13 Dicembre 2021

La grande scommessa dell’idrogeno

LinkedInTwitterFacebookEmailPrint

Le premesse su cui si fonda la strategia europea sull’idrogeno sono condivisibili, ma il percorso indicato va attentamente valutato in quanto contiene ipotesi e obiettivi ottimistici – e in qualche caso irrealistici – dovuti alla scelta di riferirsi a dati e previsioni sistematicamente a favore dell’idrogeno. L’associazione ‘idrogeno=zero emissioni’ è del tutto fuorviante, mentre puntare unicamente sull’idrogeno prodotto da FER tramite elettrolisi può essere controproducente. Su ENERGIA 4.21 Luigi De Paoli torna a parlare di idrogeno con un lungo studio che propone un approccio più neutrale rispetto alle tecnologie per la decarbonizzazione.

L’interesse per l’idrogeno non è un fenomeno recente, anzi quella che viviamo è a tutti gli effetti la quarta ‘ondata di entusiasmo’ verso un vettore energetico dalle altissime duttilità e potenzialità. C’è una differenza però rispetto al passato: all’idrogeno oggi viene assegnato un ruolo cruciale per la transizione energetica.

Viene infatti indicato “come strumento indispensabile per combattere i cambiamenti climatici abbattendo le emissioni di CO2 nei settori dove l’uso diretto o indiretto (tramite l’elettricità) delle FER è impossibile o troppo costoso”.

Dopo aver analizzato su ENERGIA 3.21 tutte le ‘ondate di entusiasmo’ per l’idrogeno, Luigi De Paoli (Università Bocconi) torna sul tema con un lungo studio pubblicato su ENERGIA 4.21, questa volta concentrando l’indagine sulla Strategia di sviluppo dell’idrogeno 2020-2050 della Commissione europea (par. 1).

Le politiche climatiche sono molto più risolute oggi che in passato, anche la spinta verso l’uso dell’idrogeno è più credibile

La strategia della Commissione fa perno sull’associazione ‘idrogeno=zero emissioni’. In realtà, il nesso tra l’ampia diffusione dell’idrogeno e la riduzione delle emissioni di CO2 non può darsi per scontato. Anzi, può rivelarsi del tutto infondato.

È vero, “tutte le strade per ridurre le emissioni devono essere seguite (e) non esiste oggi la ragionevole certezza di poter arrivare alla neutralità carbonica senza l’impiego dell’idrogeno”. La premessa della strategia europea appare dunque condivisibile (par. 2) dal punto di vista del perseguimento dell’obiettivo della lotta ai cambiamenti climatici.

“Tuttavia, la Commissione si spinge più in là facendo ipotesi e definendo obiettivi quantitativi, tempi e soluzioni che invece vanno attentamente valutati”.

Un percorso difficilmente percorribile al di fuori di un regime di pianificazione centralizzata

Passo dopo passo, lo studio di De Paoli esamina il percorso indicato dalla Commissione per la penetrazione dell’idrogeno, accompagnando alle critiche metodologiche quelle relative alla scelta dei dati a supporto di tappe e obiettivi europei.

Tra le critiche metodologiche (par. 3), quella più dura viene rivolta alla preferenza della Commissione per l’idrogeno verde.

“La strategia europea auspica un rapido sviluppo della produzione di idrogeno puntando essenzialmente su quello verde, come risulta anche dagli investimenti cumulati previsti al 2050: tra 180 e 470 miliardi di euro per l’idrogeno rinnovabile e tra 3 e 18 mld. euro per l’idrogeno a bassa emissione di carbonio fossil-based”.

La preferenza per l’idrogeno verde sembra motivata più da questioni industriali che ambientali

Puntare esclusivamente sullo sviluppo dell’drogeno verde comporta almeno tre rischi:
(i) che le emissioni aumentino invece che diminuire per un periodo non breve (par. 3.1);
(ii) che la scelta tecnologica privilegiata sia inappropriata (par. 3.2);
(iii) che l’obiettivo perseguito trascuri la sostenibilità a livello generale (par. 3.3).

