23 Dicembre 2021

Contro la crisi, il nulla

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+55% negli ultimi otto giorni. La corsa dei prezzi del gas è senza freni. Ripartono in Europa centrali a carbone e ad olio, mentre la crisi si ripercuote sull’intero tessuto industriale europeo e del nostro Paese. Possibile che da Bruxelles non abbiano niente da dire? Possibile che non si riesca ad avviare una trattativa con Putin a prescindere dall’annosa questione del gasdotto Nord Stream 2? Possibile che si continui a guardare il “Fit for 55” come se niente stesse accadendo? Non pensavamo potessero essere accolte le diverse proposte di intervento presentate in questo Blog, ma non immaginavamo nemmeno il nulla cui assistiamo esterrefatti.

La corsa dei prezzi del gas metano non sembra aver limiti. Ieri, 22 dicembre, il prezzo sulla piattaforma nazionale PSV ha registrato un ulteriore strappo del 18,61% portandosi a 61,9 doll/Mil. Btu. Un prezzo superiore a quello di tutte le altre piattaforme negoziali europee, compreso il benchmark olandese TTF, a segnalare maggiori criticità del nostro mercato.

Quando ne scrivemmo il 14 dicembre (Metano: è il momento per Draghi di prendere il toro per le corna) si erano raggiunti i circa 40 dollari.

Un aumento del 55% in appena otto giorni.

La ragione ancora una volta è la riduzione dei flussi di gas dalla Russia con forti riduzioni specie verso la Germania che ha ridotto ulteriormente la liquidità a fronte di una domanda sostenuta.

Si riattivano in Europa centrali a carbone e a olio combustibile

Il boom del gas si è ripercosso immediatamente sui prezzi all’ingrosso dell’elettricità da noi e negli altri paesi europei a livelli molto oltre i 400 euro/MWh con picchi in Francia sino a 2000 euro/MWh per la scadenza febbraio per minori contributi del nucleare (centrali in manutenzione pari al 10% del fabbisogno nazionale).

Quel che l’ha portata a riattivare vecchie centrali ad olio combustibile per produrre elettricità, una dinamica simile a quella avvenuta in altri paesi, tra cui il nostro, col carbone.

Fonte: energylive.cloud

Dall’alimentare alla chimica, la crisi impatta sull’industria italiana

Insomma è in crisi l’intera industria energetica con ripercussioni nell’intero tessuto industriale del nostro Paese.

L’impatto nel nostro Paese diviene sempre più critico per le intere filiere di vendita di elettricità e metano e non meno per le imprese consumatrici. Annunci di cali se non interruzioni delle produzioni si susseguono di giorno in giorno.

Cominciano a scarseggiare prodotti di molte industrie: dall’alimentare alla chimica sino, pur se per diverse ragioni, alla distribuzione carburanti, in presenza di una domanda tornata ai livelli del 2019.

Sorprende l’assoluta inerzia delle autorità europee

Di fronte a questo scenario vieppiù drammatico sorprende l’assoluta inerzia delle autorità europee, per quanto riguarda soprattutto l’aumento e gestione delle scorte di metano e, lo si è detto più volte, i rapporti con la Russia.

Possibile che la Presidente Ursula Von der Leyen non abbia pensato e trovato il tempo di contattare direttamente Mosca perché accresca le sue forniture, anche a prescindere dall’annosa questione del gasdotto Nord Stream 2 che entra nelle specifiche competenze delle autorità di regolazione tedesche?

Ma come può Bruxelles pensare poi che il piano “Fit for 55” possa procedere quando ne deriverebbero ulteriori aumenti dei prezzi energetici? Pensa davvero che le popolazioni li accetterebbero?

Non sta certo ai burocrati europei aver conto delle implicazioni sociali di questo tsunami, ma sicuramente spetta farlo alla politica, che continua invece a tacere come se non stesse accadendo nulla.

C’è chi esulta per l’aumento dei prezzi

Vi è poi chi sostiene con malcelata soddisfazione che l’aumento dei prezzi riduca i consumi e acceleri la transizione ecologica favorendo le rinnovabili, quasi che queste non abbisognino di metano per sopperirne la discontinuità.

A livello nazionale, dal governo al parlamento, non si va oltre il tentativo per tamponare la botta sulle bollette che ci arriverà a Capodanno di raccattare in modo affannoso una qualche risorsa addizionale rispetto a quelle del tutto insufficienti (3,8 miliardi euro) appostate nella Legge di Bilancio.

Nell’illusorio convincimento che la crisi sia congiunturale e che rientri nel giro di pochi mesi. Per il resto nulla di nulla.

La produzione domestica non serve ad calmierare le bollette

Se si esclude la proposta del Ministro Cingolani di aumentare la produzione interna di gas naturale raddoppiandola rispetto agli attuali livelli di 4 miliardi di metri cubi nei prossimi 12-18 mesi (quel che lascia intendere che la crisi durerà a lungo).

Una decisione che può servire ad integrare le scorte, ma non, come sostenuto, per abbassare il costo delle bollette, in quanto esse non sono fissate sui costi ma sui prezzi spot stabiliti sulla nostra piattaforma negoziale PSV.

Avevo suggerito in diversi miei interventi (del 6, del 14 e del 16 dicembre) di modificare pur parzialmente i criteri di fissazione dei prezzi finali, oggi interamente ancorati ai prezzi spot; di intercedere sulle autorità russe e tedesche perché mostrassero un atteggiamento più consapevole e positivo sulla crisi.

Non pensavo potessero essere accolti, ma non immaginavo nemmeno il nulla cui assistiamo esterrefatti.    


Alberto Clô è direttore del trimestrale ENERGIA e del blog RivistaEnergia.it


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