tecnicamente possibile», essendo gli ostacoli di natura squisitamente politica (2). Basta rimuoverli e la salvezza è a portata di mano. Ad esserne convinte sembrano sia l’International Energy Agency che ne ha conclamato la fattibilità nel suo Net Zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector (3), che la Commissione di Bruxelles, con la pubblicazione dello European Green Deal (EGD) dal titolo Fit for 55. Eppure, vi sono molteplici motivi per dubitarne. Vediamo il perché. È presumibile che la Roadmap della IEA finirà per costituire il sacro graal dell’ambientalismo mondiale, dicendosi convinta l’Agenzia di Parigi che l’agognata meta possa essere raggiunta. Il mondo, sostiene, proseguendo così le cose, non rispetterà affatto gli obiettivi di Parigi (4). Quindi, bisogna cambiare passo. Conclusione simile a quella cui pervengono nel loro articolo Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca che, dati alla mano, analizzando l’andamento nel recente passato dei tre parametri più rilevanti mostrano come il nuovo obiettivo net zero potrebbe essere raggiunto non entro la metà di questo secolo, ma ben oltre l’inizio del prossimo. L’intensità carbonica della domanda mondiale di energia nell’ultimo decennio è rimasta sostanzialmente invariata, così che per raggiungere il valore indicato nello scenario net zero della IEA dovrebbe diminuire ad un tasso del 9% medio annuo da qui al 2050. Al ritmo attuale servirebbe oltre un secolo. Appena più dinamica è l’intensità carbonica del settore elettrico – misura della sua decarbonizzazione – diminuita nell’ultimo quinquennio ad un tasso comunque tre volte inferiore a quello che sarebbe necessario. Da ultimo: l’elettrificazione dei consumi finali è rimasta stazionaria a livello sia globale che europeo, intorno al 20% dei complessivi consumi finali di energia, contro il 50% che si dovrebbe conseguire. (…) Le cose, in sostanza, stanno andando male e nessun obiettivo della transizione energetica fissato in passato sembra poter essere raggiunto nei tempi previsti. Una domanda sorge allora spontanea: che senso ha, viste queste difficoltà, continuare ad alzare la loro asticella se non si è riusciti a saltare altezze di gran lunga inferiori? Una risposta penso possa essere che gli obiettivi climatici via via fissati non sono stati indicati inizialmente dalla scienza, ma dalla politica. A partire da quello più famoso dei 2 °C – su cui la scienza ha mantenuto rilevanti margini di incertezza – che fu fissato dapprima dal Consiglio europeo nel 2007 (8) e successivamente dal G7 a L’Aquila del 2009 (9) per essere fatto proprio nelle Conferenze delle Nazioni Unite, a partire dalla COP16 del 2010. Col paradosso che non è stata la politica a seguire la scienza, ma esattamente il contrario. Quel che rischia di ripetersi col Fit for 55 con cui la Commissione europea dà forma allo European Green Deal.
Il «fittone» sociale
Il 14 luglio sarà ricordato non più solo come l’anniversario della Rivoluzione francese del 1789, ma anche dell’inizio della rivoluzione verde europea nel 2021. Il pacchetto presentato dalla Commissione è un coacervo di sedici proposte – di cui Valeria Palmisano Chiarelli dà conto nella sua Lettera da Bruxelles – volte a conseguire nel 2030 una riduzione delle emissioni del 55% (rispetto al 1990) già indicato dalla nuova Commissione l’11 dicembre 2019. Proposte che dovranno essere avallate dal Parlamento europeo e dal Consiglio prevedibilmente nel prossimo anno, così che residueranno appena otto anni per riuscirvi. (…) Il rischio è che più che «fit» il piano costituisca quello che a Bologna da tempi antichi si indica come «fittone» (20), pilastro posto a sbarramento dei suoi portici e vicoli per impedirne l’accesso ai carri. Che il disagio sociale possa accrescere tanto più si scaricheranno sui prezzi finali i costi della transizione – fatto che va affannando tutti i governi europei (21) – è risultato evidente nel nostro Paese con la decisione del Governo di dimezzare da inizio luglio l’aumento del 20% delle bollette elettriche che si sarebbe altrimenti avuto, mettendo sul piatto 1,2 miliardi di euro tratti dai ricavi delle aste dei permessi di emissione della CO2. Un ritorno né più né meno ai famigerati «prezzi politici» di un tempo, passato inosservato anche tra gli economisti, a dimostrazione di come si stia regredendo sulla strada del mercato elettrico. Nella prospettiva dell’eliminazione della Maggior Tutela è parso utile pubblicare una dettagliata analisi della società Ricerca sul Sistema Energetico (RSE) sull’andamento della bolletta elettrica e della sua struttura nel recente passato. Amara la conclusione: «Alla luce degli attuali differenziali di prezzo di vendita per clienti liberi e tutelati e delle ipotesi di allineamento dei prezzi tutelati a quelli del mercato libero, l’eliminazione del regime di Maggior Tutela prevista dal 1° gennaio 2023 fa suggerire un probabile incremento dell’esborso lato utenti domestici». (…)
«Hype» o certezze: idrogeno, nucleare e blue power
