La penetrazione elettrica è da sempre il tasto dolente della strategia globale della transizione energetica, ma i (timidi) progressi delle rinnovabili nella decarbonizzazione dell’elettricità consentivano di ignorarne il peso e di sorreggere una retorica ottimista. Nei primi sei mesi del 2021, le emissioni generate dal settore elettrico mondiale sono aumentate del 12% si legge nel nuovo Global Electricity Review che Ember lancia con lo sconfortante slogan “Building back badly”. Un dato che fa vacillare anche il secondo pilastro della strategia globale: non solo l’elettricità continua a non penetrare nei consumi finali, ma ora le rinnovabili non riescono neanche a decarbonizzarla. La retorica green che vede il mondo diventare sempre più rinnovabile e in grado di raggiungere in tempi sempre più stretti obiettivi climatici sempre più ambiziosi deve fare i conti con dati che gettano una luce plumbea e nefasta sul disastro.
Tutta la vicenda della transizione energetica poggia sulla seguente assunzione: le rinnovabili penetrano nella generazione elettrica, l’elettricità nei consumi finali e, magicamente, come risultato i consumi energetici sono decarbonizzati. E vissero tutti felici e contenti: questo il finale del film della transizione.
Ma il mondo è capovolto e per questo accade che né l’elettricità penetra nei consumi finali, né – e ciò è più sconcertante – le rinnovabili prendono possesso della generazione elettrica. Ce lo dice l’ultimo report Ember che, come una sberla, si stampa sul volto felice della retorica green e lascia l’impronta di cinque dita che, più o meno, consegnano i seguenti messaggi:
Nessun paese riesce a combinare crescita della domanda elettrica e diminuzione delle emissioni
- nei primi sei mesi del 2021, le emissioni generate dal settore elettrico mondiale sono aumentate del 12% rispetto alla prima metà del 2020, segnando un aumento del 5% rispetto al 2019. In altri termini, siamo tornati al mondo pre-Covid, anzi peggio.
- la crescita della domanda elettrica, pari al 5% in sei mesi, è stata soddisfatta per il 57% da solare ed eolico, e per il 43% dal carbone, con il gas che rimane stabile e idro e nucleare in lieve diminuzione. Di qui la crescita delle emissioni.
- Nessun paese riesce a combinare crescita della domanda elettrica e diminuzione delle emissioni. Laddove la domanda sale, cresce anche la CO2. Ciò accade principalmente in paesi quali Cina, India, Kazakhstan, Mongolia, Pakistan e Vietnam. Laddove la CO2 diminuisce (es. Europa e USA), si riduce anche la domanda elettrica.
- Dalla prima metà del 2020 alla prima del 2021, la domanda elettrica cinese è cresciuta del 14%: 68% è stata soddisfatta da carbone, 29% da eolico e solare.
- Il mondo dipende dalla Cina: il 90% dell’incremento della domanda elettrica è di origine cinese. Se, da un lato, il 43% dell’espansione mondiale di solare ed eolico viene dalla Cina, dall’altro essa è responsabile della crescita straordinaria del ricorso al carbone: l’incremento dell’elettricità cinese originata da coal vale quanto l’intera elettricità europea generata da carbone. La quota cinese di generazione elettrica basata sul carbone è così salita al 53%, dal 50% dello scorso anno.
L’incremento dell’elettricità cinese originata da carbone vale quanto l’intera elettricità europea generata da carbone
Questi i dati bruti, che se ne infischiano della sceneggiatura green e che trovano conferma in un altro attore che non si lascia ingabbiare dal copione dell’annunciata transizione energetica e va per conto suo: il mercato.
Dall’inizio dell’anno i prezzi del carbone sono cresciuti più del 100%, portando il Newcastle Weekly Index vicino ai massimi di tutti i tempi.
La sintesi della situazione è illustrata in due figure proposte dal report Ember che mostrano, in aggregato e per paesi, il movimento dell’elettricità mondiale dal 2019 ad oggi, con spostamento inesorabile nell’area grigia caratterizzata da simultaneo incremento della domanda di elettricità ed emissioni, con le seconde che crescono più delle prime, negando qualsiasi sogno di decoupling.
