Il manganese è un metallo che sta entrando nelle strategie di case automobilistiche come Volkswagen e Tesla per sostituire cobalto e nichel nelle batterie a causa del forte aumento delle loro quotazioni. Il crollo dei prezzi delle batterie che sembrava portare verso la competitività economica dei veicoli elettrici con quelli a combustione interna ha infatti subito una brusca inversione di tendenza spingendo le case automobilistiche a cercare nuove soluzioni. Di conseguenza, la domanda di manganese ad alta purezza è attesa aumentare drasticamente col rischio che si crei un collo di bottiglia. E anche in questo campo c’è da temere la stretta presa del Dragone.
Il mercato delle auto elettriche è in progressiva espansione e le analisi di mercato prevedono che nel 2035 il parco veicoli supererà i 140 milioni di unità. La batteria ne costituisce la parte più complessa e costosa e in quanto tale ne è, ad oggi, il principale limite alla competitività economica con i veicoli a combustione interna (internal combustion engine, ICE).
Il mercato delle batterie agli ioni di litio è atteso aumentare di circa 24 volte nei prossimi vent’anni, passando dai 99 GWh di capacità di produzione annua del 2017 ai 2.325 GWh nel 2040. In questi anni i prezzi delle batterie agli ioni di litio sono progressivamente scesi dai 300 $/kWh del 2014 ai quasi 100 del 2021: soglia considerata determinare la parità di costo dei veicoli elettrici con gli ICE.
Questa tendenza sembra tuttavia stia subendo un’inversione a causa della continua crescita dei prezzi delle materie prime. Una delle strategie per contenere i costi, perseguita da Volkswagen Auto Group e Tesla, è quella di concentrare gli sforzi affinché le nuove batterie contengano elevate percentuali di manganese per ridurre la dipendenza da metalli costosi come cobalto e nichel.
Il manganese è abbondante e la filiera non presenta particolari rischi…
Le batterie che utilizzano manganese saranno dominanti nel prossimo decennio vuoi per le alte prestazioni – è il caso delle NMC (nichel-cobalto-manganese) che hanno maggiore capacità di immagazzinare energia, minori tempi di ricarica, maggiore durata – vuoi per il potenziale di abbattimento dei costi – nel caso delle LNMO (Lithium Nickel Manganese Oxide) proprio per il maggiore utilizzo di manganese rispetto a cobalto e nichel e per questo stanno attirando l’interesse si compagnie come Volkswagen e Tesla.
Per avere un’idea sul peso dei diversi metalli sul costo di una batteria ne prendiamo ad esempio una di 55 kwh con catodo NMC-622: servono, con buona approssimazione, 13 kg di cobalto, 39 kg di nichel e 12 kg di manganese, che in termini economici significano circa 750 $ per il cobalto, 740 $ per il nichel e 60 $ per il manganese.
Ma il manganese non presenta criticità? Ovviamente sì.
Il manganese è un metallo fondamentale per la produzione di praticamente ogni tipo di acciaio e questo utilizzo costituisce circa il 90% della domanda. È il dodicesimo elemento più abbondante nella crosta terrestre con una filiera di approvvigionamento che non presenta particolari rischi perché viene estratto in numerosi paesi tra cui Sud Africa, Brasile e Australia.
Tuttavia, per le batterie è necessario che il manganese venga raffinato in solfato ad alta purezza (High Purity Manganese Sulphate Monohydrate – HPMSM): un prodotto specialistico e complesso da ottenere, la cui disponibilità limitata rappresenta il collo di bottiglia nella filiera del manganese volta alla transizione energetica.
Va rilevato infatti come non ci sia carenza di solfato di manganese, ma della capacità produttiva per trasformarlo in quello ad alta purezza, che è una differenza critica, poiché la maggior parte del solfato oggi viene utilizzato per applicazioni legate all’agricoltura.
La purezza estrema è una qualità che devono avere tutti i metalli utilizzati nelle batterie onde evitare malfunzionamenti e surriscaldamento (che può portare all’esplosione). Per fare ciò è necessario un processo di raffinazione estremamente complesso e tecnologicamente evoluto.
