23 Dicembre 2021

Caro-energia ‘21-‘22: una crisi dagli effetti plastici

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È una crisi energetica “acuta” quella che stiamo vivendo: straordinariamente intensa e perdurante per una varietà di fattori, ma con tensioni inedite sia nel mercato gas che in quello elettrico, vieppiù interconnessi tra loro. Gli effetti che si dispiegano sono “plastici”, di aggiustamento strutturale. Sia sul fronte del binomio produttore-consumatore (a seconda di chi si trova in posizione di sofferenza semi-permanente) che di ristrutturazione del Mercato, in cerca di segnali più coerenti ai fondamentali per produttori e consumatori. È utile assecondare questi cambiamenti plastici per il futuro dell’energia?

Nell’energia ci sono crisi e crisi. Dapprima quelle che definiremmo elastiche, perché ripristinanti in maniera spontanea ovvero a seguito di interventi “spintanei” più o meno intensi della mano pubblica, introdotti solitamente dalle governance nazionali.

Tali crisi sono reversibili in quanto non deformano gli equilibri di mercato produttore-consumatore né i relativi modelli di business e lasciano il giuoco delle parti dispiegarsi con le proprie dinamiche. In queste ultime, sia i produttori che i consumatori, nel loro specifico interesse, non hanno finalità di prevaricazione sulla controparte. Sanno che, diversamente, si potrebbero compromettere tante attività produttive del Paese, sia nell’industria dell’energia che in quella non-energy (che è la più rilevante in termini di PIL in Italia).

Durante una crisi “acuta” si producono effetti plastici di aggiustamento strutturale

Poi vi sono le crisi acute, all’apparenza irreversibili o che faticano a terminare, causate quasi sempre da trigger, anche molteplici e concomitanti, di origine esterna e dalla giurisdizione poco definita perché molto estesa se non addirittura globalizzata. Durante tali crisi il giuoco delle parti viene come bloccato e cominciano a prodursi effetti plastici di aggiustamento strutturale.

Quella di oggi nell’energia in Europa è una di queste crisi, straordinariamente intensa e perdurante per una varietà di fattori, ma con una complessità aggiuntiva: siamo entrati in una crisi di prezzi per così dire combo, cioè con tensioni inedite sia nel mercato gas che in quello elettrico, vieppiù interconnessi tra loro.

Una crisi originata dal gas e lontano dell’Europa

È vero: la crisi odierna è iniziata dalle parti del gas naturale per diverse cause in maggioranza esterne all’Europa, si è estesa al settore elettrico europeo e lì si è amplificata per diverse congiunture alimentandosi con la scarsa produzione da fonti rinnovabili in UE, la corposa messa in manutenzione delle centrali nucleari francesi e l’arrivo delle fredde temperature invernali per tutti gli Stati membri.

Sulla crisi gas si è già scritto molto, anche su queste colonne. Ad esempio, utili spunti sul “che fare?” per difendersi pro-attivamente sono contenuti nel post di Alberto Clò del 16 dicembre. Mi limito qui ad integrare facendo qualche notazione sul lato elettrico del caro-energia.   

Nell’odierna situazione di crisi acuta del kWh elettrico, una delle due parti del binomio produttore-consumatore si trova in posizione di sofferenza semi-permanente (consumatori) mentre l’altra (produttori) – in ragione del proprio portafogli di risorse e contratti – può anche trovarsi in uno stato di profitto (alcuni la chiamano rendita) inatteso della propria attività.

Durante una crisi acuta, una delle due parti del binomio produttore-consumatore si trova in posizione di sofferenza semi-permanente

Ma è facile teorizzare anche la situazione capovolta – non alle viste – eppur egualmente critica quanto al cuneo dei prezzi. In essa i produttori non riuscirebbero a remunerare i propri asset nel mercato né ad intraprendere alcun nuovo investimento, per non parlare dello stop certo alla trasformazione energetica per la decarbonizzazione, mentre i consumatori approfitterebbero di prezzi super-scontati oltre ogni ragionevole aspettativa.

Qualunque sia il verso della crisi acuta, questa produrrebbe cambiamenti plastici destinati a strutturarsi nei modelli di business dei grandi consumatori, negli obiettivi di remunerazione dei produttori e nelle forme del contesto di Mercato (la maiuscola non è un refuso ma mi serve per risolvere un’ambiguità: vd infra).

Per rimanere sulla crisi ’21-22, si comincia a notare che tali cambiamenti, da un lato, sono il segno di un’evoluzione simil-darwiniana dei modelli di business dei grandi consumatori e degli aggregati di consumatori tipo PMI per resistere necessariamente alla crisi e, dall’altro, di una opportuna ristrutturazione del Mercato che dia segnali più coerenti ai fondamentali per produttori e consumatori.