Se si ripercorresse la storia delle tecnologie energetiche vedremmo che esse hanno attraversato fasi oscillanti tra l’entusiasmo sui loro possibili sviluppi e la delusione per il loro non verificarsi. Così è stato per il solare. (…) Così è stato per l’idrogeno, come bene narra Luigi De Paoli nel suo articolo analizzando il succedersi per tale tecnologia delle «bolle» (hype): definibili come un ciclo di favorevoli aspettative seguite da simmetriche disillusioni. Della «quarta ondata di entusiasmo» avviatasi negli ultimi anni De Paoli analizza i punti di forza e di criticità pervenendo alla conclusione che rispetto al passato, accanto ad elementi di novità, ad iniziare dalla necessità di contrastare i cambiamenti climatici, non mancano elementi di continuità. «Il principale è costituito dall’elevato grado di ottimismo dei suoi sostenitori che si manifesta sia sul progresso tecnologico (…) che sulla riduzione dei costi attesi». Quel che tende ad accantonare facilmente i problemi esistenti. (…) Un’altra tecnologia che ha suscitato molte speranze rinviando sempre più in là nel tempo il suo avvento è la fusione nucleare. Non certo però la fissione, la cui estromissione tutta ideologica in Occidente dal cruscotto degli strumenti della politica energetica dal lato dell’offerta non ne elimina la valenza economica, strategica, geopolitica. Così che, prima o poi, su questa fonte si dovrà riprendere a riflettere. (…) A parlare del suo passato contributo, con un valore cumulato ad oggi di emissioni evitate pari a 60 miliardi di tonnellate, e dei termini dell’attuale dibattito sul nucleare (accettazione sociale, proliferazione, aspetti geopolitici) è Fabio Pistella, che nel suo articolo si dice convinto che la mancanza di un’efficace risposta all’emergenza climatica – acclarata in diversi articoli su questo numero di «Energia» – finirà per protrarre l’attuale impasse del nucleare con effetti negativi sulla riduzione delle fossili e sulla necessità di sopperire alla discontinuità delle rinnovabili. (…) Altro sarebbe se agli Stati membri fosse garantita la possibilità di giocarsi l’intera cornucopia di tecnologie energetiche, nucleare compreso, superando la discriminazione cui è soggetta e cominciando col riconoscergli nella definizione della tassonomia verde la certificazione di sostenibilità, unitamente al gas naturale, fonti che contano per circa il 45% della generazione elettrica europea. Negarla loro aprirebbe pesanti interrogativi sulla possibilità di soddisfare la domanda elettrica. Così come nella sostenibilità della mobilità elettrica considerando che, secondo lo studio della vincitrice dell’ultima edizione del premio di studio «Pasquale De Vita», Benedetta Marmiroli, il mix elettrico di ogni Paese spiega da solo più del 70% della preferibilità dell’auto elettrica rispetto a quelle a combustione interna in termini di emissioni. (…) Cornucopia che, al fine di raggiungere un mix energetico ottimale in grado di coniugare decarbonizzazione col rispetto dei criteri di adeguatezza e sicurezza non dovrebbe, secondo Hannelore Rocchio e Nicola Bacigalupi, escludere le firm low-carbon resources: geotermico, nuovo nucleare, blue power. (…) L’articolo prospetta quindi l’esigenza di valutare e pianificare l’evoluzione del parco elettrico, proponendo di abbandonare la metrica del Levelized Cost of Energy (LCOE) in favore di un criterio fondato sul «valore», in grado di quantificare anche le esternalità per il sistema associate a ciascuna risorsa e che consideri le complementarità e le interrelazioni tra le diverse tecnologie, comprese, per l’appunto, le firm low-carbon resources, in particolare la tecnologia blue power che viene più ampiamente analizzata e di cui viene avanzata una dettagliata proposta di regolamentazione.
Il PNRR italiano: una reversibile benevolenza da Bruxelles
Il nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) segna indubbiamente un notevole passo in avanti rispetto a quello elaborato a gennaio dal precedente Governo. Nel breve lasso di tempo intercorso non si poteva comunque porvi interamente rimedio perdurando una serie di limiti, incongruenze, incompletezze analizzate da G.B. Zorzoli (…) Secondo le ultime deliberazioni comunitarie, la potenza elettrica rinnovabile dovrebbe aumentare in Italia da qui al 2030 di ben 70 GW: pari quindi a 7 GW all’anno contro gli appena 0,8 GW registrati nello scorso decennio e anche lo scorso anno. Nonostante richieste di connessione a Terna senza precedenti, riepilogate su questo numero di «Energia» da Francesco Del Pizzo, Luca Piemonti e Francesco Marzullo, «lo sviluppo di queste iniziative è limitato da un contesto non favorevole in termini di iter autorizzativi, di pianificazione complessiva e di continuità delle regole di mercato». Da qui le difficoltà del gestore della rete di trasmissione di «valutare e pianificare in maniera opportuna gli interventi di sviluppo della rete elettrica, specialmente in relazione alle possibili criticità che emergerebbero da una distribuzione delle FER molto differente da quanto ipotizzato nello scenario PNIEC». (…) La possibilità di conseguire gli obiettivi della decarbonizzazione è massimamente legata all’azione delle imprese, pubbliche o private che siano, come emerge dall’articolo sulla strategia di Edison a firma di Simone Nisi e Luca Franza. Strategia concentrata su investimenti che poggiano su tre pilastri fondamentali: generazione low-carbon (aumentando di circa quattro volte la potenza elettrica rinnovabile), efficienza energetica e servizi, gas e mobilità sostenibile, capitalizzando la grande esperienza storica maturata nei suoi 130 anni di vita (…).
a.c.
Bologna, 1° settembre 2021
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