45 nuove centrali a carbone in costruzione in Cina e 18 nuove acciaierie: l’ultima sigaretta di Zeno?
Paradossale per un mondo che afferma, ogni giorno di più, di voler cambiare rotta. E paradossale per un paese, la Cina, che preme sull’acceleratore del carbone proprio in concomitanza con l’adozione di un obiettivo di neutralità carbonica entro il 2060: 45 le nuove centrali a carbone in costruzione e 18 le nuove acciaierie.
Ultima sigaretta di Zeno, o più probabilmente ennesima vittoria delle esigenze della crescita economica su quelle del clima. Fino ad oggi è così, con gli effetti perversi indotti dal clima che rafforzano la marcia verso il disastro. Eccone alcuni: cresce la temperatura, manca l’acqua, l’idroelettrico segna il passo, cresce il consumo di carbone, aumentano le emissioni e, in circolo, la temperatura.
Una serie di loop perversi pongono il Pianeta su un piano inclinato dalla pendenza inesorabile
Più caldo, più incendi, più emissioni e, in circolo, crescita della temperatura; oppure, maggiore scioglimento dei ghiacci, minor albedo, di nuovo crescita della temperatura. Insomma, si manifestano una serie di loop perversi che pongono il Pianeta su un piano inclinato dalla pendenza inesorabile.
In questo quadro sciagurato i dati relativi all’elettricità avrebbero dovuto rappresentare una nota positiva e invece gettano una luce plumbea e nefasta sul disastro. Certo, Cina e India hanno le loro responsabilità ma anche la performance del mondo ricco è fiacca, come si evince dalla vuotezza della casella green in basso sulla destra nella figura proposta da Ember.
Nella sfida climatica il nemico non è il nucleare ma il carbone
Ed è modesta consolazione leggere che le rinnovabili hanno agganciato il nucleare nel mix elettrico mondiale, perché nella sfida climatica il nemico non è il nucleare ma il carbone.
Osservando il grafico di Ember sul mix elettrico non si può non notare la stupefacente situazione che si è venuta a creare, con l’attuale crescita del carbone così cospicua da risultare la maggiore dall’anno 2000! Certo, il trend complessivo del coal mostra un declino complessivo a partire dall’anno 2013, ma la pendenza della curva è assai blanda. D’altra parte, le rinnovabili guadagnano terreno, ma la crescita non è sufficientemente veloce da portare la loro quota al 50% entro il 2050, come congetturato nello scenario net zero emissions della IEA.
Questo lo stato dell’arte oggi. Cambieranno le cose? C’è da augurarselo, ma non vi è certezza. Soprattutto, non vi è certezza che il cambio di direzione avvenga in tempo utile. Perché è chiaro che qualcosa è in atto ma l’intensità dell’azione è ancora debole.
Vi è sproporzione tra intenti dichiarati e fatti: i dati aggregati mondiali non rilevano il cambio di passo e la continua pubblicizzazione di eventi micro – la più grande turbina del mondo, l’auto che percorre mille chilometri con una ricarica, ecc. – non è rappresentativa della tendenza di fondo.
La linea delle emissioni punta ancora verso l’alto e i mirabolanti fenomeni micro, narranti successi tecnologici green, sono al momento solo outlier poco significativi rispetto all’interpolazione rilevante. Ed è altresì importante capire che solo parzialmente ciò che accade è faccenda tecnologica, o economica o geopolitica. Andare alle radici del problema significa, in ultimo, interrogarsi su chi realmente Sapiens sia, su come egli funzioni, su quale sia il suo desiderio profondo: il breve periodo o la salvaguardia della specie. Più dei gigawatt conta l’antropologia.
Enzo Di Giulio è membro del Comitato Scientifico di ENERGIA
Sull’andamento della transizione energetica leggi anche:
It is the models, stupid. Qualche nota sul rapporto IEA “Net Zero”, di Massimo Nicolazzi, 26 Maggio 2021
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Foto: Richard Walker
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