Eliminare le “perdite” di metano, ovvero la sua involontaria immissione in atmosfera, non è solo una misura cost-effective ma è anche una delle azioni più efficaci nel breve termine contro il riscaldamento globale. Per questo la riduzione delle emissioni “fuggitive” di metano sta entrando nelle agende dei governi come strategia di diversificazione degli sforzi per rispondere all’attuale urgenza climatica. Nel corso della COP26 e del G20 che l’ha preceduta sono state prese iniziative internazionali per la gestione dell’impronta inquinante del metano. Tra tutte, il lancio da parte di UE e USA del Global Methane Pledge che, se rispettato consentirebbe di ridurre il riscaldamento globale di almeno 0,2 °C entro il 2050. L’Europa è in prima linea su questo fronte ma riuscirà ad influenzare l’azione degli altri Stati?
Nel corso di COP26, UE e Stati Uniti hanno lanciato ufficialmente il Global Methane Pledge, iniziativa che era stata preannunciata a settembre che mira a ridurre le emissioni globali di metano. L’accordo non prevede un obiettivo specifico per paese ma mira ad ottenere un consenso diffuso verso un obiettivo di taglio delle emissioni globali di metano di almeno il 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030. Uno sforzo che, se rispettato, ridurrebbe il riscaldamento globale di almeno 0,2 °C entro il 2050.
Già al vertice del G20 a Roma, che ha preceduto di pochi giorni la COP26, erano stati fatti passi in avanti con il lancio dell’Osservatorio Internazionale delle Emissioni di Metano (IMEO) atto a migliorare la rendicontazione delle emissioni di metano di origine antropica e sopperire al deficit di affidabilità dei dati che si riscontra in questo ambito.
Se rispettato, il Global Methane Pledge consentirebbe di ridurre il riscaldamento globale di almeno 0,2 °C entro il 2050
Ma perché è così importante intervenire sulle emissioni di metano?
Se fino ad oggi il dibattito politico è stato concentrato quasi esclusivamente sugli effetti dell’anidride carbonica (CO2) in atmosfera, essendo il primo responsabile del riscaldamento globale, l’urgenza climatica richiede oggi sforzi diversificati.
La gestione dell’impronta inquinante del metano (CH4) costituisce una delle azioni più efficaci nel breve termine per ridurre il riscaldamento globale. Il metano rilasciato in atmosfera, infatti, è oltre 80 volte più potente della CO2 su un orizzonte temporale di 20 anni; tuttavia, persistendo in atmosfera per un tempo più breve rispetto alla CO2, (circa 10-12 anni), le azioni per ridurre le emissioni di metano possono produrre la riduzione più immediata del tasso di riscaldamento, offrendo anche vantaggi in termini di qualità dell’aria.
Il metano è il secondo più importante gas serra dopo l’anidride carbonica
Inoltre, da un punto di vista economico, la riduzione delle emissioni di metano è una delle strategie più convenienti per limitare rapidamente il tasso di riscaldamento e contribuire in modo significativo agli sforzi globali per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C.
Di fatto, il tema delle emissioni di metano dalla filiera del gas naturale è definitivamente emerso con urgenza nel dibattito pubblico con la Methane Strategy della UE lanciata ad ottobre 2020 all’interno del Green Deal Europeo.
L’UE ha rilanciato il tema della riduzione delle emissioni di metano con la sua Methane Strategy, a cui il G20 e COP26 hanno fatto eco con importanti iniziative internazionali
In termini concreti, l’UE intende intervenire, da una parte, sull’accuratezza della misurazione e comunicazione dei dati emissivi e, dall’altra, sull’efficacia delle azioni di mitigazione sui settori maggiormente responsabili delle emissioni di metano di natura antropogenica: agricoltura, energia e rifiuti.
Una attenzione particolare è rivolta al settore energia, il secondo maggior responsabile dopo l’agricoltura, di cui l’O&G pesa per quasi il 60%. Questo perché, più che per altri settori, è possibile implementare misure cost-effective in grado di contenere più facilmente le perdite di metano.
Come ribadito dalla l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), infatti, circa tre quarti delle emissioni di metano potrebbero essere ridotte con la tecnologia esistente e, di queste, quasi la metà a costo zero.
Il settore energia è il secondo maggior responsabile delle perdite di metano e quello con le maggiori possibilità di contenerle a costi ridotti
Per ridurre le emissioni di metano nel settore dell’energia, l’UE propone l’obbligo di migliorare il rilevamento e di provvedere alla riparazione delle perdite nelle infrastrutture gas, assieme a possibili norme finalizzate a evitare perdite dovute al flaring o al rilascio in atmosfera e ad accelerare lo sviluppo del mercato del biogas da fonti sostenibili. Altro importante step è di prendere in considerazione misure e incentivi dedicati all’importazione di energia nell’UE.
La gran parte delle emissioni di metano, specialmente quelle associate al gas, è emessa prima di raggiungere i confini europei. Da più parti è stato quindi richiesto il coinvolgimento dei paesi produttori per ridurre le emissioni di metano lungo tutta la filiera, incluso l’upstream gas.
Nel contesto attuale, l’Europa può giocare un ruolo importante in quanto attira circa un terzo di tutto il gas commercializzato a livello internazionale. La sua azione può, quindi, costituire una leva importante nei mercati globali per indurre i propri fornitori ad adottare misure di mitigazione ed influenzare così l’azione di altri Stati.
Serve una diplomazia climatica che coinvolga i paesi produttori O&G per ridurre le emissioni anche nell’upstream
Occorre però un impegno concreto e rapido su questo fronte.
Ricordiamoci, infatti, che il “Brussels effect” non varrà per sempre. L’influenza che può avere oggi l’Europa non sarà la stessa nel corso dei decenni, visto il ruolo di market player che si sta conquistando la Cina nel mercato globale del gas.
Se continueremo a posticipare azioni politiche su questo fronte rischieremo di trovarci sempre di più all’interno di un gioco del prigioniero in cui la scelta di cooperare quando la controparte decide di non farlo porta solo ad una doppia sconfitta. Quella dell’ambiente e della nostra economia.
Chiara Proietti Silvestri è ricercatrice presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche
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Foto: Tim Evanson
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