-34,3% rispetto al 2019: il mese di ottobre ha segnato il valore di immatricolazioni più basso nell’area europea dal 1991. Si vendono sempre meno automobili, anche in Italia. Dati, peraltro, in controtendenza con quelli della generale ripresa dell’economia e dell’utilizzo delle autovetture private. Complice anche la crisi dei semiconduttori, le case automobilistiche tendono a privilegiare la vendita delle versioni con maggiori margini, sacrificando quelle meno remunerative. In altre parole, l’auto torna ad essere bene di lusso, dopo esser stata emblema della crescita di benessere delle fasce popolari. Siamo di fronte alla tanto auspicato da alcuni “demotorizzazione”? Non è detto, ma è una tendenza da monitorare, su cui incideranno anche le progressive regole imposte al settore per la lotta alla CO2.
In Italia come nel resto d’Europa si vendono sempre meno automobili. Nei 27 paesi dell’Unione europea, in Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Regno Unito il mese di ottobre, oltre a registrare la quarta flessione mensile consecutiva, ha rappresentato il valore più basso di sempre con 716.849 autovetture immatricolate. O almeno da quando sono iniziate le rilevazioni statistiche dell’Acea, l’associazione europea dei costruttori di auto, nel 1991.
Si sono perse il 29,3% di immatricolazioni rispetto al 2020 (a settembre la flessione era stata 25,2%) e il 34,3% rispetto al 2019. Sono state vendute soltanto seimila autovetture in più (il 2,7%) rispetto al 2020, caratterizzato dal dilagare dell’epidemia di COVID-19 e dalle conseguenti restrizioni con lunghi periodi di confinamento. Concreta la possibilità che il 2021 chiuda con valori molto simili all’anno passato se non peggiori.
Il 2021 potrebbe chiudersi con valori perfino peggiori del 2020
Se, poi, si torna qualche anno indietro la dinamica è ancora più chiara e le flessioni parecchio significative. Oltre 2,8 milioni le immatricolazioni perse nei primi novi mesi dell’anno nel 2021 rispetto al 2017.
Nel nostro Paese le cose non stanno andando affatto meglio. Da gennaio ad ottobre di quest’anno sono state immatricolate un quarto in meno delle automobili nuove vendute nello stesso periodo del 2017, mentre il recupero rispetto all’annus horribilis 2020 (chiuso con un crollo del 27,7 per cento rispetto al 2019) si è arrestato al 13 per cento, per ora.
Cosa sta succedendo? L’automobile, tartassata dall’erario, osteggiata dai sindaci, criminalizzata dagli ambientalisti, ha imboccato non solo un percorso difficile ma anche una parabola discendente? Passeremo dalla motorizzazione di massa all’auspicata – da alcuni che si agitano tanto – demotorizzazione (sempre che capiamo cosa significhi la locuzione) in un periodo relativamente breve?
Un dato in controtendenza con l’utilizzo delle autovetture private
I dati di vendita, peraltro, sono in controtendenza con quelli della generale ripresa dell’economia e anche con quelli di utilizzo delle autovetture private, tornati di gran moda con la perdurante emergenza pandemica, nonostante il tanto assaltato quanto contestato “Buono Mobilità”, erogato per l’acquisto di biciclette, a pedalata assistita e non, monopattini elettrici, hoverboard e segway (già i nomi lasciano intuire che sono prodotti in Italia) e servizi di mobilità condivisa a uso individuale, come abbonamenti per il bike-monopattini–scooter sharing.
Come sempre le cose sono alquanto complesse è il tempo per tirare le fila non è ancora giunto: troppi gli elementi e le circostanze perturbanti in essere. A cominciare dalla crisi dei microchip e semiconduttori che ha emaciato, come mai nella storia recente, l’offerta di nuovi modelli e dilatato oltremodo i tempi di consegna di certo scoraggiando più di un acquirente.
Acquistare un’automobile nuova, tanto più se mediamente accessoriata e non molto costosa, oggigiorno è un’impresa improba. Le case automobilistiche infatti tendono a privilegiare la vendita delle versioni con maggiori margini, sacrificando quelle meno remunerative (meglio le auto grandi, delle piccole) o sovente privando queste ultime di sensori, accessori e scenografici display dilatando i tempi di consegna e riducendo di significativamente gli sconti.
L’auto torna ad essere un bene di lusso?
Vi è però una considerazione più profonda e prospettica che può essere già abbozzata. Come noto oggi la lotta alla CO2 è – soprattutto negli intenti – egualmente diffusa. L’Unione Europea, e la sua Commissione in particolare, pare non perdere occasione per essere considerata ancora un passo avanti rispetto al resto del mondo, come dimostra il Regolamento (UE) 2019/631, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri.
Le norme tracciano un percorso chiaro, ma non piano, per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che mira a conseguire l’obiettivo vincolante di riduzione del 40%, rispetto al 1990, in tutti i settori economici entro il 2030, rispettando così l’Accordo di Parigi.
Con questa visione, e lungo dei binari già posati con i regolamenti CE 443/2009 e UE 510/2011, sono stati fissati degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 del 37,5% per le automobili e del 31% per i veicoli commerciali leggeri rispetto ai valori che dovranno essere raggiunti nel 2021, mentre al 1° gennaio 2025 la riduzione tanto per le auto quanto per i furgoni dovrà essere del 15% rispetto al 2021.
Una tendenza da monitorare, anche nel contesto della lotta alla CO2
Nel computo delle emissioni medie di CO2 – convenzionalmente zero per le elettriche, a prescindere dal Paese in cui viene utilizzata la vettura – ci sono dei “supercrediti” e la possibilità di costituire dei raggruppamenti. Ogni nuova autovettura con emissioni specifiche inferiori a 50 grammi CO₂/km otterrà appunto dei “supercrediti”, verrà cioè conteggiata come 2 autovetture nel 2020, 1,67 autovetture nel 2021, 1,33 autovetture nel 2022 e 1 autovettura dal 2023, ultimo anno in cui si applicherà il coefficiente moltiplicativo.
Regole sui cui vige il principio della neutralità tecnologica, ma che nei fatti avvantaggiano oltremodo le auto elettriche, che infatti stanno venendo sempre più offerte dai produttori e avendo anche delle ottime performance sul lato della domanda, in Europa ma anche in Italia.
Una tendenza da monitorare. la crescita della domanda di automobili elettriche, ibride ricaricabili (plug-in) e ibride in generale – nonostante i lauti incentivi, particolare per le elettriche – non ha compensato la flessione di auto a benzina e gasolio, tanto in Europa quanto in Italia (v. Figura 2).
Osserveremo con attenzione il prossimo futuro, difficile però pensare che i mancanti acquisti di questi mesi siano ascrivibili ai fanatici del motore a scoppio, i petrolhead che probabilmente le auto elettriche non le acquisteranno mai.
Antonio Sileo è esperto di mercati energetici, politiche energetiche e ambientali, automotive
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Foto: Roberto Ferrari
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