Da “energi-voro” a “energi-gero”

Sul primo effetto plastico, già si vede una mutazione dei grandi consumatori e loro consorzi (qualora se lo possano permettere) da un modello di business classico di “energi-voro” ad uno più flessibile di “energi-gero” (neologismo, brutto de gustibus, per indicare un gestore privato del proprio portafogli energia). Vale a dire: da modelli di business con consumi rigidi di energia – fattore dato di input – legati all’output produttivo a forme più flessibili in cui l’energia diventa anche un parametro con cui ottimizzare l’intera attività economica, soprattutto durante le crisi.

La funzione obiettivo può prevedere non solo la minimizzazione del prezzo dell’energia ma anche i costi connessi alle coperture pluriennali e, addirittura, l’azzeramento dei volumi di consumo con il fermo produzione. Pratica assai controversa quest’ultima alla luce dei nostri paradigmi del fare-industria ed anche paradossale in questo momento di ripresa economica con importanti ordinativi dell’industria manifatturiera anche per l’export.

Fermare la produzione per azzerare temporaneamente la spesa energetica o per rivendere sul Mercato energia le eventuali partite elettriche a termine già contrattualizzate implica comunque scelte difficili dell’imprenditore. Il dilemma è se, quanto e come mettere sotto stress la propria value chain di settore industriale pro-futuro pur di salvaguardare il bilancio economico di oggi sottoposto a caro-energia.

Ci sono già esempi di grandi “energi-geri”, singoli o consorziati, che ottimizzano il proprio bilancio economico nel ruolo combinato di consumatori e trader. Questi potranno evolvere ulteriormente facendo di necessità virtù, essendo i meglio-attrezzati per resistere alle crisi acute. Probabilmente il cambiamento plastico indurrà una loro crescita di numero e di performance.

Un primo esempio di mutazione è già evidente: il profilo d’acquisto di questi aggregati, da annuale com’era consuetudine, diventa pluriennale come (in parte) sarà sempre più necessario, alla ricerca di produttori con portafogli di rinnovabili con cui stabilire PPA.

C’è mercato e Mercato

Venendo alle opportune riforme di Mercato, occorre innanzitutto intendersi. Vi è Mercato e mercato.  Anche dagli atti della Commissione europea (es. Energy System Integration Strategy, 8 luglio 2020), risulta chiaro come alla nozione di mercato elettrico [minuscolo, n.d.a.] il policy-maker europeo sottenda l’insieme dei mercati a pronti, intra-day vari e bilanciamento. Per Mercato, senza pretesa di darne qui una definizione, voglio significare il complesso di tutte le transazioni di ogni ordine e grado che avvengono nelle piattaforme all’ingrosso, nelle contrattazioni di breve e medio-lungo termine (es.PPA), nonché di quelle al dettaglio.

Forti di tale precisazione, si capisce meglio la recente proposta francese (cui ha aderito anche il Governo italiano) per una ristrutturazione del Mercato elettrico nel senso di un collegamento diretto dei segnali di prezzo dei suoi elementi fondamentali al consumatore. Non si tratta quindi di riformare le regole di formazione dei prezzi nel mercato [minuscolo, n.d.a.] a pronti (System Marginal Price o surrogati) come sappiamo valorizzato al costo marginale dei cicli a gas maggiorato delle quote CO2, bensì di parziale stabilizzazione e riduzione dei prezzi finali ai consumatori rispetto ai corsi odierni dello stesso mercato [minuscolo, n.d.a.].

Questo tramite un mix di forniture a lungo termine via PPA con fonti rinnovabili per l’Italia (con nucleare per la Francia) ed uno di corto periodo con acquisti sul mercato a pronti. Si realizza, in tal modo, uno scudo a copertura di prezzi eccessivi per il cliente ma anche una copertura sui ricavi del produttore rinnovabile, fornendo a quest’ultimo uno scudo contro uno scenario di sub-remunerazione dei propri investimenti in rinnovabili. Si veda al proposito il mio articolo su Milano Finanza del 16 dicembre Fonti rinnovabili elettriche: integrarle non omologarle.

È utile assecondare questi cambiamenti plastici per il futuro dell’energia?

D’altro canto, anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, secondo quanto dal medesimo dichiarato in Parlamento e precisato nella Conferenza-stampa di fine anno [22 dicembre, n.d.a.], sembra indicare un via simile di ristrutturazione del Mercato elettrico come necessaria ed opportuna per opporsi e resistere al caro-energia.

Rimane una domanda finale. È utile assecondare questi cambiamenti plastici per il futuro dell’energia? Se uno crede che queste crisi più o meno acute saranno destinate a manifestarsi ripetutamente ad ondate nel futuro della transizione energetica, sì. Diversamente, un altro più risk-taker potrebbe preferire stringere i denti ora, puntando al rientro repentino della crisi e quindi rispondere di no. Qui è meglio lasciare ad ognuno il suo personale giudizio in merito.


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