Non poteva che essere dedicata al nuovo pacchetto di iniziative legislative della Commissione «Fit for 55», la nuova «Lettera da Bruxelles» pubblicata su ENERGIA 3.21 che Valeria Palmisano Chiarelli propone in versione “light” per i lettori di RivistaEnergia.it. Buona lettura!
Chi ricorda il Clean Energy Package del 2016 sarà alle prese con un déjà-vu. All’epoca erano solo otto le iniziative legislative presentate d’un sol colpo, è già fu sgomento per la mole di disposizioni da leggere, valutare, analizzare.
Un Green Deal dopo, questa Commissione rincara la dose con il Fit-for-55, anzi la raddoppia con ben sedici proposte presentate il 14 luglio. L’intento, già anticipato su queste pagine, è trasferire nella normativa di settore per energia, trasporti e industria i nuovi obiettivi di decarbonizzazione di medio e lungo termine sottoscritti dai governi con la Legge sul clima approvata in via definitiva a giugno di quest’anno. Nulla di inatteso verrebbe da dire.
Gli aspetti inediti nel Fit-for-55 non sono mancati, e ripercorrerli può aiutare a comprendere la sorpresa che ha accompagnato molte delle reazioni alla sua pubblicazione
Per cominciare l’approccio: oggi per la prima volta alcune opzioni sono apertamente escluse, mentre altre sono fortemente promosse. Poi il clima politico attorno alla genesi delle proposte. Le distanze questa volta sono state visibili anche fra i Commissari dove a poco sono valse l’aperta contrarietà di Hahn, Commissario al bilancio, e le riserve espresse da altri Commissari di peso. La linea di Timmermans alla fine ha prevalso.
Il Parlamento ha ripreso bene alcuni comuni sentori: per il gruppo dei Socialisti e Democratici. “La transizione dovrà essere giusta” – si legge nel loro comunicato – “o la transizione non ci sarà affatto”. Si legge nel comunicato del Partito Popolare Europeo, che pure sottolinea fortemente la necessità di proteggere le fasce sociali più deboli, “Vogliamo la decarbonizzazione, non la deindustrializzazione”.
Il Fit-for-55 ha una forte valenza politica per l’Unione Europea in vista della COP26 e il nuovo obiettivo del –55% rappresenterà la propria Nationally Determined Contribution in seno alle Nazioni Unite
Con il verdetto dell’ultimo report IPCC ancora riecheggiante, un ruolo centrale nel pacchetto è assegnato proprio agli strumenti di carbon pricing, da rafforzare con le modifiche proposte alla Direttiva ETS. Per i settori interessati si tratta di portare le emissioni dall’attuale -43% al -61% entro il 2030. Ridotti anche i titoli assegnati gratuitamente, con audit energetici e misure di efficientamento corrispondenti o di efficacia equivalente introdotti come condizionalità per potervi accedere. La proposta di Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) con la prospettiva tutt’altro che remota dell’insorgere di contromisure a effetto equivalente e di impatti sulle bilance commerciali. Il Canada ad esempio ha recentemente avviato una consultazione su uno schema simile.
Poi l’estensione dell’ETS ai settori del trasporto su strada e degli edifici, a partire dal 2026. Con un prezzo della CO2 ormai stabilmente sopra i 50€/ton sono stati numerosi i governi a manifestare aperta contrarietà, pena il rischio di vedere fortemente colpite le categorie maggiormente vulnerabili. La Commissione si è impegnata a stanziare di un Fondo Sociale per il Clima alimentato dai proventi dell’ETS e destinato a sostenere le fasce più deboli. Il fondo vedrebbe una dotazione stimata complessiva di 72,2 miliardi di euro nel periodo 2025-2032 e l’Italia sarebbe il terzo paese in termini assoluti a beneficiarne maggiormente, dopo Polonia e Francia, con il 10,81% delle risorse per un totale di 7,807 miliardi.
Il principio dell’energy efficiency first ispira la proposta di revisione della Direttiva, ma cambia lo scenario di riferimento per il nuovo obiettivo comune al 2030, dall’attuale -32,5% rispetto alla baseline del 2007 a un -9% da riferire alla somma dei consumi dichiarati dagli Stati membri nei rispettivi PNIEC. Modifica sostanziale, che rende assai difficile tenere in considerazione i risparmi energetici già conseguiti con le precedenti misure al 2020. Da valutare anche gli effetti delle nuove disposizioni che, con l’intento di escludere il ricorso ai combustibili fossili e a quelli solidi in particolare, finiscono per ridurre anche il ricorso a misure che prevedono l’utilizzo del gas naturale nel quadro degli schemi d’obbligo.