…ma l’approvvigionamento di quello ad alta purezza necessario per le batterie può presentare alcune criticità
È anche per questa ragione che il solfato di manganese si è unito al nuovo superciclo delle materie prime con prezzi aumentati del 30% nei primi sei mesi del 2021, passando da 867 a 1.128 $/tonn. Si prevede che i prezzi continueranno ad aumentare per stimolare l’apertura di nuovi impianti di raffinazione e adeguare così l’offerta alla domanda prima del 2024, anno in cui al momento è prevista in deficit.
Per meglio comprendere questa criticità dobbiamo dare un ulteriore sguardo alle specificità di questa fase di raffinazione. Il metallo elettrolitico di manganese (EMM, Electrolytic Manganese Metal) è principalmente commercializzato in due specifiche: 99,7% (EMM contenente selenio) e di elevata purezza 99,9% (HPEMM senza selenio). Quest’ultima rappresenta solo il 2% circa della produzione mondiale di manganese. Solo dall’HPEMM si ricava il solfato di manganese ad alta purezza (HPMSM), il raffinato che si utilizza nelle batterie.
Fatta la premessa, passiamo ad un’altra criticità, quella geopolitica. Anche su questo metallo, pesa (e preoccupa) il ruolo attuale e prospettico della Cina che sta rafforzando la sua già forte presa sulla catena del valore globale del manganese, mettendo in allarme aziende di tutto il mondo che dipendono da questo metallo versatile, inclusi i più grandi produttori di veicoli elettrici del Pianeta.
Anche sul manganese stretta è la presa del Dragone
Il Dragone produce globalmente oltre il 90% dei prodotti a base di manganese che vanno dagli agenti leganti per l’acciaio ai composti per batterie. Il 98% della produzione mondiale di EMM (cioè di manganese metallico) avviene in Cina. La produzione globale di EMM nel 2020 è stata di 1,493 Mt a fronte di una estrazione di minerale di 20,2 Mt. Questa si è ripartita come si vede nel grafico in manganese metallico (99,7% Mn) e in alcune (piccole appunto circa il 2%) percentuali di puro (99,9% Mn). Risulta più che evidente il ruolo preponderante della Cina.
E la situazione potrebbe peggiorare. Da ottobre, dozzine di produttori cinesi di manganese, che rappresentano la maggior parte della produzione globale, hanno aderito alla campagna “alleanza per l’innovazione del manganese” sostenuta dallo Stato per una pianificazione centralizzata delle forniture, dei prezzi, dello stoccaggio e per una rete di assistenza finanziaria reciproca.
La creazione di un cartello cinese del manganese
Obiettivi e mosse che di fatto costituiscono un cartello, come ha confermato il presidente del colosso del manganese Tianyuan, Jia Tianjiang: “Come leader di questo settore per adempiere alla nostra leadership e influenza, dobbiamo gestire meglio la nostra produzione per sostenere i prezzi”. Esattamente ciò che fa un cartello.
Con il 90% della capacità globale di produzione di solfato di manganese ad alta purezza (HPEMM) concentrata in Cina, la preoccupazione dei produttori occidentali di auto elettriche è che il mondo possa presto affrontare una dipendenza dalla Cina simile a quella attuale per il cobalto, nella Repubblica Democratica del Congo e del nichel in Indonesia.
Basti ricordare come, a marzo, le aziende cinesi annunciando una tecnica per abbassare il costo del nichel utilizzato nella produzione di batterie, abbiano fatto crollare i prezzi globali del nichel del 9% in un solo giorno e mettendo sotto pressione finanziaria i produttori di nichel non cinesi.
Il problema, come spiegato, non è la disponibilità della materia prima ma le tecniche di lavorazione e raffinazione del minerale per ottenere i prodotti necessari al mercato delle EVs ed il fatto che nuovi progetti al di fuori della Cina potrebbero richiedere anni per iniziare e pesanti investimenti per svilupparsi. Inoltre, le miniere si trovano spesso in regioni remote, che richiedono costose infrastrutture per trattare e trasportare i minerali estratti.
Mentre l’attenzione del mercato e degli operatori del settore delle batterie è stata prevalentemente concentrata sull’approvvigionamento di litio, nichel e cobalto, il manganese raramente è stato preso in considerazione: anche in questo caso sembra che l’Impero di Mezzo abbia saputo guardare più lontano e all’occidente non rimane che rincorrere.
Giovanni Brussato è ingegnere minerario e autore del volume Energia verde? Prepariamoci a scavare, ed. Montaonda
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Foto: Roskill
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