Finanziata con fondi pubblici, l’International Energy Agency (IEA) pubblica i dati energetici globali dettagliati di cui tutti abbiamo bisogno per affrontare la sfida della transizione energetica, ma è costretta dai suoi finanziatori (gli Stati) a metterli a disposizione solo a pagamento. Sul sito free-iea-data.com è possibile inviare ai Ministri dell’energia, dell’ambiente o della transizione ecologica del proprio paese una petizione via mail con cui si richiede di rendere disponibili i dati gratuitamente e contestualmente aumentare il finanziamento alla IEA per compensare le mancate entrate che ciò comporta.
L’iniziativa parte da Our World in Data, progetto con sede presso l’Università di Oxford nato per mettere a disposizione dati provenienti da diverse fonti to make progress against the world’s largest problems e diventato ben presto un punto di riferimento essenziale per giornalisti, professori e ricercatori – da riviste quali Science e PNAS, testate come Wall Street Journal ad università come Stanford e Harvard – grazie anche agli efficaci strumenti di visualizzazione e, per l’appunto, il libero accesso.
Si legge nella presentazione del progetto “We believe that a key reason why we fail to achieve the progress we are capable of is that we do not make enough use of this existing research and data: the important knowledge is often stored in inaccessible databases, locked away behind paywalls and buried under jargon in academic papers.”
Our World in Data is based on the work of others – and should in turn be a base for others
Un punto risollevato il 5 ottobre 2021 da Hanna Ritchie, Responsabile per la Ricerca di Our World in Data, su Nature nel commento COVID’s lessons for climate, sustainability and more from Our World in Data. La tragedia che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo è una chiara evidenza dell’opportunità, o meglio, necessità di disporre di un libero e tempestivo accesso ai dati. E ciò vale tanto in ambito sanitario quanto per le altre tipologie di crisi e di problemi globali: dalla povertà e disuguaglianza, alle guerre, alle crisi energetiche a quella climatica.
“Consider climate change. We need to know how much energy countries consume and from which sources, and how much each sector (such as electricity, road transport, aviation and heating) demands. These data are gathered by the International Energy Agency, which is based in Paris and funded mainly by governments. But researchers must pay thousands of dollars to use them.
The IEA’s chief funders — the energy ministries of the world’s richest countries — stipulate that it raises around one-fifth of its operating costs this way. This amounts to just €5 million (US$5.8 million) to €6 million per year, equal to 0.03% of the total public-energy research and development budget for IEA countries in 2018. But, even at discounted rates, those fees keep researchers and policy experts in poorer countries out of the conversation. Plus, researchers who can access the data cannot fully share their analyses”.
To access more than the very basic metrics, researchers and everyone else needs to purchase a user license that often costs thousands of dollars.
Messaggio ripreso pochi giorni dopo in un commento a quattro mani con il fondatore e direttore di Our World in Data, Max Roser che chiama in causa in maniera ancora più diretta la IEA e il suo essere pubblicamente finanziata: “despite being an international institution that is largely publicly funded, most IEA data is locked behind paywalls”. Un’ambiguità che in parte richiama quella che avevamo sollevato su questo blog con il commento Un contratto che suscita sconcerto.
“This makes it unusable in the public discourse and prevents many researchers from accessing it. Beyond this, it hinders data-sharing and collaboration; results in duplicated research efforts; makes the data unusable for the public discourse; and goes against the principles of transparency and reproducibility in scientific research.”
“To understand the problems the world faces and see how we can make progress we need accessible, high-quality data. (…) This data exists. It is produced by the International Energy Agency (IEA). But the IEA only makes a fraction of their data publicly available, and keeps the rest behind very costly paywalls. (…) to access more than the very basic metrics, researchers and everyone else who wants to inform themselves about the global energy system needs to purchase a user license that often costs thousands of dollars.”
Even at discounted rates, those fees keep researchers and policy experts in poorer countries out of the conversation
Il problema, fanno notare Roser e Ritchie, non è tanto causato dalla IEA, quanto dai paesi membri che la obbligano a finanziare parte del suo budget dalla vendita delle licenze di acceso ai dati. Un controsenso dato che gli stessi paesi membri fanno ricorso a quei dati ed alle loro rielaborazioni per tracciare le politiche che li guideranno verso la transizione energetica e che porta gli autori ad affermare: “We believe that the relatively small revenues that the paywalls generate do not justify the very large downsides that these restrictions cause.”
Cosa possiamo fare?
Per risolvere questo problema, i ministeri dell’energia che forniscono finanziamenti alla IEA devono modificare le restrizioni sui loro contributi di finanziamento e colmare il piccolo divario da 5 a 6 milioni di euro.
Sul sito free-iea-data.com è possibile inviare ai Ministri dell’energia, dell’ambiente o della transizione ecologica del proprio paese una petizione via mail con cui si richiede di rendere disponibili i dati gratuitamente per la ricerca e contestualmente aumentare il finanziamento alla IEA per compensare le mancate entrate che ciò comporta.
(Sul libero accesso ai dati abbiamo pubblicato il 17 Febbraio 2020 un appello rivolto ad Acquirente Unico ed al Garante della Privacy al fine di rendere libero l’accesso al Sistema Informativo Integrato (SII), la piattaforma di Arera, gestita da Acquirente Unico, istituita nel 2010 con la finalità di “gestire i flussi informativi relativi ai mercati dell’energia elettrica e del gas”: un patrimonio informativo dal valore inestimabile, in quanto consente di studiare i consumi e i comportamenti di famiglie e imprese: eppure – attualmente – rappresenta una miniera che per i ricercatori è impossibile sfruttare)
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