Sono rimasti tiepidi quanti si aspettavamo proposte più assertive su temi importanti nella revisione del quadro per le rinnovabili, come il rafforzamento delle disposizioni sulle Garanzie d’Origine e sullo sviluppo dei gas rinnovabili, ponte per la decarbonizzazione delle molecole vale a dire per la metà restante del mix europeo. A queste si affianca l’idrogeno verde, che trova per la prima volta posto fra le fonti rinnovabili con un obiettivo dedicato, pari al 2,6% nei trasporti e al 50% dell’idrogeno totale consumato nell’industria entro il 2030. Prime misure concrete sull’onda della strategia europea per l’idrogeno presentata a luglio dello scorso anno.
La controversa revisione del Regolamento CO2 auto e veicoli commerciali leggeri ha forse risentito più di tutte del clima politico che aleggia sulle elezioni più osservate della stagione, quelle in Germania, ed è proprio su questa proposta che la linea di Timmermans e della DG CLIMA è stata più intransigente
Al settore dei trasporti è dedicato un terzo e importante set di interventi.
Zero emissioni al 2035. Un trailer per le proposte del prossimo anno sull’autotrazione pesante e un test per la viabilità e la tenuta della nuova agenda europea per la decarbonizzazione dei trasporti.
Il sistema di Certificati Volontari che avrebbe permesso alle case costruttrici di ottemperare ai nuovi e più stringenti limiti emissivi grazie all’apporto dei carburanti rinnovabili in termini di riduzione delle emissioni non è stato inserito nella proposta, nonostante fosse al vaglio di DG CLIMA fra le opzioni.
La portata è rivoluzionaria se si pensa alle conseguenze di una simile proposta per paesi come l’Italia, che stanno investendo fortemente nel settore del biometano che conta eccellenze in-house e vede sinergie importanti e diffuse sul territorio con il mondo agricolo e della gestione dei rifiuti.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Già il 20 luglio, in occasione di un primo scambio fra i Ministri del Consiglio Ambiente e la Commissione Europea sulle proposte del Fit-for-55 sono emerse perplessità e preoccupazione
E per concludere la tassazione energetica. Si cambia paradigma con audacia andando a modificare il criterio generale per la base imponibile: dai volumi consumati si passa al contenuto energetico delle fonti. Calcolatrice alla mano le prospettive per il gettito sono tutte da rivedere, tenendo in considerazione le prospettive di cui sopra per il settore dei trasporti.
La Presidenza slovena di turno al Consiglio intende avviare da subito il lavoro a livello tecnico con l’ambizione di produrre dei Progress Report su tutte le proposte del pacchetto, per il passaggio del testimone alla presidenza francese a dicembre. Vale a dire che sarà con la Francia – e per alcune iniziative con la successiva presidenza della Repubblica Ceca all’inizio del 2022 – che si vedranno i primi veri accordi. Senza contare che ciascuna proposta dovrà essere esaminata dalle Commissioni competenti al Parlamento Europeo con un lavoro che dovrà procedere necessariamente in parallelo su tutte le proposte.
Proposte per altro fortemente interdipendenti, con singoli negoziati che potrebbero produrre ripercussioni gli uni sugli altri
Ci sarà insomma margine per riaprire alcuni temi. Auspicabilmente senza un eccessivo dispendio di forze, perché se è vero che Fit-for-55 sale in classifica fra le iniziative di maggior spessore per l’energia in questa legislatura, di certo non sarà la sola. Entro la fine dell’anno la Commissione presenterà ancora tre iniziative ugualmente importanti per il mondo dell’energia: una proposta legislativa sulla riduzione delle emissioni di metano, la revisione della Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici e soprattutto quello che dovrebbe portare il nome di “Gas and Decarbonization Package” per affrontare l’attesa riforma delle norme del 2009 sul mercato gas, con ulteriori elementi per la prima volta destinati a disciplinare in Europa il nascente mercato dell’idrogeno.
Viste le proposte del Fit-for-55 potrebbe non avere torto chi dovesse nutrire la speranza che con questa seconda tornata di proposte la Commissione metta sul tavolo quei tasselli mancanti e necessari a dare una coerenza interna alla difficile operazione – tutta da costruire – per rendere il modello energetico europeo pronto a sorreggere un’economia che mai come in questo periodo deve tenersi pronta a tutto.
Il post è una versione ridotta dell’articolo The survival of the fit(test) for 55 (pp. 76-81) di Valeria Palmisano Chiarelli pubblicato su ENERGIA 3.21
Valeria Palmisano Chiarelli è Esperta di Affari Istituzionali europei
Foto: Pixabay
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