Per l’autore, “alle condizioni attuali e del futuro prevedibile si deve ritenere che solo una forte incentivazione pubblica potrebbe rendere conveniente l’elettrolisi da impianti FER dedicati, sottraendo però elettricità rinnovabile per altri usi. Ma tale politica sarebbe giustificata se l’obiettivo fosse la riduzione delle emissioni di CO2? Ne dubitiamo”.

“Fino a quando quasi (9) tutta l’elettricità non sarà prodotta con fonti low-carbon, distogliere parte dell’elettricità rinnovabile per produrre idrogeno vuol dire che quasi tutta quella elettricità dovrà essere prodotta da combustibili fossili senza garanzia di ridurre le emissioni”.

Solo una piccola parte dell’idrogeno potrebbe essere ottenuta a emissioni zero

Tra le critiche ad alcuni dati e implicazioni quantitative del percorso indicato (par. 4), vengono approfonditi aspetti tecnici, economici e gli impatti sul territorio, con diversi esercizi ed esempi.

Partendo dai dati, la letteratura più recente mostra come i valori su cui si basano le stime della Commissione siano incongruenti (4.1. Ottimismo degli obiettivi e incongruenza tra dati).

L’analisi parte dal più grande impianto esistente in UE, il progetto Refhyne realizzato da Shell per alimentare la raffineria di Wesseling, in Germania. Passa quindi al vaglio l’obiettivo europeo al 2030 di 40GW di elettrolizzatori per la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno. Il terzo check riguarda la stima della capacità rinnovabile per alimentare gli elettrolizzatori.

La competitività dell’idrogeno nel 2030 è un’ipotesi che difficilmente si realizzerà

Passando alla valutazione economica, ci sono almeno due interrogativi cui l’articolo fornisce una risposta (4.2. Scarsa considerazione per l’efficienza: i costi della soluzione proposta): l’idrogeno verde potrebbe diventare competitivo con altre fonti negli usi finali? È la soluzione meno costosa per ottenere idrogeno senza o con basse emissioni?

Non manca infine una riflessione sull’impatto territoriale dell’ambiziosa strategia europea, stimando che per realizzarla “ci vorrebbero 50.000 parchi solari da 40 MW e 5.000 parchi eolici da 200 MW che potrebbero occupare fino a 100.000 chilometri, pari a circa il 2,5% della superficie totale dell’UE-27” (4.3. Le implicazioni quantitative: impianti necessari, spazi e accettabilità sociale).

La Commissione ha scelto di puntare tutto sull’idrogeno verde, mentre esistono molte altre soluzioni da esplorare. “In particolare, la produzione di idrogeno da metano con cattura, sequestro ed eventuale utilizzo della CO2 potrebbe consentire una reale riduzione delle emissioni senza distrarre l’impiego di elettricità da FER dal suo uso privilegiato di sostituzione dei combustibili fossili”.

Distogliere la generazione FER dal mercato elettrico per produrre idrogeno fa quasi sempre aumentare le emissioni invece che ridurle

Le conclusioni contengono un avvertimento (par. 5): “(…) se la visione che l’idrogeno dovrà contribuire a ridurre le emissioni di CO2 appare condivisibile e quindi è auspicabile un forte impegno per renderla possibile, la strategia europea che privilegia un suo rapido e diffuso sviluppo basato sull’impiego (teorico) delle FER appare poco credibile e rischiosa da un punto di vista ambientale ed economico”.

Invece, “affrontare e risolvere i problemi connessi alla CCS non servirebbe solo per l’idrogeno, ma anche per abbattere le emissioni dei grandi impianti termoelettrici e industriali. Dedicare più risorse a questa tecnologia presenterebbe dunque potenziali benefici che vanno oltre alla mera produzione di idrogeno low-carbon”.


Il post presenta l’articolo di Luigi De Paoli La strategia europea dell’idrogeno: un’analisi critica (pp. 24-37) pubblicato su ENERGIA 4.21


Luigi De Paoli, Università Bocconi


Acquista il numero

Foto: Pixabay

0 Commenti

Nessun commento presente.


Login